Chi mi legge da tempo, sa che ritengo plausibili, anzi auspicabili, se non indispensabili, le riconversioni di edifici storici, purché ovviamente non vengano alterati i valori architettonici e non si leda la dignità ed il decoro del Bene. I cambi di destinazione d’uso andrebbero valutati attentamente, caso per caso, e la conoscenza del layout distributivo e della normativa che disciplina le varie funzioni possono aiutare.
C’è un punto che non mi convince però, quando ad esempio, con un investimento ragionevole, si può confermare o al massimo ampliare adeguandolo un bene architettonico nella sua vocazione originaria e viceversa si propongono soluzioni bizzarre di nuovi usi con costi esorbitanti.
Un caso eclatante è il Palazzo delle Esposizioni a Torino: struttura che si trova immersa nel Parco del Valentino, a poche centinaia di metri dal Borgo Medievale, costruito per l’Esposizione del 1911, e di cui ho già parlato a proposito di Expo.
To-Esposizioni fu progettato nel 1938, in successivi step, anche a seguito dei bombardamenti della Raf, da Ettore Sottasts sr, Nervi e Morandi, con l’intento di creare un modernissimo complesso fieristico per l’industria italiana, dopo l’iniziale destinazione a Palazzo della Moda. Per questo furono creati altri padiglioni, con grandi luci, ideali per esporre auto, camper e oggetti ingombranti, per molti anni fu la sede del Salone Internazionale dell’Auto, tra i più importanti d’Europa e del mondo. Il valore aggiunto di questo complesso fieristico, oltre la splendida architettura razionalista, è la posizione, esaltata dallo scenario del Parco del Valentino, oltre che dal fondale della Collina torinese.
Quando si decise, nel 1984, di trasferire il Salone dell’Auto nella Sala presse del Lingotto mi ricordo che, parlandone con il Presidente Bertolotti, ci venne spontanea la considerazione che gli stranieri uscendo dalla manifestazione, si sarebbero trovati di fronte una barriera di case fatiscenti anziché una corona di verde.
Dopo la perdita di eventi importanti con sede a Torino Esposizioni, puntando solo ed esclusivamente sul Lingotto, questa struttura bellissima è stata lasciata degradare salvo poi ipotizzarne trasformazioni e cambi d’uso fantasiosi ed improbabili (biblioteche, sede universitarie con residenze ed altro ancora) di fatto manomissive dell’architettura originaria che ne facevano aumentare a dismisura i costi. Se si eccettua l’episodico (e anche qui esorbitante per costi) riadattamento a palazzo dell’hockey, in occasione dei Giochi olimpici.
Questo è, ahimè, ricorrente: la manutenzione ordinaria e straordinaria non paga e l’adeguamento impiantistico non fa notizia mentre la chiamata di “archistar” per un’ipotesi di spesa di ca. 200 milioni, con radicale trasformazione, attira i titoloni. Ancora non mi sono ripresa dallo scempio effettuato dalla pur brava in tante occasioni Gae Aulenti per la ristrutturazione del Palazzo a Vela di Rigotti-Levi, dove è stato stravolto il motivo della grande facciata leggera e trasparente che non mortificava la splendida copertura a “fazzoletto”.
Un altro valore aggiunto di Torino Esposizioni poi è l’annesso teatro, uno dei più grandi della città, che attualmente assolve anche la funzione, negli ampi spazi adiacenti, di Scuola di Danza conosciuta e rinomata a livello internazionale. L’attuale Presidente della Fondazione, Gian Mesturino, ne chiede da anni il restauro e la dotazione di servizi essenziali per continuare a dispensare le funzioni minime. L’ampia Sala del “Teatro Nuovo” può essere inoltre facilmente assimilata anche a Centro Congressi quindi in perfetta simbiosi con l’attiguo Centro Fieristico.
Forse però c’è una risposta nella recente fuga dei grandi editori da Torino e dal Lingotto; i piccoli editori italiani ed i locali, animati giustamente di orgoglio sabaudo, potrebbero contrapporre un Saloncino del Libro, puntando proprio sul tema dell’ambiente, del territorio, delle città, della bellezza ed estendendo spazi ed Eventi a quello che fu la prima Esposizione Universale: cioè il Borgo Medievale ed anche il vicino Castello del Valentino, di Carlo ed Amedeo di Castellamonte, già usata a fine ‘800 come Esposizione dell’Industria per poi diventare definitivamente prima Regia Scuola degli Ingegneri e quindi Facoltà di Architettura.
Una serie di opportunità quindi per una rispettosa e consapevole rinnovata funzione per un complesso che deve essere solamente ristrutturato per le funzioni per cui era stato progettato nel 1938: nel segno dell’innovazione, dell’ingegno italiano e della Bellezza.