Dopo l'impatto mortale in Florida, arriva un altro sinistro a Pechino: la sterzata automatica non ha funzionato e l'auto ha urtato una vettura ferma al lato della carreggiata. Nessuna conseguenza per il 33enne programmatore cinese che si trovava alla guida, ma polemiche sulla comunicazione dell'azienda californiana
Dopo l’incidente in Florida che in maggio costò la vita al 40enne Joshua D. Brown, lo scorso 3 agosto è arrivato il secondo sinistro per una Tesla Model S su cui era stata attivata la modalità Autopilot. Questa volta le conseguenze non sono state fatali, fortunatamente, ma il 33enne programmatore cinese (l’incidente è avvenuto a Pechino) Luo Zhen se l’è cavata solo con uno spavento.
Questi i fatti: il giovane si stava recando come ogni giorno a lavoro, approfittando delle grandi autostrade locali per inserire la modalità autopilota. Come si vede dal video qui sotto, realizzato dallo stesso Zhen, la sua auto urta una Volkswagen Santana parcheggiata al lato della carreggiata: il risultato sono specchietti rotti e fiancate rovinate, ma fortunatamente nulla più.
Lo scampato pericolo non ha tuttavia placato l’ira del cliente cinese, il quale ha dichiarato alla Reuters che tecnici e venditori Tesla gli avevano descritto il sistema come “self-driving”, mentre invece alla prova dei fatti si era rivelato solo un’assistenza alla guida. Tesi che, del resto, è anche quella riportata da un portavoce dell’azienda californiana: “come abbiamo chiaramente comunicato, la sterzata automatica richiede che il guidatore tenga sempre le mani sul volante e sia pronto ad intervenire. Le mani dell’autista in questione non sono state rilevate dal sistema come presenti sullo sterzo”.
Luo Zhen tuttavia, così come altri clienti cinesi interpellati dall’agenzia di stampa britannica, ha confermato che nel corso delle dimostrazioni precedenti all’acquisto i venditori toglievano le mani dal volante. E che descrivevano l’auto come “in grado di guidare da sola”. Evidentemente, non lo è.