Qualche tempo fa lessi l’opinione di un editore che sosteneva che i veri competitor dei libri non fossero gli e-book ma i videogiochi, per la loro capacità interattiva di farci vivere più vite come la buona letteratura.
Io sono d’accordo con questa opinione, e lo dico da libraio che, per decifrare i gusti degli adolescenti, si informa sempre sulle scelte videoludiche dei suddetti.
La mia esperienza di videogiocatore dura da oltre 30 anni, spesi con Commodore 64, Amiga 500, PC, Mac, e varie generazioni di Playstation e Gameboy, spaziando da genere a genere, senza mai perdere la preferenza per il mio amore più grande, quello verso i giochi di ruolo.
Personalmente riesco a giocare ormai solo a tarda sera, soprattutto per tenere lontano il mio bambino da certi effetti visivi iperrealistici che potrebbero turbarlo.
Ed avendo poco tempo a mia disposizione, quando investo in un videogioco voglio essere sicuro che sia all’altezza delle mie aspettative, dando priorità assoluta alla qualità della storia. Nei giochi di oggi infatti, l’aspetto narrativo è quello che secondo me tende a fare davvero la differenza.
Se infatti per le potenzialità delle macchine a nostra disposizione, grafica, sonoro e giocabilità devono essere dati per scontati, l’aspetto narrativo prescinde invece da tutto questo, e finisce per diventare fondamentale, soprattutto quando si ha a che fare con storie che si svolgono in un arco di gioco di oltre sessanta ore.
Un’avventura banale o con brutti dialoghi, per quanto possa essere divertente da giocare, sarà sempre penalizzante dal punto di vista dell’esperienza e, per quelle che sono le scelte di successo tra i titoli degli ultimi anni, sembra che le case produttrici si stiano rendendo conto dell’esigenza di spendere meglio le risorse a loro disposizione per migliorare questo aspetto, soprattutto verso chi cerca una forma di evasione matura in quell’oretta spesa a massacrare orchi, alieni o fantasmi.
Ci sono storie che si formano in funzione delle scelte del giocatore, altre che si scoprono durante il gioco, altre ancora che rimangono sullo sfondo, e assumono il ruolo di canovaccio sul quale appuntare i propri pensieri. Ma rimangono comunque storie, fruibili in prima persona anche attraverso una forma di lettura tecnicamente diversa da quella di un romanzo, ma comunque a metà tra il narrativo e il cinematografico. In alcuni casi una vera e propria forma di iperletteratura.
Oggi chi cerca archi narrativi complessi o coinvolgenti può inoltrarsi nei cupi meandri della saga di Dark Souls, nella quale la storia è quasi un mistero da decifrare e orientare con scelte più o meno consapevoli, ma in cui è possibile respirare la stessa atmosfera soffocante delle miniere di Moria.
Ci sono poi l’epopea di Dragon Age, nella quale si determinano le sorti politiche di un regno attraverso opzioni che contemplano anche la sfera sessuale, il revival da dopobomba che si può vivere nei radioattivi confini di Fallout, il magnifico Oblivion, già più vecchiotto ma sempre meraviglioso, soprattutto per la straordinaria qualità della vicenda narrata, inferiore per tecnica al suo seguito Skyrim, di certo più bello da vedere e giocare ma che aveva nella pochezza della vicenda principale un imperdonabile punto di debolezza.
E per concludere il bellissimo The Witcher, di cui ho provato solo il terzo episodio ma che, pur non essendo strabiliante per giocabilità, ha saputo catturarmi come non succedeva da moltissimo tempo proprio per lo straordinario impatto narrativo. Nel gioco, la vicenda segue i passi di Geralt di Rivia, un witcher o strigo, cioè un cacciatore di mostri, temuto dalle persone comuni e addentro ai misteri del bene e del male. Un personaggio accattivante e originale, dai sentimenti incerti, pronto a curare i propri interessi come un professionista, ma non privo di umanità e senso dell’onore. Questo personaggio dai capelli bianchi, affascinante seduttore sterile e pieno di cicatrici, vive avventure non dissimili dai protagonisti dei giochi citati, ma ha dalla sua un mondo nato sulla carta, sviscerato dal polacco Andrzej Sapkowski in una lunga serie di romanzi da cui è stato possibile attingere a piene mani per la realizzazione di un mondo di qualità superiore, reso indimenticabile dalla qualità dei dialoghi.
Che sia questo il passaggio definitivo verso un rapporto più intrinseco tra letteratura e videogiochi? Siamo pronti a vivere l’eXistenZ di Cronenberg? Non ci resta che aspettare, senza smettere di essere esigenti.
Buone vacanze!