di Pia Starace

Dicesi “algoritmo” un insieme finito di passi semplici e ben definiti (istruzioni) atti a risolvere un determinato problema. Qualcuno, per rendere l’idea, lo ha paragonato a una ricetta culinaria dove si prendono degli “input” (gli ingredienti), si esegue un numero finito di operazioni semplici e (si spera) ben definite, e si termina con un risultato (la prelibatezza cucinata).

Veniamo però all’attualità: l’algoritmo applicato alla mobilità scolastica, nel contesto “rivoluzionario” della riforma epocale della “Buona scuola”. Il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, supportata dal sottosegretario Davide Faraone, per tranquillizzare gli animi, dichiara in tv che l’algoritmo “non è altro che la traduzione in termini matematici del contratto di mobilità”. Una risposta evidentemente vacua, insulsa, da temporeggiatori doc. Lo  sanno bene i numerosi insegnanti costretti, nonostante la sussistenza di una serie di titoli sudati e validi, a trasferirsi da Sud a Nord per un errore del “cervellone” del Miur nell’applicazione dell’algoritmo.

L’inettitudine è macroscopica. Un pasticcio all’italiana. E la contraddizione è appariscente. Il ricorso al sistema dell’algoritmo – lo intendono anche menti non matematiche né informatiche – avrebbe dovuto assicurare un calcolo semplice e ponderato sulla base di criteri preventivamente individuati che contemperassero effettive esigenze territoriali, scelte di politica scolastica, ed esperienze, carriere, competenze, status dei singoli docenti. Insomma, rapidità, semplificazione e un affidabile margine di approssimazione all’esattezza/correttezza. Per altro verso, avrebbe dovuto garantire la trasparenza dei criteri e indici adoperati per il calcolo. Invece i parametri non sono conoscibili, neppure in presenza di critiche pressanti e accorate. Peraltro si tratta di critiche risalenti, lasciate cadere nel vuoto.

Infatti l’anno scorso, a settembre, succedeva la stessa cosa: il Miur non rese noto l’algoritmo sulla base del quale procedeva all’assunzione di 9mila docenti con esodo, argomento che costituì pure oggetto di interrogazione parlamentare del M5S. Insomma oggettività nell’impiego dei criteri e conoscibilità degli stessi – che si presume costituiscano la ratio dell’impiego dell’algoritmo – vengono “matematicamente” disattesi, per giunta in modo recidivo! Non solo, ma l’introduzione di questo sistema di allocazione delle risorse non è menzionato espressamente in nessun atto normativo. E’ conseguenza dei meccanismi inaugurati dalla legge Gelmini, nei meandri della cui attuazione si è trovato spazio per il suo utilizzo; e si è abbondantemente rivelato fallimentare, suscitando forti e fondate polemiche, per esempio già all’epoca del ministro Carrozza, nel calcolo dei livelli di turn over per ciascun ateneo italiano, laddove l’assegnazione dei punti organico ha finito col favorire gli atenei del Nord a discapito di quelli del Sud.

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