Quanto a Veneto Banca, dalla relazione sulla remunerazione emerge che a gennaio di quest’anno Montebelluna ha deciso di congelare la liquidazione da complessivi 3,6 milioni concordata con l’ex direttore generale Vincenzo Consoli invocando le clausole di malus e claw back. Quelle che scattano in caso di comportamenti fraudolenti o colpa grave a danno della banca o azioni del dirigente da cui sia derivata una perdita significativa. Consoli, che nel frattempo all’inizio di agosto è stato arrestato con l’accusa di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, non si è però dato per vinto: tramite i suoi legali ha chiesto il pagamento di tutte le spettanze non ancora corrisposte “pari a 3,46 milioni di euro”. La sua uscita “consensuale” era basata infatti su un accordo che prevedeva il versamento di 1,8 milioni a titolo di corrispettivo per il patto di non concorrenza, 900mila euro a titolo transattivo, 761mila come penale per anticipata risoluzione e 189mila come indennità sostitutiva. Cristiano Carrus, ex vicedirettore generale che nell’agosto 2015 è stato promosso dg e ha poi assunto anche la carica di amministratore delegato, ha preso in tutto 586mila euro. Solo 415mila euro di remunerazione, invece, per l’ex presidente Francesco Favotto, che non ha ottenuto nessuno scivolo quando a fine ottobre ha dato le dimissioni. Il suo successore Pierluigi Bolla si è fermato a 201mila euro per due mesi di lavoro ai vertici dell’istituto, che l’anno scorso ha perso 882 milioni. E’ stato Bolla a firmare l’intesa con i sindacati che prevede un centinaio di esuberi (contro i 730 annunciati inizialmente) e contratti di solidarietà per tutti i dipendenti del gruppo, compresa la controllata Bancapulia.

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