Sul conto economico di Unicredit, che ha chiuso il 2015 con un utile di 1,7 miliardi, si farà sentire l’addio annunciato a maggio dell’a​llora a​mministratore delegato Federico Ghizzoni: sommando costo del preavviso, liquidazione e “remunerazione del rapporto fino a naturale conclusione”, il suo scivolo vale in tutto 10 milioni di euro, di cui 4,37 differiti su un orizzonte di cinque anni. Nel 2015 Ghizzoni ne ha invece guadagnati 3,2 tra compensi fissi e variabili, più 1,9 milioni sotto forma di azioni della banca. L’anno scorso ha lasciato l’incarico anche il direttore generale di piazza Gae Aulenti, Roberto Nicastro, non prima di aver firmato un accordo di “risoluzione consensuale del rapporto” che prevedeva il riconoscimento di 2,7 milioni subito e 2,67 spalmati tra 2015 e 2020, condizionati però “al mantenimento di adeguati requisiti di patrimonializzazione e liquidità da parte della banca” e soggetti a “clausole di malus e clawback”, quelle che prevedono la restituzione dei soldi nel caso vengano provati comportamenti fraudolenti o di colpa grave.​ Lo stipendio del manager per i 9 mesi precedenti all’uscita è ammontato invece a 1,79 milioni più 959mila euro in azioni. Nicastro ora è presidente delle “good bank” di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, con uno stipendio di 400mila euro l’anno. ​Giuseppe Vita, presidente dell’istituto ora guidato da Jean Pierre Mustier ​che sta valutando come rafforzarne il capitale alla luce dell’esito degli ultimi stress test​​,​ ha guadagnato dal canto suo 1,58 milioni. ​I vicepresidenti Luca Montezemolo e Fabrizio Palenzona hanno dovuto accontentarsi, rispettivamente, di 310mila e 334mila euro. Intanto lo scorso novembre la banca ha annunciato che entro il 2018 verranno tagliati 6.500 dipendenti sui circa 55mila che lavorano in Italia.

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