Il rapporto sulla finanza locale del gruppo che gestisce il risparmio postale considera anche le quote detenute in fondazioni, associazioni, coop e consorzi: "Dal 2013 aumentate del 14,5%. Considerevole concentrazione di criticità, inefficienze e distorsioni nell’utilizzo, spesso politico, dello strumento societario"
Nella settimana in cui il consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo al decreto che negli auspici del governo dovrebbe ridurre le partecipate pubbliche “da 8mila a mille”, la Cassa depositi e prestiti mette nero su bianco che se si contano anche le partecipazioni di minoranza e indirette in fondazioni, associazioni e coop si arriva a oltre 48mila, per la precisione 48.896 di cui 35.034 dirette e 15.944 indirette (dati aggiornati al maggio di quest’anno). Non solo: il numero “è in costante crescita nonostante gli obblighi di dismissione e razionalizzazione imposti nel tempo dal legislatore e suggeriti dal programma di governo sulla spending review (c.d. Piano Cottarelli)”, si legge nel report Finanza locale 2016 a cura del Centro studi e ricerche dell’ente che gestisce il risparmio postale degli italiani. Rispetto al 2013 le partecipazioni “sono aumentate del 14,5%, con una crescita del 7% del numero dei soggetti partecipati”.
La forma societaria risulta la soluzione più gettonata, con una preponderanza delle società a responsabilità limitata (34%) e delle società per azioni (24%), seguite dalle società consortili (12%) e dai consorzi (11%). Il restante 19% è rappresentato da altre forme giuridiche come società cooperative, fondazioni, associazioni e aziende speciali. Il 23% delle partecipate locali opera nei settori dei servizi pubblici di rilevanza economica a rete (elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto pubblico locale). Il 13% delle società pubbliche fornisce beni o servizi strumentali all’ente socio, mentre una percentuale rilevante di partecipate pubbliche (22%) non svolge attività di servizio pubblico, bensì vende beni e servizi al pubblico in mercati concorrenziali.
Via Goito sottolinea che in molte di queste aziende “si è registrata una considerevole concentrazione di criticità, inefficienze e distorsioni nell’utilizzo, spesso “politico”, dello strumento societario, con ripercussioni negative sulla finanza locale in termini di spesa pubblica poco sostenibile e di ridotta competitività e capacità di investimento anche nei settori strategici dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”. Basti pensare ad alcuni dati che emergono dalla relazione della Corte dei conti: 988 società hanno un numero di addetti inferiore ai membri del Consiglio di amministrazione, 2.479 hanno un numero di addetti inferiore a 20, 1.600 hanno un valore della produzione inferiore al milione di euro.
Nel 23,3% dei casi la sede delle imprese partecipate è situata nel Centro Italia (54,4% degli addetti). Di particolare interesse è l’analisi del segmento delle società partecipate dagli enti locali: il 42% del totale svolge servizi pubblici privi di rilevanza economica, senza finalità di lucro, gravando sostanzialmente sulla fiscalità generale. Alcuni dati interessanti sugli addetti, la quota di partecipazione e la tipologia di attività svolta dalle partecipate pubbliche, continua il rapporto, si possono trarre dall’ultimo rapporto dell’Istat. In particolare il numero di addetti impiegati in 7.757 partecipate pubbliche risulta pari a 927.559.
Esiste un numero molto elevato di micropartecipazioni, continua il report, la cui quota nella maggior parte dei casi è maggiore del 50% o inferiore al 20%. Più di 2.000 società sono, infatti, partecipate da un soggetto pubblico con una quota inferiore al 20%. Solo il 13,8% degli organismi partecipati detiene, invece, una quota compresa tra il 20% e il 50%.