Provaci ancora, Goffredo. Forse la legislatura numero 17, proprio nell’anno delle Olimpiadi, ad onta di cabale e superstizioni, potrebbe essere quella buona, dopo i molti tentativi andati a vuoto, per vedere finalmente in Costituzione, accanto al Tricolore, “Fratelli d’Italia” (che in realtà si chiama il “Canto degli Italiani”) come inno nazionale. Un’attesa lunga 70 anni per la composizione del giovane eroe risorgimentale Goffredo Mameli, caduto a soli 22 anni sotto i colpi dei soldati francesi al servizio da Pio IX.
E’ il 12 ottobre del 1946 quando il primo governo della Repubblica guidato da Alcide De Gasperi stabilisce che da lì in poi quella che era stata la colonna sonora del Risorgimento avrebbe rappresentato in versi e musica tutta la nazione. Il Canto composto da Mameli verrà intonato per la prima volta come inno nazionale il 4 novembre, per il giuramento di fedeltà delle forze armate alla Repubblica. In calce al verbale di quel Consiglio dei ministri, una nota: “Il governo proporrà uno schema di decreto col quale si stabilisca che provvisoriamente l’inno di Mameli sarà considerato inno nazionale”. Il decreto però, non verrà mai scritto né emanato. I francesi, la “Marsigliese” ce l’hanno in Costituzione dal 1958, noi stiamo ancora aspettando.
Eppure, di tentativi in Parlamento ce ne sono stati, fin dalla quattordicesima legislatura. Il primo, nel 2002, a firma del deputato di Alleanza nazionale Antonino Ghiglia. Ma non se ne fa nulla. Tre anni dopo, in Senato maggioranza e opposizione sono alleati in questa battaglia: le proposte di Forza Italia e Ulivo confluiscono in un testo unificato che ottiene il via libera dalla commissione Affari costituzionali del Senato. Sembra fatta, ma l’Udc volta le spalle a Silvio Berlusconi e la crisi di governo manda tutto a gambe all’aria, compreso il cammino dell’inno di Mameli, a pochi passi dalla meta.
Nella legislatura successiva è un fuoco di fila: ben nove le iniziative di legge per dare all’Italia, ufficialmente, un inno. Partito democratico e Pdl fanno di nuovo fronte comune. Fra le tante proposte, anche quella del Consiglio regionale della Basilicata. Ma, nonostante la mobilitazione, il Canto degli Italiani resta ancora una volta al palo. E arriviamo alla legislatura in corso. Le proposte sono tre: due del Pd ed una di Fratelli d’Italia (chissà che il nome del gruppo parlamentare di Giorgia Meloni non porti bene). Il deputato dem Umberto D’Ottavio, primo firmatario di una delle proposte, ha annunciato a giugno una raccolta di firme per sensibilizzare i colleghi di maggioranza e opposizione a non sprecare l’ennesima occasione. Ma la strada appare in salita. Difficile, infatti, che l’invito riesca a far breccia tra gli esponenti del Carroccio da sempre schierati al fianco del celebre coro del Nabucco di Verdi, quel “Va pensiero” che, in verità non solo per i “padani”, avrebbe le carte in regola per sostituire il Canto degli Italiani.
E pensare che a Giuseppe Mazzini, che pure lo aveva commissionato al giovane Mameli, quell’inno non piaceva: troppo retorico il testo, poco solenne la musica. Invece, il “Canto degli italiani”, scritto nel 1847 e musicato da Michele Novaro nello stesso anno, è divenuto insieme al Tricolore uno dei simboli del Risorgimento prima e dell’Italia unita poi. Eppure, nonostante sia stato un efficacissimo strumento di propaganda degli ideali risorgimentali, le critiche non sono mancate. Anche in tempi recenti. A cominciare dalle accuse di “maschilismo” lanciate dallo storico Antonio Spinosa che in quei versi non trova nessun accenno alle imprese delle eroine risorgimentali come Rosa Donato, Giuseppina Lazzaroni e Teresa Scardi.
Di guai, l’Inno di Mameli ne ha passati anche durante il ventennio fascista: dopo la marcia su Roma, infatti, viene appena tollerato, spodestato da quelli fascisti che confinano in un angolo anche la “Leggenda del Piave” riesumata solo una volta l’anno, il 4 novembre, per ricordare la vittoria sugli austriaci. Solo alla fine della seconda Guerra mondiale il giusto riconoscimento quando, a Londra, Arturo Toscanini dirige l’Inno delle nazioni, composto da Verdi nel 1862. Accanto a “God Save the Queen” ed alla “Marsigliese”, c’è proprio Il “Canto degli Italiani”.
Con la Repubblica Mameli torna alla ribalta. Negli anni Novanta, però, l’Inno è coinvolto suo malgrado in una dura polemica che investe la nazionale di calcio: ai mondiali del 1994 e del 1998, gli azzurri vengono accusati di fare scena muta sulle note dell’inno nazionale. Quattro anni dopo, ai mondiali in Giappone e Corea, i calciatori lo cantano ad una voce sola, dopo le ripetute sollecitazioni del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Due anni prima aveva fatto scalpore la proposta, provocatoria, di Gianni Baget Bozzo di sostituire i versi di Mameli con un inno a Berlusconi. Insomma, il “Canto degli Italiani” ne ha passate davvero tante. Forse è arrivato il momento di riconoscergli il diritto di restare per sempre, nero su bianco, nel posto che gli spetta: nella Costituzione, accanto al Tricolore.
Camera
Inno di Mameli, è “provvisorio” da 70 anni: in 4 legislature 16 proposte a vuoto per ufficializzarlo. Adesso forse ci siamo
Nel 1946, il primo governo repubblicano sceglie come inno nazionale il ‘Canto degli Italiani’, scritto un secolo prima dal giovane eroe risorgimentale Goffredo Mameli. Una scelta non suffragata però da alcun atto con forza di legge e per questo ancora provvisoria. L’eterna battaglia, non ancora vinta, con 'Va pensiero', il coro del Nabucco di Giuseppe Verdi
Provaci ancora, Goffredo. Forse la legislatura numero 17, proprio nell’anno delle Olimpiadi, ad onta di cabale e superstizioni, potrebbe essere quella buona, dopo i molti tentativi andati a vuoto, per vedere finalmente in Costituzione, accanto al Tricolore, “Fratelli d’Italia” (che in realtà si chiama il “Canto degli Italiani”) come inno nazionale. Un’attesa lunga 70 anni per la composizione del giovane eroe risorgimentale Goffredo Mameli, caduto a soli 22 anni sotto i colpi dei soldati francesi al servizio da Pio IX.
E’ il 12 ottobre del 1946 quando il primo governo della Repubblica guidato da Alcide De Gasperi stabilisce che da lì in poi quella che era stata la colonna sonora del Risorgimento avrebbe rappresentato in versi e musica tutta la nazione. Il Canto composto da Mameli verrà intonato per la prima volta come inno nazionale il 4 novembre, per il giuramento di fedeltà delle forze armate alla Repubblica. In calce al verbale di quel Consiglio dei ministri, una nota: “Il governo proporrà uno schema di decreto col quale si stabilisca che provvisoriamente l’inno di Mameli sarà considerato inno nazionale”. Il decreto però, non verrà mai scritto né emanato. I francesi, la “Marsigliese” ce l’hanno in Costituzione dal 1958, noi stiamo ancora aspettando.
Eppure, di tentativi in Parlamento ce ne sono stati, fin dalla quattordicesima legislatura. Il primo, nel 2002, a firma del deputato di Alleanza nazionale Antonino Ghiglia. Ma non se ne fa nulla. Tre anni dopo, in Senato maggioranza e opposizione sono alleati in questa battaglia: le proposte di Forza Italia e Ulivo confluiscono in un testo unificato che ottiene il via libera dalla commissione Affari costituzionali del Senato. Sembra fatta, ma l’Udc volta le spalle a Silvio Berlusconi e la crisi di governo manda tutto a gambe all’aria, compreso il cammino dell’inno di Mameli, a pochi passi dalla meta.
Nella legislatura successiva è un fuoco di fila: ben nove le iniziative di legge per dare all’Italia, ufficialmente, un inno. Partito democratico e Pdl fanno di nuovo fronte comune. Fra le tante proposte, anche quella del Consiglio regionale della Basilicata. Ma, nonostante la mobilitazione, il Canto degli Italiani resta ancora una volta al palo. E arriviamo alla legislatura in corso. Le proposte sono tre: due del Pd ed una di Fratelli d’Italia (chissà che il nome del gruppo parlamentare di Giorgia Meloni non porti bene). Il deputato dem Umberto D’Ottavio, primo firmatario di una delle proposte, ha annunciato a giugno una raccolta di firme per sensibilizzare i colleghi di maggioranza e opposizione a non sprecare l’ennesima occasione. Ma la strada appare in salita. Difficile, infatti, che l’invito riesca a far breccia tra gli esponenti del Carroccio da sempre schierati al fianco del celebre coro del Nabucco di Verdi, quel “Va pensiero” che, in verità non solo per i “padani”, avrebbe le carte in regola per sostituire il Canto degli Italiani.
E pensare che a Giuseppe Mazzini, che pure lo aveva commissionato al giovane Mameli, quell’inno non piaceva: troppo retorico il testo, poco solenne la musica. Invece, il “Canto degli italiani”, scritto nel 1847 e musicato da Michele Novaro nello stesso anno, è divenuto insieme al Tricolore uno dei simboli del Risorgimento prima e dell’Italia unita poi. Eppure, nonostante sia stato un efficacissimo strumento di propaganda degli ideali risorgimentali, le critiche non sono mancate. Anche in tempi recenti. A cominciare dalle accuse di “maschilismo” lanciate dallo storico Antonio Spinosa che in quei versi non trova nessun accenno alle imprese delle eroine risorgimentali come Rosa Donato, Giuseppina Lazzaroni e Teresa Scardi.
Di guai, l’Inno di Mameli ne ha passati anche durante il ventennio fascista: dopo la marcia su Roma, infatti, viene appena tollerato, spodestato da quelli fascisti che confinano in un angolo anche la “Leggenda del Piave” riesumata solo una volta l’anno, il 4 novembre, per ricordare la vittoria sugli austriaci. Solo alla fine della seconda Guerra mondiale il giusto riconoscimento quando, a Londra, Arturo Toscanini dirige l’Inno delle nazioni, composto da Verdi nel 1862. Accanto a “God Save the Queen” ed alla “Marsigliese”, c’è proprio Il “Canto degli Italiani”.
Con la Repubblica Mameli torna alla ribalta. Negli anni Novanta, però, l’Inno è coinvolto suo malgrado in una dura polemica che investe la nazionale di calcio: ai mondiali del 1994 e del 1998, gli azzurri vengono accusati di fare scena muta sulle note dell’inno nazionale. Quattro anni dopo, ai mondiali in Giappone e Corea, i calciatori lo cantano ad una voce sola, dopo le ripetute sollecitazioni del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Due anni prima aveva fatto scalpore la proposta, provocatoria, di Gianni Baget Bozzo di sostituire i versi di Mameli con un inno a Berlusconi. Insomma, il “Canto degli Italiani” ne ha passate davvero tante. Forse è arrivato il momento di riconoscergli il diritto di restare per sempre, nero su bianco, nel posto che gli spetta: nella Costituzione, accanto al Tricolore.
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Ora anche la Germania chiede meno vincoli sui conti: la linea del rigore si sgretola per le armi
Washington, 6 mar. (Adnkronos/Afp) - "Liberate tutti gli ostaggi ora, non più tardi, e restituite immediatamente tutti i cadaveri delle persone che avete assassinato, altrimenti per voi è finita". Lo ha scritto su Truth Social il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo aver incontrato gli ostaggi liberati. "Questo è per voi l'ultimo avvertimento! Per la leadership, ora è il momento di lasciare Gaza, finché ne avete ancora la possibilità", ha aggiunto.
Trump ha affermato che "invierà a Israele tutto ciò di cui ha bisogno per portare a termine il lavoro", mentre la sua amministrazione accelera l'investimento di miliardi di dollari in armi. E rivolgendosi "alla gente di Gaza - ha detto - vi aspetta un futuro meraviglioso, ma non se tenete degli ostaggi. Se lo fate, siete morti!".
Napoli , 6 mar. - (Adnkronos) - Maxi blitz antidroga a Napoli. Dalle prime luci dell’alba, i carabinieri del Gruppo di Torre Annunziata stanno eseguendo una misura cautelare emessa dal Tribunale oplontino a carico di decine di persone. Oltre 200 i militari impiegati nell’area vesuviana, in quella stabiese e nel salernitano. Tra gli episodi ripresi dalle telecamere, anche una donna che spaccia droga con un bambino in braccio.
Kiev, 6 mar. (Adnkronos/Afp) - Un attacco missilistico russo contro un hotel a Kryvyi Rig, città natale del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha causato la morte di tre persone e il ferimento di altre 31, di cui circa la metà versa in gravi condizioni. Lo ha reso noto Sergiy Lysak, governatore della regione di Dnipropetrovsk.
Oltre all'hotel, sono stati danneggiati anche 14 palazzi residenziali, un ufficio postale, circa due decine di auto, un istituto culturale e 12 negozi, hanno affermato le autorità.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - L’estensione giornaliera del ghiaccio marino globale, che combina le estensioni del ghiaccio marino in entrambe le regioni polari, ha raggiunto un nuovo minimo storico all’inizio di febbraio ed è rimasta al di sotto del precedente record di febbraio 2023 per il resto del mese. E' quanto rileva il servizio Copernicus Climate Change (C3S), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea con i finanziamenti dell’Ue, nel bollettino climatico mensile. La maggior parte dei risultati riportati si basano sul set di dati di rianalisi Era5, utilizzando miliardi di misurazioni provenienti da satelliti, navi, aerei e stazioni meteorologiche in tutto il mondo.
Nel dettaglio, il ghiaccio marino artico ha raggiunto la sua estensione mensile più bassa per il mese di febbraio, pari all’8% sotto la media: questo segna il terzo mese consecutivo in cui l’estensione del ghiaccio marino stabilisce un record per il mese corrispondente. È importante notare - sottolinea C3S - che il nuovo record registrato nell’Artico a febbraio non è un minimo storico: il ghiaccio marino artico si sta attualmente avvicinando alla sua estensione massima annuale, che in genere si verifica a marzo.
Il ghiaccio marino antartico ha raggiunto la quarta estensione mensile più bassa nel mese di febbraio, il 26% sotto la media. L’estensione giornaliera del ghiaccio marino potrebbe aver raggiunto il suo minimo annuale verso la fine del mese. Se confermato, sarebbe il secondo minimo più basso registrato dal satellite. Questa conferma sarà possibile solo all’inizio di marzo.
Febbraio 2025 è stato il terzo febbraio più caldo a livello globale, rileva inoltre il servizio Copernicus Climate Change (C3S), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea con i finanziamenti dell’Ue, nel bollettino climatico mensile. La maggior parte dei risultati riportati si basano sul set di dati di rianalisi Era5, utilizzando miliardi di misurazioni provenienti da satelliti, navi, aerei e stazioni meteorologiche in tutto il mondo.
Nel dettaglio, febbraio 2025 ha registrato una temperatura media di 13,36°C, 0,63°C al di sopra della media di febbraio 1991-2020, e solo di poco più alta, 0,03°C, rispetto al quarto febbraio più caldo del 2020. Il mese scorso è stato, poi, di 1,59°C al di sopra della media stimata del periodo 1850-1900, utilizzata per definire il livello preindustriale, posizionandosi come il 19esimo mese, degli ultimi 20, in cui la temperatura media globale ha superato di 1,5°C il livello preindustriale.
(Adnkronos) - Le violenze e le discriminazioni violano la dignità personale, creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo e generano malessere nelle persone che le subiscono. “In questi casi, la prima cosa da fare è segnalare e denunciare alla Consigliera di Parità per ricevere supporto e assistenza. È fondamentale non rimanere in silenzio. Ogni voce conta e può portare ad un cambiamento - sottolinea Antonella Pappadà, consigliera di Parità effettiva della Provincia di Lecce - . Questo incontro offre un’occasione per riflettere e ricordare a noi stesse quanto sia importante valorizzare il nostro talento e le nostre competenze e imparare a non farci sopraffare sia nelle relazioni personali sia nei luoghi di lavoro. La figura istituzionale della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce è preposta a contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere e non solo, a dare sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori che ne siano stati vittime sul luogo di lavoro, supportandoli gratuitamente in via stragiudiziale e giudiziale”.
“La violenza contro le donne e i femminicidi rappresentano ferite profonde nella nostra società, ma oggi dobbiamo esprimere la nostra determinazione nel combattere questi problemi - aggiunge Donatella Bertolone, vicepresidente Vicario Gruppo Donne Imprenditrici Fipe/Confcommercio - È incoraggiante vedere sempre più donne unirsi per reclamare il diritto alla sicurezza e al rispetto. Le donne non sono solo vittime, ma anche attrici fondamentali nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Campagne come #SicurezzaVera ci mostrano che possiamo fare la differenza, sensibilizzando e coinvolgendo la società su questi temi cruciali. È essenziale lavorare insieme per sfatare l’idea che i luoghi di intrattenimento siano associati alla violenza. Dobbiamo trasformare questi spazi in ambienti sicuri e accoglienti, dove ogni persona, in particolare le donne, possa sentirsi protetta e rispettata”.
I dati raccolti dal Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce parlano chiaro: nel 2024 hanno chiesto aiuto 174 donne. La fascia d’età più colpita è quella tra i 30 e i 39 anni (32%), seguita da quella tra i 40 e i 49 anni (23%). La violenza non ha un unico volto: il 44% ha subito violenza fisica, il 45% psicologica, mentre il 2% ha denunciato violenze sessuali e il 4% atti di stalking. Colpisce il fatto che, nonostante il dolore e la sofferenza, solo il 34% delle donne abbia trovato la forza di sporgere denuncia. Il restante 66% ha scelto di non farlo, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
"Uscire da una relazione maltrattante non è mai semplice per una donna, soprattutto quando l’uomo che esercita violenza è il compagno, il marito o il padre dei suoi figli, dichiara Maria Luisa Toto - Presidente Associazione Donne Insieme che gestisce il Centro Antiviolenza Renata Fonte. Ogni donna ha i suoi tempi, perché la paura, la vergogna e il senso di colpa possono trasformarsi in una prigione invisibile, fatta di solitudine e isolamento. Questi numeri ci dicono che la violenza di genere è una piaga radicata nella nostra società. Non è solo un fenomeno privato, ma una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Per questo è essenziale che le donne non si sentano sole. Devono sapere che c’è una rete di supporto pronta ad aiutarle".
Una rete di supporto alimentata anche da momenti di spettacolo che portano in scena – come nel caso di “Eva non è ancora nata” di e con Salvatore Cosentino, magistrato e autore teatrale - la realtà delle donne che vengono analizzate sotto l’aspetto umano, per una riflessione profonda sul loro ruolo nella società di oggi. A ricordare le vittime di femminicidio e di violenza di genere, da venerdì 7 marzo ci sarà a Lecce anche una nuova panchina rossa, installata a Palazzo dei Celestini su iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Provincia. Una mobilitazione importante quella della città che ha coinvolto anche la U.S. Lecce, che ha voluto essere presente all’evento di Codere inviando un videomessaggio di Federico Baschirotto. Il capitano dei giallorossi salentini ha ribadito l’importanza del contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne e della promozione della cultura del rispetto e della consapevolezza: temi anche della campagna “Un Rosso alla Violenza” della Lega Serie A che servono a tenere sempre alta l’attenzione.
“Quando 'Innamòrati di Te' ha mosso i suoi primi passi non mi aspettavo che sarebbe diventato un laboratorio così importante, un momento di confronto trasversale e costruttivo. In dieci anni abbiamo attraversato l’Italia più volte e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone fantastiche che si impegnano per il bene comune, in particolare quello delle donne. Confesso di essere davvero emozionata nel vedere anche Lecce tra le Città delle Donne e ringrazio Adriana Poli Bortone per aver immediatamente colto lo spunto che, in qualità di Ambassador de Gli Stati Generali delle Donne, ho offerto - commenta Imma Romano Direttrice Relazioni Istituzionali di Codere Italia - . Anche questa volta siamo riuscite a trattare il tema della violenza di genere con chi questo tema lo conosce e lo combatte quotidianamente, provando a dare informazioni ed indicazioni molto concrete sugli strumenti esistenti e sulle opportunità che il mondo istituzionale e quello del terziario sociale mettono a disposizione. L’impegno di Codere resta un impegno concreto sia in termini di divulgazione che di supporto. Con gioia sosteniamo l’Associazione Donne Insieme che opera proprio su questo territorio”. Dopo Lecce, il progetto itinerante 'Innamòrati di Te' farà tappa il 24 giugno a Rivoli, alle porte di Torino, per un altro appuntamento gratuito e aperto al pubblico.
(Adnkronos) - Le violenze e le discriminazioni violano la dignità personale, creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo e generano malessere nelle persone che le subiscono. “In questi casi, la prima cosa da fare è segnalare e denunciare alla Consigliera di Parità per ricevere supporto e assistenza. È fondamentale non rimanere in silenzio. Ogni voce conta e può portare ad un cambiamento - sottolinea Antonella Pappadà, consigliera di Parità effettiva della Provincia di Lecce - . Questo incontro offre un’occasione per riflettere e ricordare a noi stesse quanto sia importante valorizzare il nostro talento e le nostre competenze e imparare a non farci sopraffare sia nelle relazioni personali sia nei luoghi di lavoro. La figura istituzionale della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce è preposta a contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere e non solo, a dare sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori che ne siano stati vittime sul luogo di lavoro, supportandoli gratuitamente in via stragiudiziale e giudiziale”.
“La violenza contro le donne e i femminicidi rappresentano ferite profonde nella nostra società, ma oggi dobbiamo esprimere la nostra determinazione nel combattere questi problemi - aggiunge Donatella Bertolone, vicepresidente Vicario Gruppo Donne Imprenditrici Fipe/Confcommercio - È incoraggiante vedere sempre più donne unirsi per reclamare il diritto alla sicurezza e al rispetto. Le donne non sono solo vittime, ma anche attrici fondamentali nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Campagne come #SicurezzaVera ci mostrano che possiamo fare la differenza, sensibilizzando e coinvolgendo la società su questi temi cruciali. È essenziale lavorare insieme per sfatare l’idea che i luoghi di intrattenimento siano associati alla violenza. Dobbiamo trasformare questi spazi in ambienti sicuri e accoglienti, dove ogni persona, in particolare le donne, possa sentirsi protetta e rispettata”.
I dati raccolti dal Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce parlano chiaro: nel 2024 hanno chiesto aiuto 174 donne. La fascia d’età più colpita è quella tra i 30 e i 39 anni (32%), seguita da quella tra i 40 e i 49 anni (23%). La violenza non ha un unico volto: il 44% ha subito violenza fisica, il 45% psicologica, mentre il 2% ha denunciato violenze sessuali e il 4% atti di stalking. Colpisce il fatto che, nonostante il dolore e la sofferenza, solo il 34% delle donne abbia trovato la forza di sporgere denuncia. Il restante 66% ha scelto di non farlo, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
"Uscire da una relazione maltrattante non è mai semplice per una donna, soprattutto quando l’uomo che esercita violenza è il compagno, il marito o il padre dei suoi figli, dichiara Maria Luisa Toto - Presidente Associazione Donne Insieme che gestisce il Centro Antiviolenza Renata Fonte. Ogni donna ha i suoi tempi, perché la paura, la vergogna e il senso di colpa possono trasformarsi in una prigione invisibile, fatta di solitudine e isolamento. Questi numeri ci dicono che la violenza di genere è una piaga radicata nella nostra società. Non è solo un fenomeno privato, ma una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Per questo è essenziale che le donne non si sentano sole. Devono sapere che c’è una rete di supporto pronta ad aiutarle".
Una rete di supporto alimentata anche da momenti di spettacolo che portano in scena – come nel caso di “Eva non è ancora nata” di e con Salvatore Cosentino, magistrato e autore teatrale - la realtà delle donne che vengono analizzate sotto l’aspetto umano, per una riflessione profonda sul loro ruolo nella società di oggi. A ricordare le vittime di femminicidio e di violenza di genere, da venerdì 7 marzo ci sarà a Lecce anche una nuova panchina rossa, installata a Palazzo dei Celestini su iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Provincia. Una mobilitazione importante quella della città che ha coinvolto anche la U.S. Lecce, che ha voluto essere presente all’evento di Codere inviando un videomessaggio di Federico Baschirotto. Il capitano dei giallorossi salentini ha ribadito l’importanza del contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne e della promozione della cultura del rispetto e della consapevolezza: temi anche della campagna “Un Rosso alla Violenza” della Lega Serie A che servono a tenere sempre alta l’attenzione.
“Quando 'Innamòrati di Te' ha mosso i suoi primi passi non mi aspettavo che sarebbe diventato un laboratorio così importante, un momento di confronto trasversale e costruttivo. In dieci anni abbiamo attraversato l’Italia più volte e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone fantastiche che si impegnano per il bene comune, in particolare quello delle donne. Confesso di essere davvero emozionata nel vedere anche Lecce tra le Città delle Donne e ringrazio Adriana Poli Bortone per aver immediatamente colto lo spunto che, in qualità di Ambassador de Gli Stati Generali delle Donne, ho offerto - commenta Imma Romano Direttrice Relazioni Istituzionali di Codere Italia - . Anche questa volta siamo riuscite a trattare il tema della violenza di genere con chi questo tema lo conosce e lo combatte quotidianamente, provando a dare informazioni ed indicazioni molto concrete sugli strumenti esistenti e sulle opportunità che il mondo istituzionale e quello del terziario sociale mettono a disposizione. L’impegno di Codere resta un impegno concreto sia in termini di divulgazione che di supporto. Con gioia sosteniamo l’Associazione Donne Insieme che opera proprio su questo territorio”. Dopo Lecce, il progetto itinerante 'Innamòrati di Te' farà tappa il 24 giugno a Rivoli, alle porte di Torino, per un altro appuntamento gratuito e aperto al pubblico.
(Adnkronos) - Il Comune di Milano, alla luce delle indagini che recentemente hanno riguardato l’urbanistica, ricorda di aver già messo in atto diverse misure. Ad esempio con apposita delibera di Giunta, datata febbraio 2024, lo Sportello unico per l'edilizia (Sue) si è adeguato alle interpretazioni del gip in tema di pianificazione attuativa e ristrutturazione edilizia e lo scorso settembre è stato modificato il regolamento della Commissione per il paesaggio, "rafforzando ulteriormente il principio di trasparenza che lo guida e prevedendo che almeno 8 componenti su 15, compreso il presidente, per l’intera durata dell’incarico non svolgano attività di libera professione nel territorio comunale".
Lo scorso novembre sono state introdotte regole "molto restrittive" sui contatti tra funzionari dello Sportello unico per l'edilizia e gli utenti privati. E' invece datato primo marzo 2025 l’avvicendamento di alcuni dirigenti, mentre nel maggio 2023 il Consiglio comunale ha approvato la delibera di Giunta relativa all’aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e a novembre 2024 sono stati aggiornati anche i criteri di monetizzazione dello standard.