Recep Tayyip Erdogan ha ampiamente mantenuto la promessa di “farla pagare” ai “traditori” coinvolti nel fallito colpo di stato dello scorso 15 luglio. Circa 60mila persone sono state arrestate, interdette o sollevate dai pubblici uffici dal presidente turco in meno di un mese: dipendenti pubblici, insegnanti, militari, rettori. A queste categorie va adesso aggiunta quella degli ex calciatori: un mandato d’arresto è stato spiccato nei confronti di Hakan Sukur, ex stella della nazionale turca che ha vestito anche le maglie di Torino, Inter e Parma, per l’accusa di “far parte di un gruppo terrorista armato”.
Sukur, secondo l’agenzia ufficiale Anadulu, si troverebbe negli Stati Uniti e sarebbe coinvolto nell’organizzazione che fa capo al predicatore religioso Fethullah Gulen, ritenuto dall’Akp il regista del mancato golpe, e per la cui estradizione dagli Usa, dove si trova in esilio volontario, è in atto un’aspra contesa diplomatica con Washington: “Prima o poi gli Usa dovranno fare una scelta. O la Turchia o l’organizzazione gulenista del terrore”, ha dichiarato Erdogan giovedì 11 agosto in quello che è parso un ultimatum.
L’ex calciatore è uno dei principali idoli sportivi del paese: miglior marcatore di sempre della nazionale turca con 51 gol, ha fatto la storia del Galatasaray negli anni Novanta e Duemila vincendo otto titoli nazionali e una Coppa Uefa, prima di alcune sfortunate esperienze nel campionato italiano e inglese. Dopo il ritiro, Sukur si era impegnato in politica nell’Akp, il partito islamico-conservatore turco di cui è a capo lo stesso Erdogan. Eletto in Parlamento nel 2011, ha rotto poi con il premier dopo l’avvicinamento a Hizmet, il movimento religioso dell’imam Gulen. Lo scorso 16 giugno si era già aperto a Istanbul un processo a suo carico per aver “insultato” Erdogan su Twitter. In quell’occasione il suo avvocato, Ali Onur Guncel, aveva annunciato il trasferimento di Sukur negli Usa.