Non fosse per qualche strada chiusa, la sporadica presenza di gruppetti di volontari in uniforme e l’esercito in alcuni punti della metropoli, arrivando a Rio de Janeiro nessuno riuscirebbe a supporre che tra meno di una settimana la città sarà palco dei giochi olimpici. Le strutture che ospiteranno gli atleti e il grosso delle gare sono state costruite in periferia, certo, ma non è solo questo. Troppo confusi appaiono i brasiliani per potersi lasciar prendere dallo spirito olimpico. L’allegria per i giochi, che avrebbe dovuto fare da pubblicità all’esterno e da collante sociale all’interno, è stata spazzata via nel corso degli ultimi mesi. Rapita da una lunghissima crisi politica che a ritmo di telenovela caratterizza la vita quotidiana brasiliana, tra scontri violenti, manovre di palazzo, vendette, veleni e continui colpi di scena della più grande inchiesta anticorruzione che ha travolto imprese, partiti, lobbisti e portato all’impeachment della presidente Dilma Rousseff.
La crisi economica prima, l’inchiesta Lava Jato poi e l’impeachment della presidente in ultimo, hanno dato un colpo all’immagine del paese ma anche alle certezze dei cittadini che per alcuni anni avevano respirato aria nuova. A sette anni di distanza da quando il Brasile del boom, simbolo di una nuova sinistra divenuta modello in tutto il mondo, incassava anche l’ok per ospitare anche le olimpiadi, il Paese è tornato piccolo, confuso, immaturo, assolutamente non all’altezza di quel ruolo primario a livello internazionale cui l’ex presidente Luiz Ignacio ‘Lula’ da Silva ambiva. E la percentuale di apprezzamento per le olimpiadi dell’epoca, a ridosso dell’80%, è solo un lontano ricordo.
Il Pil del Paese, cresciuto di tre volte e mezzo in oltre un decennio, alla media del 4% annuo. Ha iniziato a registrare una seria contrazione nel biennio 2012/2013, accentuatasi nel 2014, fino a segnare il -3,8% del 2015. Destinato a flettere pesantemente nel 2016. Mentre sono partiti i tagli alla spesa pubblica che hanno accentuato le ingiustizie sociali, i costi delle strutture olimpiche hanno continuato ad aumentare. Passando, secondo il ministero dello sport, dai 4,2 miliardi di dollari previsti nel 2007 agli oltre 12 miliardi già spesi finora. Senza considerare che le imprese investigate nel maxigiro di tangenti “Lava Jato”, siano state quelle a intercettare il 73% dei 37,6 miliardi di Real stanziati per Rio2016. Cosa che ha generato profondo malcontento nella popolazione e il default dello Stato di Rio, sul quale pesa il grosso delle spese, che ha dichiarato fallimento un paio di mesi prima dell’inizio dei giochi.
Diverse sono le cause della crisi. Nel periodo florido in Brasile come all’estero, ci si è concentrati sugli indici ‘quantitativi’ come il Pil. Pochissimi hanno analizzato a fondo i dati ‘qualitativi’. Per questo la scoperta di quanto il gigante avesse i piedi d’argilla è stata vista come una sorpresa. Molto si spiega con la diminuita domanda e il calo dei prezzi delle commodities e del petrolio, sulle cui esportazioni il Brasile ha fondato la crescita. Ma non solo. A mancare è stata anche la visione di prospettiva sulle giuste riforme da mettere in pratica per rendere il Brasile più solido economicamente quando le casse erano gonfie, e nella scarsa capacità in politica economica mostrata dal governo di Dilma Rousseff.
E’ da questa incapacità di gestione che ha preso le mosse la campagna anti-governativa delle opposizioni. Sin dal periodo a cavallo tra la fine del primo e il secondo mandato di Dilma (rieletta nel 2014) le opposizioni hanno avviato una campagna mediatica e di piazza contro la presidentessa, chiedendone dimissioni o impeachment. Quando però l’inchiesta sul maxi giro di tangenti alla Petrobras è deflagrata, il tema centrale degli attacchi è divenuto quello della corruzione. Le investigazioni hanno travolto tutti i partiti: l’alleato Pmdb ora al vertice del governo, così come il Pt di Dilma e Lula. Mai però il nome della presidentessa è venuto fuori. L’accusa che ha motivato l’impeachment è stata alla fine al bocciatura da parte della Corte dei Conti federale per irregolarità di bilancio commesse dal governo alla fine del primo mandato. Nonostante questo il processo è stato aperto. E da questo momento i sostenitori del governo hanno iniziato a definire l’operazione un golpe bianco.
Molti cittadini, spinti anche dalla campagna mediatica e strumentalizzati dalla politica, hanno pensato che la sola apertura del processo di impeachment e l’allontanamento della presidente potesse di per sé migliorare la situazione. Cosa che non è accaduta. Alcuni cittadini continuano a manifestare in piazza il proprio supporto o meno al processo fino a ieri, ma in molti sono rimasti confusi. Soprattutto perché per mesi sono stati convinti a scendere in strada contro il governo in carica per invocare trasparenza e lotta alla corruzione, e in pochi minuti, saltato l’esecutivo Dilma nel quale nessuno risultava indagato, si sono ritrovati con un governo, quello guidato dal vice Michel Temer, tra i più corrotti delle nazioni civili: ben 15 ministri indagati su 24. E con il Paese passato da un governo di sinistra a uno di destra, conservatore e deciso ad attuare una ricetta neoliberista spinta: privatizzazioni selvagge, incentivi per l’industria e apertura di un’ampia partecipazione pubblico-privato. Oltre a durissime riforme del lavoro e delle pensioni.
E’ stato Michel Temer a inaugurare le ultime opere olimpiche finanziate dalla federazione e sarà lui a presenziare alla cerimonia di apertura delle olimpiadi al Maracana. Il processo di impeachment per Dilma inizierà subito dopo la conclusione dei giochi. La sua uscita di scena è data per certa ormai. Cosa accadrà dopo è in gran parte imprevedibile.
Twitter: @luigi_spera