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Sziget, la difficile vita dell’astemio (che non usa droghe) nell’isola della libertà

Alcool a fiumi e sostanze stupefacenti a ogni angolo (anche se rispetto agli altri anni i controlli sono più serrati): la settimana del festival sull'isola di Obuda a Budapest è dura per i sobri, che però ricordano ciò che hanno visto e vissuto

di Domenico Naso

BUDAPEST – Se sei astemio (sì, gli astemi esistono davvero), sopravvivere a una settimana di musica, lunghe scarpinate e pochissime ore di sonno diventa un’impresa quasi titanica. Soprattutto se, oltre che astemio, non fai uso di nessuna sostanza stupefacente. Perché è inutile girarci intorno: ai festival musicali, soprattutto se sono di dimensioni mastodontiche come lo Sziget di Budapest (siamo attorno alle 500mila presenze in una settimana), alcool e droga sono all’ordine del giorno. Che sia giusto o sbagliato farne uso è un altro paio di maniche, ma il dato di fatto è che circolano, e anche tanto, tra le tende e i palchi dell’isola di Obuda. L’alcool, ovviamente, è regolarmente venduto negli innumerevoli stand disseminati lungo il percorso. La birra è gettonatissima, anche perché la maggioranza dei ragazzi che ogni anno fanno una capatina in Ungheria per lo Sziget vengono da Olanda e Gran Bretagna e di birra se ne intendono. I cocktail sono spesso serviti in secchielli molto simili a quelli che usavamo in spiaggia da bambini. Ufficialmente perché trattasi di un cocktail cumulativo, con 4 o 5 cannucce a disposizione di un gruppo di amici, ma in realtà, spesso, è un solo temerario a scolarsi l’abbondante litro di intruglio alcolico.

La droga è formalmente illegale persino qui, sull’isola della libertà, ma è inutile negare che di droga ne circoli assai. L’erba te la tirano dietro e in questo paradiso anarchico è poco più di una sigaretta di tabacco. Dall’erba in su, però, l’affare si complica. Nel senso che, perlomeno, devi impegnarti un po’ di più se vuoi avere accesso a sostanze più pesanti. E le cose comunque vanno “peggio” (dipende dai punti di vista) rispetto agli anni passati, o almeno è quello di cui si lamenta Andrea, ventenne di Verona al suo terzo Sziget: “Quest’anno ci sono i metal detector, controllano le borse, è più difficile portare qualcosa da fuori. Devi affidarti a quelli che vendono qui, ma la cosa buffa è che loro riescono a far entrare un sacco di roba e noi no”. Ma che tipo di sballo è quello che si incontra da queste parti? Andrea non ha dubbi: “E’ sopravvivenza! Prova tu a resistere sette giorni, 24 ore su 24, in questa bolgia infernale. Dormiamo due ore a notte e poi si ricomincia daccapo”. Uno psichedelico giorno della marmotta che però è proprio quello che molti dei giovani presenti cercavano: “E’ una settimana l’anno – è ancora Andrea a parlare – mica viviamo così da gennaio a dicembre!”. Nessuno, forse neppure la più viziosa delle rockstar, potrebbe vivere così da gennaio a dicembre. Il ciclo sonno-veglia va a farsi benedire, si beve a tutte le ore, e di notte, dopo che i palchi principali hanno chiuso i battenti, cominciano i megaparty con dj strafamosi a fare da cerimonieri.

Chi non si droga ce la può fare, ovviamente, perché fare di tutta l’erba un fascio non è mai cosa saggia, ma chi non beve ha sicuramente qualche difficoltà in più: birre, max-mojitos e shottini sono la benzina che muove il forsennato motore di questi ragazzi. All’alba, quando tutto è finito (e marzullianamente tutto sta per ricominciare), chi ha scelto di campeggiare sull’isola si trascina stancamente verso le tende, come tanti zombie che hanno appena finito di pasteggiare a cervelli e ora vagano senza meta. È una scena un po’ triste, in effetti, soprattutto se pensi a quanta vitalità dimostravano fino a neanche un’ora prima. Ma il corpo umano può adattarsi fino a un certo punto ai ritmi folli dello Sziget Festival. Poi crolla, per fortuna, perché ha bisogno di recuperare un minimo di forze. Chi non beve e non si droga, però, conclude la nottata di bagordi allo stesso identico modo, perché magari è più dura sopportare 13 o 14 ore di feste e concerti, spintoni e sudore, gente che piscia alla bell’e meglio al primo cespuglietto che incontra, ma alla fine la conseguenza è la stessa: ti ritrovi a camminare, da sobrio, tra gli zombie di cui sopra. All’inizio li compatisci, fai un po’ il moralista bacchettone, ti ripeti che in fondo sei meglio tu, che riesci a divertirti anche senza alcol o droghe. Però di colpo scatta l’epifania e capisci che sei più o meno come loro, distrutto da una notte folle e senza “aiutini”. Con la differenza che loro, almeno, quello che hanno fatto lo ricordano a malapena. E forse è meglio così.

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