Società

“L’orto lo facciamo sul tetto. Così cresciamo verdura a chilometro zero e portiamo il verde in città”

Gli architetti Elena Carmagnani ed Emanuela Saporito hanno avviato la startup "Orti Alti" a Torino. "L'idea nasce da un esperimento realizzato sul tetto del nostro studio. Era il 2010: iniziava la crisi dell'edilizia e ci siamo dedicate a questo progetto". E la prima a ospitare l'esperimento è una cooperativa che si occupa di formazione nella ristorazione

Trasformare i tetti in orti, rendendoli un luogo di socialità oltre che di produzione di verdura e erbe aromatiche. E uno strumento per garantire una maggiore efficienza energetica agli edifici che li ospitano. È di questo che si occupa Orti Alti, startup lanciata a Torino dagli architetti Elena Carmagnani, 46 anni, e dalla 34enne Emanuela Saporito.

“L’idea nasce da un esperimento realizzato sul tetto del nostro studio”, spiega Carmagnani a ilfattoquotidiano.it. “Era il 2010: iniziava la crisi dell’edilizia e ci siamo dedicate a questo progetto”. Inserito in un contesto fatto di alloggi abitati per lo più da famiglie giovani, “in cui già c’erano elementi in comune come la lavanderia“, l’orto è diventato “una sorta di completamento di questo modello abitativo”. Tutti i residenti, infatti, hanno accesso alle coltivazioni. “Abbiamo vinto il premio Innovazione amica dell’ambiente di Legambiente e abbiamo capito che valeva la pena continuare”.

“Con questo progetto vogliamo coinvolgere le scuole e qualche pensionato che voglia insegnare ai ragazzi come si coltivano le verdure”

Ci sono voluti però sei anni per realizzare il primo progetto, inaugurato lo scorso 28 maggio sul tetto della sede della cooperativa Meeting Service di Torino. Si tratta di una realtà che si occupa di formazione nella ristorazione ed inserimento lavorativo di disabili, pazienti psichiatrici, immigrati e disoccupati. Attiva da 25 anni, gestisce il ristorante “Fonderie Ozanam”.

“Abbiamo raccolto insalate e piante aromatiche – spiega il presidente Loris Passarella – oltre a pomodorimelanzane, peperoni, fagiolini, zucche e zucchine“. Tutti seminati nei 150 metri quadrati di orto realizzato sul tetto dell’edificio che ospita la cooperativa. “Oltre a produrre a chilometro zero e a portare un po’ di verde in città, questo progetto ha per noi una valenza sociale: l’intenzione è quella di coinvolgere le scuole e qualche pensionato che voglia insegnare ai ragazzi come si coltivano le verdure”.

Ma come è possibile trasformare un tetto in un orto? “Stendiamo innanzitutto una lastra di pvc che serve ad evitare che le radici penetrino nel cemento creando infiltrazioni – spiega Carmagnani,  – quindi c’è uno strato di feltro, dei pannelli per il drenaggio e infine uno strato di terriccio alleggerito”, che consente la coltivazione senza pesare troppo sulla soletta. Oltre a permettere di avere un orto anche a chi vive in città, il sistema consente anche di “isolare i locali sottostanti e di abbassare il picco di calore, specie in estate”. Detto altrimenti, “la temperatura della soletta scende di 4 o 5 gradi, così che non serve più l’aria condizionata. E, in inverno, si riducono i costi di riscaldamento“.

Il prezzo per costruire l’orto oscilla tra gli 80 ed i 90 euro al metro quadrato

Eliminando la guaina di bitume normalmente utilizzata per coprire i tetti piani, che deve essere sistemata ogni dieci anni, “scendono anche i costi di manutenzione”. Il tutto ad un prezzo che oscilla tra gli 80 ed i 90 euro al metro quadrato. E gli oneri di urbanizzazione? “Abbiamo lavorato insieme al comune di Torino che ha modificato il regolamento edilizio permettendo di realizzare gli orti senza doverli versare”. Dipende però dai singoli municipi intervenire in questo senso. Certo è che l’idea comincia a piacere anche al di fuori dei confini del capoluogo piemontese. “Stiamo lavorando sul punto vendita Carrefour che sarà realizzato nell’ambito del centro commerciale i Viali di Nichelino, che sarà terminato per l’inizio del 2017, per realizzare un orto da 600 metri quadrati” al quale potranno accedere tutti i clienti. E chissà che quest’esperienza non consenta a Carmagnani e Saporito di ottenere nuovi incarichi per realizzare i loro Orti Alti.