Musica

Ludovico Einaudi incanta sul Mediterraneo della riviera dei cedri

Prendi un sabato sera di mezza estate in Calabria, il 6 di agosto. Mettici un luogo magico, di rara bellezza: i ruderi di Cirella (in provincia di Cosenza), i cui resti (sorti tra l’850 e il 1000 d.C.) attestano tra l’altro la presenza di ausoni, focesi, normanni, saraceni… etnie diverse, quasi a voler indelebilmente caratterizzare la cifra identitaria d’una regione meticciata, crocevia di culture differenti. Quella stessa Cirella che, a seguito della distruzione di Sibari, divenne importante porta magnogreca di scambi tra Jonio e Tirreno. 172 mt sul livello del mare, fondali da sogno ricchi di Posidonia e una vocazione naturale per performances culturali raffinate e struggenti, da spettacolo ecosostenibile in cui il suono si sposa con la suggestione dei luoghi. A tutto ciò aggiungi Ludovico Einaudi, tra i pianisti e compositori contemporanei più suggestivi, emblematico delle avanguardie musicali. Un ensemble d’una rarità che sfiora la quasi unicità. Protagonista il virtuosismo musicale, per la sola data calabrese di questo straordinario artista e una produzione che porta la firma di Ponderosa Music & Arts e della cosentina Archimedia. Una chicca da non poter perdere.

Allievo di Luciano Berio, carriera strepitosa che l’ha portato dalla Scala di Milano alla Royal Hall di Londra passando per la storica Olympia parigina, insignito del titolo di Chevalier des arts et des lettres della Repubblica francese per aver contribuito, con la sue melodie, al successo del cinema francese, Einaudi approda a Cirella con la sua musica classica. Non è nuovo alla Calabria, dove in tanti lo ricordano suonare a Cosenza, su quello stesso sagrato della cattedrale che vide donare alla città da Federico II di Svevia la Stauroteca. Qui lo scenario sarà il Mediterraneo della riviera dei cedri dove d’estate, a Santa Maria del cedro, i rabbini ortodossi ashkenaziti di moltissime comunità israelitiche vengono, sin dal 1200, per la festa del Sukkoth e la raccolta di questo agrume sacro che solo qui cresce privo di difetti, complici un microclima unico ed esclusive condizioni dei terreni.

Non è nuovo, Einaudi, a operazioni culturali da evento irripetibile dove il suono si fa tutt’uno col paesaggio circostante e diventa esso stesso spettacolo. Come quando aveva messo a disposizione su una piattaforma galleggiante il suo pianoforte per un’elegia fra i ghiacciai polari, in difesa della protezione della purezza del Mar Glaciale Artico, contro il surriscaldamento globale e il cambiamento climatico.

Elements

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Nell’anfiteatro che sorge sulle rovine di Cirella presenterà, nell’ambito di un tour europeo che lo ha portato da Taormina a Pompei, da Arles a Mosca, Elements (uscito nel 2015 per Decca Records – Universal music group), l’album record di vendita: 15.o posto nelle pop charts in Gran Bretagna, tanto da suscitare lo stupore di The Times e Daily Telegraph nel sottolineare che erano ben 23 anni che il disco d’un compositore classico non arrivava ai primi posti delle classifiche pop. Una collezione di brani che “nasce dal desiderio di ricominciare daccapo, di intraprendere un nuovo percorso di conoscenza” sulle suggestioni dai miti della creazione alle figure geometriche euclidee sino agli scritti di Kandinsky o alle forme del paesaggio. “Se non fosse musica sarebbe una mappa di pensieri, frammenti d’un discorso interno”. Dodici brani registrati in soli tre mesi nella sua casa di campagna delle Langhe per pezzi che s’avvalgono, oltre del pianoforte, d’archi, dei percussionisti dell’Auditorium del Parco della musica di Roma, della chitarra, di suoni elettronici, del tocco del violinista sudafricano Daniel Hope, ospite nel brano d’ouverture Petricor.

Non un semplice concerto che s’avvia al sold out, piuttosto un’operazione culturale in cui il suono nato dal paesaggio interiore va a sposarsi col paesaggio esteriore e crea bellezza. Con Einaudi al pianoforte ci saranno Federico Mecozzi al violino, Redi Hasa al violoncello, Alberto Fabris al basso elettrico e live electronics, Riccardo Laganà alle percussioni e Francesco Arcuri alle chitarre. Un appuntamento irrinunciabile per chi avrà la fortuna d’assistervi. Una di quelle rare occasioni, in Calabria, di turismo culturale consapevole in grado d’emozionare, in una regione dove la cultura, salvo qualche rara eccezione e a prezzo d’enormi difficoltà troppo spesso fa fatica, ancora, a trasformarsi in capacità creativa economica e produttiva da sistema.