Sembrava solo una breve di cronaca invece rischia di diventare un nuovo caso Shalabayeva. Un cittadino iraniano, Mehdi Khosravi, era stato arrestato lo scorso 7 agosto dalla polizia di Lecco, in un piccolo paese della provincia, Dorio, su esecuzione di un mandato di cattura internazionale spiccato dalla magistratura dalla Repubblica Islamica nel 2009 per l’accusa di corruzione. E la storia sembrava conclusa qui. Due giorni più tardi si è però scoperto che Khosravi è il vero nome del blogger dissidente Yashar Parsa, autore della pagina Gomnamian (“Gente senza nome»), e collaboratore di Reza Ciro Pahlavi, figlio dell’ultimo Scià di Persia costretto ad abdicare dopo la rivoluzione islamica di Khomeini.

Khosravi alias Parsa è “un attivista dei diritti umani e per la democrazia che risiede nel Regno Unito come rifugiato politico, essendo fuggito dall’Iran dopo le proteste elettorali del 2009″, ha scritto l’erede esiliato negli Stati Uniti in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Matteo Renzi e in un’altra missiva spedita al nuovo ministro degli Esteri britannico Boris Johnson. Negli ultimi tre anni il blogger è stato “l’amministratore esecutivo del Consiglio iraniano per le elezioni libere”, un organismo che tenta di riunire tutti gli oppositori di Khomeini, dai monarchici ai ribelli del “movimento verde” del 2009. Se deportato in Iran, dove sarebbe già stato incarcerato e torturato nel 1999, “rischierebbe l’esecuzione“.

L’attivista era a Como per un periodo di vacanza ed è stato riconosciuto quando i suoi dati personali sono stati inviati in Questura, come da prassi, dalla reception del suo albergo. Qui sono stati incrociati con quelli dell’Interpol e hanno portato alla scoperta del mandato di cattura internazionale che pende sul suo capo. La Procura di Lecco ha quindi diramato una nota alla stampa in cui spiega di avere semplicemente risposto a un provvedimento di cattura formulato dal Tribunale di Teheran. L’Iran chiede l’estradizione per poter processare Khosravi del “reato di corruzione”. L’avvocato del blogger, Sahand Saber, ha però smentito, in un’intervista a Bloomberg, che vi sarebbero “accuse di corruzione” a carico del suo assistito.

Il legale ha attaccato duramente il governo italiano, accusandolo di volersi ingraziare i favori dell’Iran dopo l’allentamento delle sanzioni dovute all’accordo sul nucleare. “Mehdi oggi scrive articoli e blog sulla democrazia e la necessità di una separazione dei poteri in Iran”, l’arresto “può rappresentare un tentativo da parte di alcuni funzionari del governo italiano di ingraziarsi gli iraniani dopo l’accordo sul nucleare”. Saber ha fatto allusione ai due incontri, avvenuti prima a Roma e poi a Teheran, tra le delegazioni italiane e iraniane, in cui sono stati conclusi accordi commerciali, sostenendo che “il governo italiano vuole lavorare economicamente con il regime” quindi “può darsi che al governo italiano sia stato chiesto di fare ciò”. L’arresto del dissidente, attualmente in carcere dopo una notte passata in ospedale per un malore, rischia ora di diventare un nuovo caso diplomatico dalle dimensioni imprevedibili.

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