“Prima o poi gli Usa dovranno fare una scelta. O la Turchia o l’organizzazione gulenista del terrore”. Dopo il fallito golpe avvenuto in Turchia il 15 luglio, la tensione tra Ankara e Washington non si è mai allentata. Ma la dichiarazione di Recep Tayyip Erdogan sembra un ultimatum. Il presidente turco, che pochi giorni fa ha fatto la “pace” con Vladimir Putin, è tornato sulla richiesta di estradizione di Fetullah Gulen avanzata agli Usa, dove da anni il predicatore ritenuto dalle autorità turche dietro al tentato colpo di Stato vive in esilio volontario. Il mese scorso alcuni media vicini al presidente avevano addirittura accusato la Cia di aver finanziato il golpe.
“O i golpisti, i terroristi di Feto (soprannome utilizzato in Turchia per indicare Gulen, ndr), o il Paese democratico che è la Turchia. Devono fare una scelta”, ha proseguito Erdogan, che la notte scorsa ha parlato davanti a una folla di persone riunite davanti al palazzo presidenziale. Ad Ankara che continua a chiedere la testa di Gulen aveva risposto il Segretario di Stato Kerry: “Dateci le prove del suo coinvolgimento” nei fatti del 15 luglio.
Il presidente ha quindi annunciato la fine delle “veglie della democrazia” che lui stesso aveva promosso dopo il tentativo di golpe e ha comunque invitato la popolazione a prestare la massima attenzione perché “il tradimento può arrivare da chiunque, da qualsiasi parte”.
Ancora una volta, poi, il presidente turco è tornato a ripetere che non c’è differenza tra il Pkk, il Partito curdo dei Lavoratori considerato da Ankara “organizzazione terroristica“, il sedicente Stato Islamico (Is o Daesh) e il movimento di Gulen, che vive in Pennsylvania. “Alla fine perderanno tutti coloro che seguono il ciarlatano della Pennsylvania che ha venduto l’anima al diavolo, che seguono Daesh, che fanno sì che venga versato il sangue dei musulmani o che seguono il Pkk che per 30 anni si è reso responsabile di spargimenti di sangue per dividere il Paese”, ha proseguito Erdogan che è tornato anche a parlare del possibile ripristino della pena di morte per chi sarà giudicato responsabile del fallito golpe e a sostenere che la decisione finale spetterà al Parlamento. Alla folla si è rivolto anche il premier turco Binali Yildirim, che per l’ennesima volta ha minacciato “pene severe” per gli “assassini. I golpisti credevano di poter sconfiggere la Nazione – ha detto – ma si sbagliavano”.
Intanto diciassette persone sono state arrestate a Istanbul in operazioni alla ricerca di sospetti del Pkk. Il sito web del quotidiano turco Hurriyet riferisce di blitz delle unità antiterrorismo della polizia in diversi quartieri della città. Lo stesso portale riferisce anche di una perquisizione nella sede del partito filocurdo Hdp nel quartiere di Beyoglu accusato di aver “ospitato riunioni di sospetti per l’organizzazione di manifestazioni non autorizzate”.