In principio furono gli “asini di Zaia”, acquistati nel 2004 alla fiera di Santa Lucia dall’allora presidente della Provincia di Treviso, oggi governatore del Veneto, per ripulire le scarpate della tangenziale di Postioma. Sono stati mandati in pensione un anno fa: esperienza naufragata tra esposti alla Corte dei Conti e denunce per maltrattamento di animali. Per un esperimento fallito, però, altri di robusta costituzione stanno spuntando e da Nord a Sud tornano gli animali “tosaerba”, estremo tentativo degli enti locali per risparmiar qualcosa.
L’ultimo arrivato in ordine di tempo è Geo, l’asino che da tre giorni “sfalcia” i bordi delle strade di Melpignano, il comune leccese noto per essere la culla della Notte della Taranta. È un esemplare di Martina Franca, razza autoctona in via d’estinzione, concesso a titolo gratuito, al momento, dall’Istituto regionale di incremento ippico per la Puglia. Ad adottarlo è stato il Comune, che ha sfidato gli scetticismi con il progetto “Il riscatto del somaro”. “In tempi di risorse scarse – spiega Valentina Avantaggiato, vicesindaca con delega all’Ambiente – sentiamo l’esigenza di formulare i servizi in nuove forme. Geo ci aiuterà a coadiuvare il lavoro del personale addetto alla manutenzione del verde ed è un rasaerba naturale, importante per noi che abbiamo messo al bando l’uso di pesticidi. Inoltre, è strumento di inclusione di chi è ai margini: ad occuparsi di lui sono cittadini seguiti dai Servizi sociali. Sentirsi utili, per loro, è fondamentale”. È anche una questione di costi: erba in abbondanza, fieno e stalla messi a disposizione dai residenti, costo pari a zero. In compenso, il risparmio di spesa stimato dagli uffici è di circa 3mila euro l’anno, destinati ad aumentare incrementando gli animali impiegati. Non proprio noccioline per un comune di 2mila abitanti.
Lo studio Enea: prova del 9 per il risparmio
Ciò che già funziona nel privato, tuttavia, ancora raramente è mutuato dal pubblico. Eppure, la prova del nove in tema di economie ottenute l’ha fornita direttamente l’Enea, con il suo apposito progetto pilota. Nel giugno 2011, cinque ciuchini hanno funto da decespugliatori a impatto zero sul prato attorno al Centro Ricerche della Casaccia. L’asino è stato scelto per le sue caratteristiche: mansueto e facile da gestire; in grado di adattarsi a climi e terreni diversi, anche scoscesi; capace di consumare una quantità di foraggio elevata in relazione alla sua massa corporea; ha un’ottima resa nel pascolo controllato (confinato con recinzioni elettrificate). E poi, si nutre di tutto, anche di piante di scarso valore foraggero.
Dopo i primi quattro mesi, il risultato è stato incoraggiante: “Questa prima fase del progetto – hanno scritto i ricercatori – ha dimostrato come gli asini siano in grado di contenere efficacemente la crescita della maggior parte delle erbacce, prevalentemente graminacee. Si è osservata una completa asportazione, pari ad alcuni millimetri, dal livello del terreno. Dal punto di vista economico, il progetto è un successo. L’intervento degli asini che, va ricordato, è stato realizzato a costo zero, ha consentito lo sfalcio di 2,5 ettari di terreno del Centro; di questi, un ettaro viene normalmente trattato con falciatrice, mentre 1,5 ettari vengono trattati con decespugliatore. Su base annua, il risparmio ottenuto si aggira sui 13mila euro, a fronte di una spesa sostenuta per la realizzazione delle recinzioni fisse e l’acquisto delle recinzioni mobili di circa 9.500 euro, il costo delle quali è quindi già stato ripagato”.
Le esperienze vincenti
È la Francia la regina dei tosaerba naturali: da quindici anni, l’eco-pascolo, specie nelle zone rurali, è la regola. Che ha conquistato nel 2013 anche la capitale: l’area antistante gli Archivi di Parigi è “manutenuta”, da aprile a ottobre, da quattro pecore nane provenienti dall’isola di Ouessant, in Bretagna. In Italia, la prima città a provarci è stata Torino: nel 2007, in quattro parchi cittadini hanno fatto la loro comparsa mandrie e greggi. Due anni prima, il Consorzio Forestale Valle Allione, nel Bresciano, aveva impiegato cinque asini sulle montagne di Malonno, a 1.600 metri di altezza. Nel 2009, l’ospedale di Asti ha dato il via alla svolta: sette somari a brucare l’erba attorno al nosocomio sotto il controllo dei pazienti del Centro di Salute Mentale di Nizza Monferrato.
Quest’anno, l’accordo tra il comune di Ferrara e un pastore di Brescia ha dirottato la transumanza a ridosso delle Mura Estensi, dove le malerbe sono state spazzate via da 700 pecore. A L’Aquila, Coldiretti ha siglato un accordo con il sindaco: per 18 mesi, il taglio dei prati sarà affidato agli ovini di giovani imprenditori agricoli. Progetti a lunga durata e strutturati, tuttavia, se ne contano ancora troppo pochi: a parte i noti asini netturbini di Castelbuono, in provincia di Palermo, sono soprattutto piccoli centri e comunità montane a provarci, incentivando il recupero naturale di pascoli inselvatichiti e puntando sugli animali per risparmiare anche i centesimi. E poi ci sono le capre arrivate in almeno due caserme della Marina Militare in Puglia al Veneto. “Se non bastano i soldi per falciare i prati, potete comprare delle caprette”, aveva detto l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, in visita a una caserma pugliese, contrariato dall’erba alta. Forse intendeva fare una battuta. Ma le caprette nelle caserme sono arrivate lo stesso.