Lanciata una petizione contro la scelta del motore di ricerca, sottolineando che questa decisione “è contraria a tutte le norme e le convenzioni internazionali”. Ma dal colosso informatico chiariscono che "i dati su cui si basano le nostre mappe derivano da una combinazione di terze parti e fonti pubbliche"
Nelle mappe di Google non c’è il nome della Palestina. “Rimpiazzato con quello di Israele” denuncia il Forum dei giornalisti palestinesi, dal quale è partita una nuova protesta contro i vertici del motore di ricerca più famoso al mondo. A darne notizia è stato il sito web ‘Memo’, specializzato in notizie che riguardano il Medio Oriente, che ha pubblicato anche stralci di un comunicato diffuso dai giornalisti palestinesi. In realtà è l’ultimo atto di una serie di polemiche tra il colosso di Mountain View e la Palestina, con il primo che nonostante istanze, petizioni e proteste non ha mai inserito la seconda nella mappa.
LA PRESUNTA CANCELLAZIONE DALLE MAPPE – La rimozione del nome Palestina, secondo quanto riportato dal Forum, sarebbe avvenuta il 25 luglio scorso. E in effetti basta dare un’occhiata a Google Maps per accorgersi che vengono indicati tutti i territori: da Israele alla Giordania, dal Libano alla Siria. Al contrario, non c’è traccia del nome della Palestina nelle aree della Cisgiordania e della Striscia di Gaza (che invece sono indicate), pur essendoci la scheda di Wikipedia. Ma da Google chiariscono l’accaduto, sottolineando che la Palestina non è mai stata inserita nella mappa. “Le informazioni presenti su Google Maps – spiegano – provengono da un’ampia gamma di fonti e i dati su cui si basano le nostre mappe – ad esempio i nomi dei luoghi, i confini e i percorsi stradali – derivano da una combinazione di terze parti e fonti pubbliche”. Nel complesso, questo restituisce una mappa completa e aggiornata. “Tuttavia la quantità di dati che abbiamo a disposizione – aggiungono dagli uffici italiani di Google – varia da zona a zona. Aggiorniamo regolarmente la mappa e lavoriamo costantemente per aggiungere informazioni utili”.
L’ACCUSA DEI GIORNALISTI – In un comunicato stampa, invece, il Forum dei giornalisti palestinesi parla di “falsificazione della storia, della geografia e del diritto dei palestinesi alla propria terra”, ma anche di “un tentativo di manomettere la memoria di palestinesi e arabi, così come quella del mondo”. Dure le accuse lanciate dal Forum, secondo cui la presunta rimozione della Palestina dalle mappe “fa parte del programma di Israele di decretare il proprio nome come quello che rappresenta lo Stato legittimo nelle generazioni a venire ed abolire per sempre quello della Palestina”. Già nei mesi scorsi era stata aperta una petizione contro la scelta del motore di ricerca, ritenuta “contraria a tutte le norme e le convenzioni internazionali”.
LA SCELTA IN DIREZIONE OPPOSTA – Continua la polemica per l’assenza dalle mappe, nonostante tre anni fa un’altra scelta di Google sembrava andare in direzione opposta. Dopo il riconoscimento da parte dell’Assemblea generale della Palestina come Stato non-membro dell’Onu, infatti, il motore di ricerca modificò l’intestazione nella versione palestinese della sua homepage (da territori palestinesi a Palestina), sdoganando il nome geografico. Una decisione che non piacque affatto a Israele, tanto che il portavoce del ministero degli Esteri israeliano Yigal Palmor si schierò contro l’iniziativa, sostenendo che suggerisse “interrogativi sulle ragioni dietro questa scelta”, ma contemporaneamente ne sminuì il significato. “Google non è un’entità politica, né diplomatica, quindi – disse – può chiamare qualsiasi cosa con qualsiasi nome senza che vi siano conseguenze sul piano politico o diplomatico”. In quella occasione Google si difese sostenendo che, prima di modificare l’intestazione, si era consultata con le autorità internazionali, seguendo le indicazioni delle Nazioni Unite e dei suoi Paesi membri, oltre che di altre organizzazioni internazionali.
Aggiornato da Redazione Web alle ore 18.04