Donne

Vignetta Boschi, se il sessismo è un dato di Fatto

Rivolgo queste considerazioni a lettrici e lettori ma anche al vignettista Riccardo Mannelli, al Direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, al Direttore del fattoquotidiano.it Peter Gomez. Personalmente accolsi con entusiasmo la nascita di questo giornale, che immaginavo portavoce di informazione di qualità e spirito progressista. In parte penso sia avvenuto. Ma con “il femminile” qualcosa non torna e invito seriamente a rifletterci, anche a costo di mitigare le simpatie dei molti commentatori rigurgitanti trivialità verso le donne che commentano qualsiasi post vagamente sospetto di “femminismo”.

Potrà sembrare ridondante tornare sul tema co(s)ce Boschi, che un certo Marco T, da me erroneamente scambiato nella precedente versione del post per il Direttore Travaglio (e di questo mi scuso con lui e con lettrici e lettori), ha liquidato nei commenti del post di Nadia Somma invitando i ridicoli guelfi e ghibellini ad “andare in vacanza e trombare di più”. E’ proprio questa superficialità nel negare o ridicolizzare la questione come se fosse un vezzo vetero-femminista che mi spinge a tornare sul tema.

Il sessismo è tutt’altro che un vezzo frivolo. E’ però talmente pervasivo da poter non essere rilevato come merita: nei media, nelle pubblicità, nell’agone politico con esternazioni sempre più triviali, nel lavoro, nello sport (ne sanno qualcosa le nostre olimpioniche “cicciottelle”). Pochissimi, anche tra quelli che lo identificano, vedono la chiarezza di un collegamento e collusione con quel sottobosco culturale che incoraggia la violenza di genere. Questo è un passaggio negato da molti, come il commentatore che banalizza il tema invitando a scopare di più a cui sfugge che quello che avviene troppo spesso in una coppia o ex non è proprio fare sesso ma che lui uccida lei.

Occorre aver studiato le ragioni dei fenomeni per capire. Qui mi limito a citare la criminologa Isabella Merzagora che sostiene che una delle principali motivazioni dell’uomo abusante, quasi mai vittima di raptus o problemi psichiatrici, risiede nell’ “adesione a una sottocultura di discriminazione di genere” che ritiene che il maschio abbia “il possesso della donna e il controllo assoluto nella coppia”. E’ il vecchio ma sempreverde concetto di oggettivazione della donna. Se io non riconosco le dignità di persona, se la smembro in parti anatomiche, se l’arma con cui la contesto politicamente è il suo corpo sessualizzato senza alcuna attinenza di merito; allora essa diventa una cosa.

Una cosa che si può usare, possedere, punire, violentare, uccidere. Trombiamo in allegria e la finiamo con il ridicolo di polemiche oziose? Be’, Direttore. Chi ha la responsabilità di dirigere un giornale, che per altro spesso fa ottime inchieste proprio sul femminicidio, dovrebbe conoscere il nesso tra violenza di genere e sessismo: e mi aspetto che ne tenga conto. Oltre al benealtrismo di chi ci invita ad occuparci di questioni più serie (SIC), che dire delle grandi argomentazioni lette in questi 2 giorni a difesa della vignetta di Mannelli?

1. Libertà di satira, non eravamo tutti Charlie Hebdo? Un’argomentazione che vede nientedimeno che Dario Fo in prima linea (chissà se Franca Rame sarebbe stata d’accordo). Io la penso come Stefano Moriggi: il “politicamente Scorretto” che connota la satira – che DEVE essere libera nella forma e contenuto – non significa che qualunque volgarità meriti la nobile etichetta. La satira deve avere un senso, mettere alla berlina qualcosa o qualcuno per ciò che rappresenta e le sue contraddizioni. Non c’è satira nella vignetta di Mannelli perché manca il nesso tra le co(s)ce, della Ministra, opportunamente zoomate dal fotografo e poi dal disegnatore (la scostumata era scosciata quindi se l’è cercata), e riforme di cui dovrebbe occuparsi verso le quali il Fatto Quotidiano è lecitamente critico. E’ un’umiliazione fisica con connotazione sessuale gratuita: ecco perché sessista. Ogni donna sa che con un abito al ginocchio può capitare, sedendosi, di scoprire qualche centimetro in più di coscia, e allora? Solo un popolo di guardoni repressi può ipotizzare che Boschi, come molti sostengono, usi deliberatamente il suo bel corpo per adescare consensi. E qui siamo davvero al maschilismo più becero e a una considerazione dell’uomo davvero di infimo livello.

2. Che dire allora delle celebri macchiette di politici maschi incentrate su veri o immaginari (metaforici) difetti fisici? Lo Spadolini di Forattini – bambinone sempre nudo e con il pisellino -, la gobba di Andreotti, lo strabismo di Gasparri, gli esiti dell’ictus di Bossi, Prodi-mortadella, l’”ebetino” Renzi, Berlusconi con faccia di cera e capell dipinti … Etc.

Rispondo:

a) creare un personaggio comico per mettere alla berlina il potere e le sue contraddizioni fa parte della satira politica e non ha certo, né lo si desidera, risparmiato le poche donne di potere. Tra cui la stessa Boschi in coppia con Madia rappresentate come veline di Renzi negli spettacoli di Crozza, Pivetti colta nella sua rigidità monacale ai tempi della Presidenza della Camera, la giornalista Annunziata con il suo strabismo, etc. Perché non è sessismo? Perché la satira è rivolta al personaggio, che viene ridicolizzato senza attaccare “appartenenze collettive” come il genere. Contestereste Obama facendo riferimento alla razza o alla schiavitù dei suoi avi per biasimare una sua posizione politica? E’ satira paragonare la ministra Kyenge a un orango (Calderoli)? Ridicolizzare Boschi usando le sue cosce scoperte è un’offesa a tutte le donne perché si usano stereotipi sessisti (le donne che si devono preoccupare della cellulite, cogliendo al volo un suggerimento del Direttore del Fatto Quotidiano che non ha resistito a fare un po’ di body-shaming) e soprattutto umilianti richiami sessuali (le cosce scoperte) che nulla hanno a che vedere con la tesi proposta dal FQ, ovvero l’assenza di pensiero politico della Ministra. Senza peraltro suscitare la risata irriverente che la vera satira sa evocare.

b) Praticare sessismo verso le donne è particolarmente dannoso in questo momento storico. Per dirla alla Massimo Lizzi, assai critico verso la misoginia crescente del Fatto Quotidiano, “lo sfondo storico, culturale, sociale è patriarcale, stereotipi e pregiudizi verso un sesso o verso l’altro non pesano allo stesso modo e i rovesciamenti non sono riparatori”. Inoltre si sta assistendo a un imbarbarimento generale dei toni della politica e dei media che coinvolge anche la gravità e frequenza degli attacchi sessisti: “Cosa ci fareste con la Boldrini in macchina (Grillo)”, “Boschi trivellata dai Pm” (Travaglio), la bambola gonfiabile – Boldrini sul palco (Salvini), solo per citare le prime che mi vengono in mente. Questi attacchi cortocircuitano dolorosamente nella mia mente con la violenza sulle donne di cui utilizzano parole pensieri e immaginario.

3. Ci si stracciano le vesti solo quando le donne offese sono del Pd. Se probabilmente per qualcuno è vero non è così in generale e rimane nel caso un gravissimo errore. Ricordo allusioni sessuali ripugnanti verso Carfagna, gesti trucidi in parlamento rivolti a deputate 5s e personalmente ho tirato le orecchie a Bertolaso quando volle sfruttare la gravidanza di Meloni argomentando che “il momento più bello dellla vita di una donna” non fosse compatibile con il ruolo di sindaca o vice. Io sono sempre stata dalla stessa parte: con qualunque donna bersaglio d un attacco sessista.

Per concludere. Viviamo un’epoca in cui la pubblicità del corpo sessuato della donna conquista sempre più terreno, tanto che si è arrivati a utilizzarlo nelle campagne oncologiche a difesa della salute della donna (ne ho scritto qui); immagini e claim sono sempre più espliciti e allusivi ad arrivare al femminicidio come brand.

Personalmente ho un’opinione politica forse più severa di quella del Direttore del Fatto Quotidiano sulla Ministra Boschi, ma penso che la più dura delle critiche debba essere esente da sessismo: sarebbe anche più efficace. Non posso pensare che Marco Travaglio, di cui ho letto quasi tutti i libri, che seguo da anni in TV e che leggo regolarmente, liquidi una questione così seria con un editoriale satirico (quello sì) del 12/08 che in sostanza non affronta la questione sessismo. Io non sono giornalista e il mio strumento di lavoro è il bisturi. Ma so bene che le parole in mano a professionisti possono scomporre esattamente come un bisturi una donna come Boschi in carne da macello con culo-tette-cosce in vetrina, sostituendo così la critica politica con l’umiliazione sessuale. E, ancora più grave, con ciò avallando l’idea di molti sciagurati che trattano le donne come pezzi di corpo di cui abusare. Rischiando di alimentare l’humus culturale che produce ogni 2 giorni quei femminicidi che tanto alimento danno alle cronache dei vostri quotidiani e verso i quali ci chiediamo ingenuamente (e ipocritamente): che fare?