L'associazione Nessuno Tocchi Caino chiede di trasferire alcuni detenuti dalle prigioni di massima sicurezza del Nord al carcere romano, per prendere parte al raduno dei partito Radicale nei primi giorni di settembre. Nella lista di ergastolani ci sono pezzi da Novanta di Cosa nostra e camorra, condannati per le stragi, ma anche per omicidi eccellenti come quello del giudice Livatino. Il Dap: "Richiesta da valutare". Il sindacato della polizia penitenziaria: "Ogni spostamento costa 5mila euro, si vuole svuotare di senso del 41 bis"
C’è Gioacchino Calabrò, il boss di Cosa nostra condannato per le stragi del 1993 a Firenze, Roma e Milano, e c’è Giuseppe Lucchese, alias “occhi di ghiaccio”, uno dei più spietati killer agli ordini dei corleonesi di Totò Riina. E poi c’è Giovanni Alfano, ritenuto colpevole dell’omicidio di Silvia Ruotolo, uccisa per sbaglio in una sparatoria in strada a Napoli nel 1997, ma anche Nicola Mocerino, condannato per l’assassinio del contrabbandiere Giuseppe Averaimo, ammazzato per strada insieme al nipote, il piccolo Gioacchino Costanzo di due anni. Ma ci sono anche Salvatore Calafato, Giovanni Avarello e Gaetano Puzzangaro, i mafiosi della Stidda che nel 1990 ordinarono ed eseguirono la condanna a morte per Rosario Livatino, il “giudice ragazzino”. Sono solo alcuni dei possibili partecipanti al quarantesimo congresso del partito Radicale, che si terrà dall’1 al 3 settembre prossimo nel carcere romano di Rebibbia. La questione è al momento sul tavolo del Dipartimento amministrazione penitenziaria che la sta valutando attentamente. “Non abbiamo ancora confermato nulla, stiamo ancora studiando la vicenda che non è così immediata da mettere in pratica: i detenuti andranno comunque in un carcere e non certo da uomini liberi”, dice al fattoquotidiano.it Santi Consolo, massimo dirigente del Dipartimento amministrazione penitenziaria. Si dice invece intenzionato a non concedere nessuna autorizzazione il ministro della Giustizia Andrea Orlando che a ilfattoquotidiano.it ha comunicato di non essere stato a conoscenza della vicenda fino alla lettura dell’articolo.
La platea di ergastolani per il congresso dei Radicali – La vicenda è delicata. Perché l’istanza arrivata sul tavolo del Dap riguarda una pletora di ergastolani: boss affiliati a Cosa nostra, alla camorra e alla Sacra corona unita, riconosciuti colpevoli della morte di servitori dello Stato, di civili, persino di bambini. Sono tutti iscritti al partito Radicale e hanno tutti dato la propria disponibilità a partecipare al primo congresso convocato dopo la morte di Marco Pannella. Problema: nessuno di loro si trova nel carcere di Rebibbia, anzi – essendo tutti o quasi ex detenuti in regime di 41 bis – sono reclusi in penitenziari del Nord, attrezzati con i reparti di massima sicurezza, ma lontani da Roma. Occorre dunque trasferirli nel penitenziario capitolino per la durata del congresso. Ed è questo l’oggetto della lettera inviata dall’associazione Nessuno tocchi Caino allo stesso Consolo, a Massimo De Pascalis e a Roberto Piscitello, rispettivamente capo, vice capo e direttore generale del Dap.
La richiesta dei Radicali: trasferite i boss a Roma – “Negli incontri tenuti tra il 4 e il 5 agosto scorsi nelle Case di Reclusione di Opera, Voghera e Parma, i sottoelencati detenuti hanno manifestato la loro disponibilità a essere trasferiti temporaneamente per partecipare, in quanto iscritti, al Congresso del partito Radicale. Nel formalizzare con questa lettera il nostro invito ai detenuti a partecipare e la richiesta di autorizzare il trasferimento temporaneo nel suddetto Istituto, teniamo a evidenziare l’importanza del congresso, il primo che si svolgerà in assenza di Marco Pannella e durante il quale i detenuti che lo hanno conosciuto potranno portare la loro testimonianza di ricordo nei suoi confronti e di condivisione delle sue battaglie storiche, a partire da quelle per la giustizia e il carcere, che saranno al centro del dibattito congressuale. I detenuti invitati sono anche tra coloro che, condannati per reati ostativi, o insieme a noi, stanno animando il progetto Spes contra Spem volto anche al duplice e concreto obiettivo di una rottura esplicita con logiche e comportamenti del passato e, quindi, di una maggiore fiducia nelle istituzioni”, scrive il 6 agosto scorso Sergio D’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, in una lettera (firmata anche dalla presidente Rita Bernardini) inviata ai vertici del Dap e per conoscenza ai direttori dei penitenziari di Parma, Voghera e di Milano Opera.
Gli spettatori: stragisti, boss mafiosi e killer – In allegato c’è la lista dei detenuti da trasferire per quattro giorni nella capitale. In totale sono 44, e quasi tutti sono stati detenuti al 41 bis: di questi 42 sono oggi reclusi in sezioni Alta Sicurezza, cioè i circuiti penitenziari dedicati agli appartenenti alla criminalità organizzata ai quali non è stato rinnovato il regime di carcere duro, mentre solo due sono tra i carcerati comuni. Nella lista c’è un po’ di tutto: dagli stragisti come Calabrò, ai leggendari killer dei corleonesi come Lucchese, condannato – tra le altre cose – per l’omicidio del commissario Ninni Cassarà, del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e del brigadiere Antonino Burrafato, dai camorristi Pacifico Esposito, Felice Falanga e Alfonso Agnello, fino ad esponenti della Sacra Corona Unita come Francesco Campana e Giovanni Donadiello, passando per Dragomir Petrovic, il capo della banda degli slavi, nemico storico di Renato Vallanzasca. Nessuno ha deciso di pentirsi, collaborando con i magistrati (a parte Gaetano Puzzangaro, tra i killer del magistrato Livatino, che ha “saltato il fosso” nel giugno scorso), anzi c’è chi continua a mantenere strettissimi legami con l’associazione mafiosa d’appartenenza nonostante la condanna al fine pena mai: è il caso di Santo Battaglia, boss di primo piano del clan dei Santapaola a Catania, che – secondo i collaboratori di giustizia – ha continuato a ricevere dalla sua cosca uno stipendio mensile di mille e cinquecento euro. Poi ci sono i “redenti”: come Claudio Conte, killer della Sacra Corona Unita che in carcere si è laureato in giurisprudenza, o Giuseppe Grassonelli, affiliato alla Stidda mafiosa di Agrigento, arrestato e condannato per una serie di omicidi nei primi anni ’90, oggi laureato in lettere moderne con 110 e lode e autore di un libro che vinto il premio Leonardo Sciascia.
Gli spostamenti? “Costano 5 mila euro l’uno” – Sono questi alcuni dei possibili spettatori del prossimo congresso dei Radicali, i detenuti che il Dap dovrebbe trasferire dai rispettivi penitenziari di massima sicurezza fino al carcere capitolino. Un trasferimento imponente per il quale sarebbero necessari 44 mezzi blindati diversi, con altrettanti detenuti, scortati da agenti armati, o addirittura – come si è ipotizzato ai piani alti della polizia penitenziaria – un intero volo charter da riempire con i pezzi da Novanta di Cosa nostra, camorra e Sacra corona unita. “Onestamente continuo a non volerci credere. L’ordinamento penitenziario è chiaro in questi casi: i trasferimenti dei detenuti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari, ma non prevede nulla nel caso di un congresso di partito”, dice Leo Beneduci, segretario generale dell’ Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp). “Posso anche capire – continua – che alcuni di questi ergastolani si siano laureati e forse non sono più le persone di vent’anni fa, ma c’è una legge che li ha condannati per crimini gravissimi e in questo modo sembra che si voglia continuare a diluire e svuotare di significato sia l’ergastolo che il 41 bis, conquiste della lotta contro le mafie e dell’immenso tributo di sangue versato dagli uomini dello Stato come dai comuni cittadini”.
Il killer del secondino va in albergo? – E poi c’è anche una questione economica. “In passato – spiega sempre Beneduci – ci si è lamentati del fatto che un solo trasferimento di un detenuto in regime Alta Sicurezza, per le precauzioni che richiede, costa all’erario dai 3 mila ai 5 mila euro e qui si parla di movimentarne oltre 40, sia all’andata che al ritorno. Mi domando: perché non potevano partecipare al congresso in videoconferenza utilizzando le reti interne dei penitenziari?”. Per la verità almeno due detenuti potrebbero arrivare a Roma con mezzi autonomi. “Nel caso in cui, tra i suddetti detenuti vi siano persone che chiedano di partecipare al Congresso grazie a un permesso premio – come Cannavò Roberto e Ferlito Giuseppe che si sono espressi in tal senso -, questa lettera valga anche da invito da inoltrare al Magistrato di Sorveglianza. A tal fine, manifestiamo sin da subito la nostra disponibilità a individuare accompagnatori di nostra fiducia e a indicare anche l‘albergo per il loro pernottamento“, scrive sempre l’associazione Nessuno Tocchi Caino in calce alla lista dei possibili spettatori del congresso. Cannavò è un un killer del clan dei Cursoti, catanese come Ferlito, condannato per l’omicidio dell’agente di polizia penitenziaria Luigi Bodenza. Era il marzo del 1994, Bodenza stava rientrando a casa alla fine di un lungo turno di lavoro nel carcere di Catania, quando venne affiancato da un’auto e massacrato a colpi di fucile: l’omicidio era stato ordinato per dare un segnale alle guardie carcerarie affinché trattassero bene i detenuti al 41 bis. Se il magistrato di sorveglianza dovesse dare il suo via libera e anche dal Dap dovesse arrivare il nulla osta, dunque, il killer di Bodenza potrebbe raggiungere la Capitale senza scorta armata, pernottando in un albergo della Capitale, per partecipare al congresso dei Radicali. A fargli compagnia quattro decine di ex sicari, boss mafiosi e mandanti di stragi. Nessuno tocchi Caino, per carità. Ma ogni tanto un pensiero ad Abele bisognerebbe pur farlo.
Twitter: @pipitone87
Aggiornato da Redazione alle 20.09