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Grecia, il ‘paradosso del polpo appeso’ spiegato da un pescatore di Cefalonia

Un pescatore greco che potrete incontrare anche voi recandovi nell’isola di Cefalonia, un giorno mi spiegò il “paradosso del polpo appeso”. Le immagini che sovente vediamo di quel Paese, ci riportano sempre questi polpi appesi come panni ad asciugare. E’, a ben vedere la condizione in cui si ritrova oggi la Grecia: appesa a un filo ad asciugare perdendo la sua vitalità e diventare alla fine cibo semplice per gli aperitivi. Eppure entrando nel Museo nazionale di Atene, alla vista della maschera d’oro di Agamennone, qualunque essere umano percepisce la sensazione che tutto è iniziato qui, e tutto qui finirà.

Il polpo appeso, mi spiegava il pescatore di Cefalonia, è una clessidra naturale. Lui seduto con il mare davanti, mi diceva che il tempo per rendere commestibile il polpo lo stabilivano il sole, l’aria e il mare. Così funziona. Quando è pronto, col coltello gli taglia un tentacolo e lo serve in un piatto come aperitivo con ouzo. Quando anche l’ultimo tentacolo è finito nel piatto sui due tavolini della sua locanda sul mare, il pescatore chiude e va a pescarne un altro. Poi torna, apre la taverna, appende il polpo e aspetta.

Quando si ferma qualcuno gli dice di tornare più tardi o di passare il tempo assieme a lui a mangiare pistacchi dell’isola di Aegina, a patto di raccontarsi le loro vite a vicenda. Il polpo intanto asciuga facendosi desiderare. Mi ha spiegato di aver accumulato il racconto di migliaia di vite e che potrebbe scrivere un’enciclopedia internazionale della vita delle persone che ha incontrato. Si sentiva più ricco di Onassis perché possedeva la memoria delle vite dei racconti dei suoi clienti mentre il vecchio magnate greco era impegnato tutto il giorno a prolungare la sua difendendo i soldi accumulati dai suoi clienti con guerre continue, inganni, astuzie e altri elementi che bruciano il tempo.

“Vedi, quando vado in acqua potrei pescarne due o cento di polpi tutti insieme, ma poi dovrei comprare un frigo, attaccarlo alla corrente, ingrasserei perché non andrei in acqua tutti i giorni, aumentando l’offerta aumenterebbe la domanda dei clienti, dovrei mettere più tavolini e non avrei più il tempo di stare ad ascoltare le loro storie di vita e alla fine i polpi scarseggerebbero perché gli toglierei il tempo di riprodursi qui su questi scogli e sarei costretto a comprarli, e perderei la possibilità di vendere l’aperitivo a questo prezzo così basso. Invece così tutto funziona, non devo chiedere aiuto a nessuno e tutti vengono ogni giorno alla taverna del polpo appeso. La mia ricchezza diminuirebbe drasticamente e andrei in rovina in poco tempo, e nella mia testa non avrei l’intera storia dell’umanità che è passata su questa strada, ma i pensieri stressanti che tutti mi raccontano delle loro vite, non più come sapienza e depositi nella memoria ma come demoni che dominano il mio tempo, rubandomelo”.

Il pescatore preferisce lasciare il dominio del tempo al polpo appeso, e chissà se non ha ragione. Il paradosso ci spiega il senso della ricchezza e lo splendore dorato della maschera di Agamennone incanta ancora l’umanità, come un monito, uno sguardo eterno. Se andate a Cefalonia fermatevi dal pescatore e se trovate la porta chiusa, aspettate, uscirà dagli scogli col suo polpo e verrà ad aprirvi offrendovi pistacchi.