I consigli comunali di Corleone (Palermo), Tropea (Vibo Valentia), Bovalino (Reggio Calabria) e Arzano (Napoli) sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. La misura è stata deliberata dal Consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Il caso del Comune siciliano, da cui partì la scalata di Totò Riina e Bernardo Provenzano ai vertici di Cosa Nostra, era già approdato lo scorso gennaio nella commissione Antimafia della Regione. Qui il sindaco Leoluchina Savona aveva messo a verbale la propria preoccupazione per il ritorno in paese di alcuni soggetti legati ai clan. Da un’inchiesta della procura di Palermo, sfociata poi nell’Operazione Grande Passo, emerge anche come i reggenti del clan mafioso locale incontrarono proprio la prima cittadina, grazie all’amicizia che lega uno degli uomini poi arrestati e Giovanni Savona, fratello della sindaca. L’incontro è avvenuto il 3 settembre del 2014 ed era stato fissato perché alcuni degli uomini coinvolti dall’operazione antimafia puntavano a prendere in affitto uno stabilimento caseario di proprietà del comune.
Eletta nel 2012 alla guida della città con una lista civica di centrodestra, Savona è considerata un sindaco antimafia: dall’inchiesta della procura di Palermo non emerge alcuna consapevolezza sul ruolo degli uomini incontrati allo stabilimento di proprietà del comune, e non è quindi tra gli indagati. Dopo la notizia dello scioglimento della sua amministrazione, è stata interpellata proprio su questo episodio: “Quello che è successo a me potrebbe capitare a chiunque – ha spiegato -. Quando le persone si presentano hanno il certificato antimafia in mano, tra l’altro io li ho ricevuti al Palazzo di Città e al caseificio, che ho fatto visitare negli anni a migliaia di persone quando ero consigliere comunale. Sono venuti dal Piemonte, dalla Lombardia, dalla Sardegna, dalla Danimarca”.
Intervistata a caldo dalla Adnkronos ha inoltre aggiunto che lo scioglimento per mafia si abbatte come “un macigno” sul suo paese: “Il nome che questa città si porta dietro è pesante di per sé”. E poi contrattacca: “C’è stato un accanimento politico molto potente nei miei confronti – dice -. Le persone oneste sono scomode. Non si è fatto in passato uno scioglimento per mafia, non lo si è fatto neanche ai tempi di Ciancimino e si è fatto ora che c’è una persona onesta”.
Nel paese sulla costa tirrenica della Calabria invece l’accesso antimafia, che ha portato allo scioglimento del Comune, già commissariato, era stato disposto il 22 ottobre del 2015, su proposta dell’allora prefetto di Vibo Valentia, Giovanni Bruno, e si era concluso il 22 aprile scorso. Gli accertamenti erano mirati a fare chiarezza sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nell’amministrazione del sindaco Giuseppe Rodolico, eletto con una lista civica, che era caduta a inizio agosto sul voto di bilancio.