La sentenza del Tribunale arbitrale dello sport sul ricorso di Alex Schwazer arriverà “entro il 12 agosto”. Cioè esattamente il giorno in cui è in programma la 20 chilometri di marcia per la quale l’altoatesino si allena dal 2015 con il professor Sandro Donati. Il Tas lo ha fatto sapere ai legali del marciatore altoatesino, che la Iaaf ha sospeso dai Giochi olimpici dopo che, a metà giugno, è stata resa nota la sua positività a un test antidoping a sorpresa fatto l’1 gennaio dello scorso anno. La richiesta della Federazione internazionale di atletica è di “otto anni di squalifica“.
Schwazer, medaglia d’oro a Pechino 2008, trovato positivo all’eritropoietina nel 2012 e per questo squalificato per 3 anni e 6 mesi, attendeva il pronunciamento per lunedì sera. Ma nella tarda notte italiana, dopo 10 ore di udienza, è arrivata la notizia che la decisione sulla sua eventuale riammissione è rinviata alla fine della settimana. Peccato che, appunto, proprio venerdì sia in calendario la prima gara in cui dovrebbe competere. La 50 km è in agenda una settimana dopo.
A renderlo noto alla stampa italiana ed internazionale presente nella hall del grattacielo in centro a Rio de Janeiro dove si è svolta l’udienza è stato l’avvocato Giuseppe Sorcinelli, membro dell’entourage di Schwazer. “Alex, Sandro Donati ed i legali non possono rilasciare dichiarazioni – ha detto – la procedura arbitrale confidenziale non lo permette. Ci scusiamo con voi che avete atteso a lungo ma non possiamo davvero divulgare nulla. Il Tas ha deciso di affrontare la questione in maniera approfondita e ci ha dato il termine del 12 agosto. Il ragazzo continuerà ad allenarsi e vi prego di lasciarlo tranquillo“. “Speriamo che a questo punto la sentenza arrivi entro venerdì”, ha confermato Gehrard Brandstaetter, avvocato di Schwazer.
Unico retroscena trapelato nel pomeriggio è quello relativo a uno scatto d’ira di Donati: il tecnico di Schwazer, nel corso dell’udienza, sarebbe uscito sbattendo la porta salvo rientrare successivamente. Donati, come è noto, nelle scorse settimane ha sostenuto che contro l’altoatesino è in atto un complotto e ha raccontato di aver ricevuto “pressioni” perché il suo atleta lasciasse vincere l’idolo antidoping Jared Tallent e di temere per sé e per la propria famiglia. L’allenatore non ha perso la speranza di vedere riconosciute le ragioni dell’atleta.