Il fondo Atlante raddoppia e con le opportunità si moltiplicano anche i rischi. La prima versione del fondo è servita per mandare in porto gli aumenti di capitale delle disastrate Popolare Vicenza e Veneto Banca, togliendo così le castagne dal fuoco a Unicredit e Intesa Sanpaolo che si presentavano come garanti delle due operazioni. Atlante 2 si concentrerà invece sul mercato delle sofferenze bancarie (197,9 miliardi, stando all’ultimo bollettino di Bankitalia) nell’arduo tentativo di ridurre il divario tra i valori che le banche assegnano ai crediti problematici nei loro bilanci, ossia più o meno il 40% del valore iniziale del prestito, e la valutazione che invece fa il mercato, che non supera il 20%. Il primo giro di sottoscrizioni si è chiuso con un risultato tutt’altro esaltante, poco sopra il “minimo sindacale”, che permette però ad Atlante 2 di passare alla fase operativa. Nelle casse del fondo sono entrati 1,7 miliardi di euro. Una buona parte, circa mezzo miliardo, proviene dalla casa madre, ossia dai residui di Atlante 1 non usati per le ricapitalizzazioni. Per il resto c’è molto odore di pubblico.

Ufficialmente Atlante non ha diffuso la lista dei sottoscrittori, ma ci dovrebbero essere i 450 milioni di Sga, società del Tesoro che negli anni ’90 rilevò e gestì i crediti malati del Banco di Napoli. Una quota fino a 250 milioni dovrebbe arrivare da Cassa depositi e prestiti, altri 200 milioni da Poste Vita. Generali e Unipol hanno annunciato una partecipazione rispettivamente di 200 e 100 milioni mentre Unicredit e Intesa fino a 310 milioni. Non sono invece della partita le casse previdenziali professionali, che dopo un primo sì poi hanno declinato l’invito del governo giudicando la partecipazione all’operazione eccessivamente rischiosa. La chiusura della prima fase di raccolta è fissata per la fine del prossimo settembre e per quella data Quaestio conta di racimolare più o meno un altro miliardo. La scadenza finale è però quella del luglio 2017, con l’asticella della raccolta fissata a 3,5 miliardi.

Atlante 2 userà questi soldi per acquistare le tranche junior e mezzanine delle obbligazioni emesse nell’operazione di cartolarizzazione dei crediti in sofferenza. Detta in termini tecnici è quasi incomprensibile, ma in realtà l’operazione è meno complicata di quello che può sembrare. In pratica una banca crea una società ad hoc (società veicolo) a cui vende i suoi crediti deteriorati. Questa società trova i soldi per comprarli emettendo obbligazioni di tre tipi. Le “senior”, le più sicure e con priorità nei rimborsi, le “mezzanine”, una via di mezzo, e le “junior”, più redditizie ma anche più rischiose: sono le prime a saltare se le cose non vanno come dovrebbero. Atlante 2 si concentrerà su questi ultimi due tipi di emissioni. Per di più pagherà una sorta di prezzo di favore per consentire alle banche più in difficoltà di non svendere i prestiti malati e salvare i bilanci. Attualmente questi crediti si riescono a rivendere sul mercato a circa il 20% del loro valore nominale, Atlante 2 dovrebbe invece pagarli intorno al 30-32%.

Il primo banco di prova sarà il Monte dei Paschi di Siena. Il gruppo senese venderà al fondo una tranche mezzanina da 1,6 miliardi di euro ottenuta cartolarizzando i suoi crediti in sofferenza. Lunedì Mps è stata protagonista di un nuovo scivolone in Borsa che ha portato il valore del titolo sui minimi di sempre. Negli ultimi 5 anni le azioni di Mps hanno perso il 98% del loro valore nonostante le ripetute ricapitalizzazioni. Per i soci, insomma, un destino non troppo diverso da quello degli azionisti di Veneto Banca o Popolare Vicenza. Si spera che il nuovo piano di salvataggio/rilancio risollevi banca e quotazioni, ma i dubbi e le incertezze abbondano, come dimostra il trattamento che il mercato continua a riservare alla banca. I sottoscrittori di Atlante 2 si attendono un rendimento del 6%. Davvero non poca cosa di questi tempi.

Salvare capra e cavoli, ossia bilanci delle banche e ritorni ai sottoscrittori, appare tutt’altro che semplice. Anche perché in ultima analisi chi rileva un credito in sofferenza scommette su quello che potrà poi recuperare principalmente entrando in possesso dei beni posti a garanzia del prestito. Circa il 70% delle sofferenze bancarie è nei confronti di imprese: si tratta di 136 miliardi di euro, per oltre la metà finanziamenti a piccole e medie imprese. A garanzia del prestito molto spesso ci sono insomma capannoni, quando non beni personali dell’imprenditore. Gli ultimi dati sulle quotazioni degli immobili industriali continuano però a mostrare un mercato fiacco se non in ulteriore flessione. Senza una ripresa economica, l’impresa a cui si accinge Atlante 2 appare davvero impegnativa.

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