Politica

Roma, Regione e Giunta facciano qualcosa per l’ex manicomio S. Maria della Pietà

Nicola Zingaretti ha fama di piddino atipico e di possibile risorsa politica una volta che il processo di bollitura di Renzi avrà termine, mentre già si diffondono per l’aere i miasmi pestilenziali dovuti all’evidente stato di putrefazione del presente governo e connesso asfittico quadro politico. Si dovrebbe quindi auspicare un indirizzo governativo della Regione Lazio attento alle esigenze e ai desideri della cittadinanza. Questo anche per la presenza in giunta, in qualità di vicepresidente, di un leader attento e dotato di una storia autorevole come Massimiliano Smeriglio, da cui ci si attende che possa indirizzare nella direzione giusta la Regione Lazio negli attuali difficili frangenti.

Sarebbe bello crederci. Ma la giunta Zingaretti-Smeriglio deve dimostrare di essere all’altezza della situazione fornendo risposte concrete e adeguate ai cittadini e dimostrando con ciò stesso di sapere battere il fallimentare disegno neocentralista perseguito da Renzi con la sua riforma costituzionale. Un caso istruttivo da questo punto di vista potrebbe essere costituito dalla vicenda dell’ex Santa Maria della Pietà, ex manicomio, un enorme complesso situato sul territorio del Comune di Roma che dovrebbe essere destinato a un uso adeguato dal punto di vista delle esigenze della Capitale e dei suoi abitanti.

Un’identica richiesta va del resto indirizzata anche alla neosindaca 5 stelle Virginia Raggi, votando la quale i cittadini romani hanno auspicato l’apertura finalmente di una nuova fase politica ispirata alla trasparenza più totale e alla partecipazione popolare e democratica dal basso. Discorso questo quanto mai opportuno e rilevante a proposito del Santa Maria della Pietà. E’ infatti da tempo (oltre dieci anni) attiva al riguardo un’associazione, ex lavanderia, la quale, ispirandosi all’intento di garantire a ogni costo un uso pubblico del complesso, ha raccolto oltre 12mila firme di cittadini su di una proposta di legge popolare.

L’associazione si pronuncia “contro la reimmissione (illegale) di pazienti psichiatrici all’interno del S. Maria, per un uso non sanitario del comprensorio, per il reinvestimento delle risorse prodotte dall’uso dei padiglioni nei progetti integrati della salute mentale, contro i progetti invasivi, in generale contro qualsiasi operazione non preveda una discussione trasparente e partecipativa” ed afferma che “il nostro sogno è lo stesso di Franco Basaglia: il luogo che ha rappresentato la chiusura e la negazione della dignità umana può diventare un luogo di socialità, arte e cultura, dove i cittadini possano incontrarsi, riconoscersi, riscoprire il senso della propria comunità“.

In netta contrapposizione a queste lodevoli finalità si poneva un protocollo d’intesa firmato da enti locali, Asl e università che avrebbe invece voluto rendere di nuovo quel luogo un ospedale ma che pare fortunatamente naufragato nel nulla. Dati i tempi che corrono non si possono escludere manovre speculative private. Tanto più che l’Associazione, che vanta 1.200 iscritti, dichiara di aver già in passato evitato “colate di cemento” che minacciavano l’area verde in una città come Roma che ne è notoriamente poco dotata.

Non lascia ben sperare l’inspiegabile ritardo nei lavori di approntamento di una serie di strutture di ospitalità per turisti e pellegrini (ostelli) che pure secondo Zingaretti avrebbero dovuto essere pronte da tempo. Altro inspiegabile ritardo riguarda la mancata attuazione dell’art. 1, para. 5, della legge regionale 14/2008 dato che, secondo l’associazione, la Regione Lazio avrebbe trasferito nel proprio patrimonio solo 12 padiglioni su 49, lasciando gli altri a disposizione della Asl.

Occorre quindi che Zingaretti e Smeriglio rispondano al più presto, su questi interrogativi specifici e più in generale sulla destinazione da dare all’importante complesso. Voce in capitolo sembra spettare, come accennato, anche alla sindaca Raggi, dato che fra l’altro il piano regolatore generale del comune di Roma prevede nel Municipio XIV la presenza di una “centralità urbana, ovvero di un’area destinata a “ospitare funzioni di livello superiore molto qualificate – dagli uffici, all’università, al verde alle attrezzature per il tempo libero -, tali da renderli centro vitale dell’attività e dello sviluppo della città metropolitana”.

Siamo insomma di fronte a un’importante occasione, per entrambe le istituzioni, di collaborare assumendo come stella polare gli interessi e la volontà della cittadinanza, che vanno sicuramente tutelati e soddisfatti di fronte a pretese di organismi settoriali, per quanto importanti. Tanto più data la dimensione del complesso e il suo valore anche simbolico, dato che si è trattato per troppo tempo del più grande manicomio d’Europa.