Cassarà, Baldini, Avola e Garozzo perdono (male) contro gli Stati Uniti (Miles Chamley-Watson, Alexander Massialas, Gerek Meinhardt, Race Imboden): 45 a 31e neiente medaglia
Il fioretto azzurro è fuori dal podio ai Giochi di Rio de Janeiro 2016 nella prova a squadre maschile. Non succedeva da vent’anni. È una sconfitta pesante, che matura nella figuraccia in semifinale contro la Francia e diventa realtà nello spareggio per il terzo posto contro gli Stati Uniti. Il bronzo, comunque una mezza delusione per le attese della vigilia, sarebbe servito a tutta la scuola del fioretto e della scherma italiana. Invece nulla: gli azzurri chiudono solo quarti in una gara in cui partivano da favoriti assoluti.
Non è bastata la presenza nel quartetto del giovane Garozzo, fresco di medaglia d’oro nell’individuale, a garantire all’Italia una medaglia che sembrava praticamente scontata alla vigilia. Gli azzurri si presentavano come campioni in carica di Londra 2012, campioni iridati di Mosca 2015, numeri uno del ranking. Sono andati fuori in semifinale contro la Francia, che due anni fa ai Mondiali avevamo letteralmente demolito, con un punteggio quasi umiliante: 45-30. Le cause sono molteplici, ma all’Italia è mancato evidentemente il terzo uomo. Gli assalti di Andrea Cassarà e Andrea Baldini sono stati un calvario: in semifinale 2-8 per il primo e 1-10 per il secondo; in finale il devastante 0-8 subito da Baldini quando eravamo in vantaggio ha compromesso definitivamente il torneo.
Sarebbe comunque ingeneroso prendersela con Cassarà e Baldini, guerrieri di mille battaglie, quattro medaglie olimpiche in due (il primo anche bronzo individuale ad Atene 2004), entrambi oltre le soglie dei 30 anni e all’ultima Olimpiade. Divisi in passato dalle gelosie (e dal famoso complotto che negò a Baldini i Giochi di Pechino 2008), uniti oggi in pedana nella difficoltà: Cassarà arrivato a Rio dopo una stagione tormentata dagli infortuni ed evidentemente fuori condizione; Baldini convocato come riserva e gettato nella mischia a freddo. Avrebbero potuto e dovuto fare meglio, ma una giornata storta non può rovinare una grande carriera, ormai alla fine. Lo stesso Garozzo, del resto, è apparso sottotono: dal neo-olimpionico ci si sarebbe aspettati qualcosa in più, ma probabilmente a 24 anni e all’esordio ai Giochi non gli si poteva chiedere anche di trascinare una squadra emotivamente fragile e fisicamente in difficoltà. La sua Olimpiade è comunque straordinaria. Persino Giorgio Avola, probabilmente il migliore in pedana, non è riuscito a scacciare i fantasmi della prova individuale, dove Massialas lo aveva rimontato nei quarti da 14-8 alla vittoria al supplementare, e si è fatto rimontare di nuovo anche in finale.
Il risultato è un 45-31 anche nello spareggio per il terzo posto, che non ammette repliche. Il bronzo se lo prendono gli Stati Uniti di Alexander Massialas (il più forte fiorettista in circolazione), Miles Chamley-Watson e Gerek Meinhardt, la squadra che avremmo pensato di sfidare per l’oro. A contendersi la vittoria, invece, saranno Francia e Russia, e questo non fa che aumentare i rimpianti per un trionfo sfumato che si è trasformato in disfatta. Per la prima volta negli ultimi vent’anni la squadra di fioretto maschile è fuori dal podio olimpico: dopo l’oro di Londra 2012 e di Atene 2004 (con in mezzo la pausa per rotazione nel programma a Pechino 2008), dopo il bronzo di Sydney 2000, gli azzurri sono solo quarti. Come ad Atlanta ’96, anche allora dopo che un altro italiano (Alessandro Puccini) si era appena laureato campione nell’individuale. Coincidenza sinistra che si è ripetuta a Rio 2016. Non è la fine del mondo, e nemmeno la fine di un’epoca (l’oro del 24enne Garozzo fa comunque sperare per il futuro). Ma una sconfitta che ricorderemo per anni, sì.