La ‘divina’ Suzanne Lenglen ha vinto Wimbledon per 6 anni di fila, eppure finì su tutte le prime pagine dei giornali inglesi perché alla settima apparizione sull’erba più famosa del mondo fece aspettare la Regina. Era un’anticonformista, sorseggiava un brandy ghiacciato tra un set e l’altro e rivoluzionò il modo di vestirsi delle tenniste grazie ai disegni di Jean Patou, rivale di Coco Chanel. Quando Pelè atterrò a Lagos nel 1967 per disputare un’amichevole con il suo Santos, la guerra civile scatenata dalla dichiarazione d’indipendenza della Repubblica del Biafra si fermò per quarantotto ore. E l’anno successivo a Bogotà, durante una partita contro il Millionarios, quando l’arbitro gli sventolò in faccia il cartellino rosso, il pubblicò protestò così tanto da spingere il fischietto a rientrare negli spogliatoi mentre Pelè tornò in campo e segnò altri tre gol. E poi ancora i sospetti di omicidio in seguito a un tentativo di rapina che travolsero Ty Cobb e la fallimentare carriera da cantante di Carl Lewis, fino ai guai delle stelle più recenti Oscar Pistorius e Lance Armstrong.
Aneddoti, passioni, amori, avventure surreali e strampalate di quaranta personaggi di fama mondiale sono tratteggiati in Vite segrete dei grandi sportivi, scritto da Lorenzo Di Giovanni e Tommaso Guaita (297 pagine, Electa, 19.90 euro) che con ironia e disincanto tratteggiano il profilo delle stelle sportive degli ultimi cento anni, i loro vizi, le manie e le esistenze parallele. Come quella di Jessie Owens, capace di rovinare la muscolare prova di superiorità della razza ariana organizzata da Adolf Hitler a Berlino nel 1936, ma costretto a gareggiare contro cavalli e cani dopo una squalifica ingiusta. E chi sapeva che Muhammad Ali, agli albori della sua carriera, convinse Flip Schulke, fotografo di Life, a fare un servizio su di lui confidandogli che usava allenarsi in piscina? Un fatto così inconsueto da convincere Schulke a realizzare degli splendidi scatti mentre Ali sferrava dritti e montanti contro il muro d’acqua, nonostante la odiasse e non sapesse nuotare. Confessò solo molti anni dopo: l’unico scopo era far parlare di sé.
Sono centinaia le umane debolezze vinte, camuffate o dalle quali si sono lasciati sopraffare raccontate nel libro di Guaita e Di Giovanni. Una piccola enciclopedia scritta guardando dal buco della serratura ma con competenza, rigore e senza scivolare in voyeurismo inutile e volgarità, frutto del lavoro certosino dei due autori. Per un anno hanno letto vecchi articoli di giornale e biografie, guardato partite e documentari, incontri e film sui protagonisti delle Vite segrete dei grandi sportivi, sempre più spesso spolpati e svuotati dell’aura mistica a causa della narrazione incessante fatta dai media e amplificata dai social network. Cosa sarebbe accaduto a Wilt Chamberlain se avesse parlato oggi dell’installazione del semaforo fuori dalla sua stanza per fermare il flusso di ragazze? Fortunatamente la stella NBA si è goduto le sue “ventimila donne”, così dichiarò, in altri tempi. O forse erano solo duemila. Non lo sapremo mai. Ed è molto più affascinante così.