Il Codacons ha presentato il ricorso perché "nulla è stato fatto a distanza di oltre un anno dall’esecutività della sentenza della Corte Costituzionale" che ha dichiarato illegittimo da luglio 2015 il congelamento dei contratti collettivi del personale pubblico. Nella Stabilità per il 2016 sono stati stanziati per i rinnovi 300 milioni. La Uilpa: "Servono almeno 7 miliardi"
Il Codacons, come annunciato a gennaio, ha presentato il primo ricorso collettivo al Tar del Lazio contro il blocco degli stipendi nel pubblico impiego. “Nulla è stato fatto”, scrive l’associazione per la difesa dei diritti dei consumatori in una nota, “a distanza di oltre un anno dall’esecutività della sentenza della Corte Costituzionale“, che aveva dichiarato illegittimo a partire da luglio 2015 il congelamento dei contratti collettivi del personale pubblico.
Di qui la class action a cui hanno aderito 2mila lavoratori, che è “finalizzata – si legge – ad ottenere la condanna al risarcimento del danno subito da ciascun ricorrente per il periodo compreso tra il 30 luglio 2015 e tutt’oggi, e alla corresponsione di un equo indennizzo, a compensazione del sacrificio imposto ai ricorrenti per effetto del mancato adeguamento del trattamento economico-stipendiale, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 30 luglio 2015, anche a titolo di arricchimento senza causa dell’amministrazione, per un totale complessivo di 10.400 euro a lavoratore”, conclude la nota dell’associazione. Se la stessa cifra dovesse essere restituita a tutti i 3,2 milioni di lavoratori pubblici, lo Stato dovrebbe sborsare oltre 33 miliardi.
Dopo la sentenza della Consulta, il 26 gennaio il Codacons ha diffidato Asl, ministeri, Regioni, Province, Comuni, ospedali e altri enti pubblici a darne “immediata esecuzione” provvedendo alle procedure contrattuali e negoziali relative al nuovo triennio 2016-2018 per il personale. Ma il governo, nella legge di Stabilità per il 2016, ha stanziato per il rinnovo solo 300 milioni. E a giugno il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha deciso che gli aumenti retributivi riguarderanno solo i lavoratori con i redditi più bassi: probabilmente la soglia sarà quella dei 26mila euro lordi annui. I sindacati non mancano di ribadire che i soldi sono troppo pochi: sempre martedì il segretario generale della Uilpa, Nicola Turco, ha diffuso una nota in cui quantifica in 7 miliardi il costo di un rinnovo triennale dei contratti e sostiene che “è questa la cifra che il governo deve mettere sul piatto della bilancia, diversamente sarebbe ragionare sul nulla”. Il confronto ripartirà a settembre.
Nel frattempo, appunto, si è mosso il Codacons. Nel ricorso si legge che “è stato violato l’obbligo di provvedere sancito dall’art. 47 bis, D.lgs. 165/01, che al comma 2 impone il riconoscimento, ai dipendenti dei rispettivi comparti di contrattazione, a decorrere dal mese di aprile dell’anno successivo alla scadenza del contratto collettivo, qualora lo stesso non sia stato ancora rinnovato, di una copertura economica “nella misura e con le modalità stabilite dai contratti nazionali”.
Per questo al Tar viene chiesto di “condannare le Pubbliche Amministrazioni a provvedere a dare corso e concludere le procedure contrattuali e negoziali relative al nuovo triennio 2016-2018” e “ad un risarcimento dei danni quantificato in via equitativa in misura almeno pari euro 200 per ciascun mese di ritardo nel provvedere al rinnovo contrattuale, a decorrere dal 30 luglio 2015 e fino all’effettivo rinnovo del contratto collettivo, ovvero in misura maggiore o minore, che sara’ ritenuta di giustizia”, oltre a un “indennizzo, commisurato alla perdita di potere d’acquisto dello stipendio per gli anni 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015, sino al 30 luglio 2015, di misura non inferiore a euro 100 per ogni mensilità di stipendio dovuta, per ciascun anno, per un totale pari a euro 7.800″.