Docente alla Cattolica di Milano ha cercato di abbattere i muri tra Stato e comunità musulmane. Ma la situazione è immutata: “Sono centri culturali, associativi, onlus, ong che chiedono al primo commercialista il modo più veloce per legalizzarsi e creare un centro. Mentre si regolarizzano, facciamo finta di non avere moschee in Italia. Per non aver ricevuto degli attentati"
Moschee di fatto. Anche se lo Stato, da par suo, continua a ignorarle. Sono 1.300 circa i luoghi di culto in Italia, per la stragrande maggioranza irregolari. Per forza, visto che le moschee non vengono autorizzate. Sono 30 anni che l’islamista Paolo Branca, docente all’Università Cattolica di Milano, cerca di abbattere questi muri tra Stato e comunità musulmane. Ma la situazione è immutata: “Sono centri culturali, associativi, onlus, ong che chiedono al primo commercialista il modo più veloce per legalizzarsi e creare un centro. Mentre si regolarizzano, facciamo finta di non avere moschee in Italia, di essere duri e puri. Ma ignorarle temo che sia la scelta peggiore, che porti a non gestire mai l’argomento”.
Nemmeno il Viminale è chiaro sui numero delle moschee. L’unica ad averne pienamente titolo è quella di Roma. Perché da allora non si è fatto niente?
La Grande Moschea di Roma è l’unica ad essere gestita da un ente morale. Per la sua realizzazione c’è stata la regia di Andreotti. Ma non mancano i problemi: i soldi con cui è stata costruita sono sauditi, mentre la dirigenza è marocchina. È una moschea di rappresentanza, una moschea politica, la moschea del dialogo interreligioso. Ma di certo è lontana dalla realtà degli altri centri di preghiera.
Oltre ai fondi del Qatar, Arabia Saudita e Turchia sono altri contribuenti dei centri islamici in Italia. Del Qatar qualche stima sul finanziamento diretto all’Italia esiste, per Turchia e Arabia Saudita?
Non so se esistono dei dati. Ho una gran paura che ci stiamo trastullando per il non aver ricevuto degli attentati – e probabilmente non ne riceveremo visto che siamo siamo una passerella facile da attraversare per raggiungere posti più interessanti. Non avere una politica e una posizione adeguata sulla materia non credo sia la scelta giusta. Per venire alla questione dei Paesi, se per il Qatar possono esistere donazioni anche di privati che intendono lasciare eredità per finanziare l’Islam nel mondo, in Turchia questo non accade. Temo che il Paese non sia in uno dei momenti di massima trasparenza possibile, un questo momento… A parte i Gulenisti, che non sono interessati alle moschee ma ad altre strutture come le scuole, ci sono organizzazioni come Milli Gorus che si occupano di questo ed è facile che abbiano fondi direttamente dal Ministero per gli affari religiosi. Se non altro per un motivo nazionalistico, per avere anche moschee turche in Europa e non solo arabe.
È corretto dire che il Qatar è il Paese più attivo su questo fronte, in Italia?
Sta investendo molto a Milano, in Sicilia, e un po’ dappertutto in Europa.
Quale Islam sostiene?
La visione dell’Islam di questi Paesi è molto puritana e tradizionalista. Non è l’Islam che si integra più facilmente in altre culture. L’aspetto più preoccupante è che il Paese non rispetta i diritti umani di tanti musulmani che ci abitano. È un Paese coinvolto sul piano finanziario in tutti i conflitti dell’area e con l’Europa ha questo perverso conflitto di interessi per cui noi vendiamo loro le armi, poi ci compriamo petrolio e chiudiamo gli occhi sul tipo di Islam che favorisce.
Quali sono le preoccupazioni legate ad una struttura come Qatar Charity?
Il Paese è il primo finanziatore dei Fratelli Musulmani nel mondo. Gli altri Paesi del Golfo si sono sfilati gli altri si sono sfilati dopo le primavere arabe. Gli Emirati hanno messo nella lista delle organizzazioni terroristiche quasi tutti i centri italiani, perché non vedevano di buon occhio i movimenti di piazza, fumo negli occhi per le monarchie del Golfo. Con la caduta di Morsi in Egitto le cose sono un po’ cambiate, ma l’aiuto del Qatar resta. L’Italia non può però prendere sotto gamba questo aspetto di chi finanzia quali centri perché diventerà sempre più determinante. Sarebbe irresponsabile. Mi pare che a Milano il bando per i luoghi di culto avesse tra le voce per ottenere punteggio la trasparenza, ma molto basso. Alla fine è stato un fattore ininfluente perché nessuno ha dichiarato nulla e si è puntato di più sugli aspetti architettonici, che mi pare ora siano l’ultimo degli aspetti da valutare…