Cronaca

Vicenza, medaglia a partigiano dell’eccidio di Schio. E il ministero della Difesa la revoca

Si tratta di Valentino Bortoloso, 93 anni, nel commando che uccise 54 persone nel carcere vicentino. Un crimine per cui ha scontato dieci anni di galera. Ma il suo nome è stato inserito tra chi doveva ricevere l'onorificenza, poi ritirata

Contrordine, compagni partigiani. La medaglia della Liberazione, consegnata in pompa magna davanti al prefetto di Vicenza neppure due mesi fa, è stata revocata dal Ministero della Difesa. A uno di loro è stata annullata l’onorificenza che aveva premiato 84 ex combattenti della libertà ed ex internati. Valentino Bortoloso detto “Teppa”, che oggi ha 93 anni, è infatti uno degli autori dell’eccidio di Schio, che nella notte tra il 6 e il 7 luglio 1945, pochi mesi dopo il 25 aprile, fu compiuto da un manipolo di partigiani all’interno delle carceri della città all’epoca famosa per l’industria tessile. Al calar della sera entrò in azione un commando che cominciò a sparare contro i detenuti. Tra di loro c’erano molti fascisti, ma anche reclusi per reati comuni, che nulla avevano a che vedere con le efferatezze del regime, e numerose donne. I morti furono 54, per un episodio avvenuto quando la guerra era ormai finita, una specie di regolamento di conti con il passato a pochi giorni di distanza dal ritorno di uno scledense da Mathausen.

Più di settant’anni dopo, l’unico sopravvissuto di quel gruppo, un partigiano comunista, “Teppa” era stato insignito dell’onorificenza. Il che non poteva che suscitare polemiche. Infatti, la medaglia della Ministero della Difesa gli era stata appuntata al petto dal prefetto Eugenio Soldà a metà giugno, sulla base degli elenchi che erano stati preparati dalle associazioni partigiane. Evidentemente nessuno aveva fatto verifiche, limitandosi a prendere per buoni i nominativi inseriti. E così anche “Teppa” aveva ricevuto la lettera con cui gli veniva annunciata data e luogo della cerimonia. Lui si era presentato, assieme agli altri partigiani indicati dall’Anpi.

Ma la notizia non era passata inosservata. Tante le polemiche non solo a Schio dove vivono figli e nipoti di molte delle vittime dell’eccidio. Il sindaco Valter Orsi aveva fatto votare dalla giunta comunale una delibera con cui veniva chiesto al prefetto di attivarsi affinché il Ministero della Difesa facesse un passo indietro, sostenendo che una cosa sono i valori della Resistenza, altra cosa i crimini commessi con la divisa partigiana addosso. Al coro si era unito l’assessore regionale Elena Donazzan, una militanza nella destra italiana, oggi nel centrodestra. Dalla sede del ministero, in via XX settembre a Roma, è partita pochi giorni fa una lettera con la “revoca” dell’onorificenza. Il nome di “Teppa” viene depennato dalla lista degli insigniti. Adesso toccherà al prefetto provvedere a farsi riconsegnare la medaglia.

Da parte sua, Bortoloso rimane in silenzio così come ha ha fatto in questi anni dopo aver terminato di scontare la pena. Ne aveva venti quando entrò a far parte della brigata garibaldina “Martiri Valleogra” dove maturò la decisione di un’esecuzione di massa. Secondo la ricostruzione effettuata prima dai pubblici ministeri alleati, quindi anche dalle autorità giudiziarie italiane, a dirigere il commando, oltre a lui, c’era Igino Piva, detto “Romero”. “Teppa” venne condannato a morte, pena convertita nell’ergastolo. Nel 1955, dopo dieci anni di reclusione, beneficiò dell’amnistia e tornò in libertà.

La notizia della revoca della medaglia ha suscitato opposte reazioni. Danilo Andriollo, presidente dell’Anpi a Vicenza, ha dichiarato: “Il premio è andato alla sua attività partigiana. Per l’eccidio è stato condannato e ha pagato. Non si parla di ‘funzione riabilitativa’ della pena? Attenderemo le motivazioni della revoca, poi valuteremo cosa fare”. L’assessore regionale Donazzan non risparmia critiche ad Anpi e governo. “La superficialità del governo è dimostrata dal fatto che sono stati semplicemente registrati i nomi di un elenco fornito dall’Anpi per conferire le medaglie. E’ il tempo di cancellare l’Anpi per manifesta faziosità e falsità: si ergono a giudici della storia dando patenti di moralità e di autoassoluzione”.