Lo hanno ribattezzato il “canalone killer” o “canalone dei veleni”. In origine doveva però essere una raccolta di acque bianche del consorzio Asi e del porto di Gioia Tauro. Da più di una settimana però versa in mare liquami che contengono sostanze altamente nocive e cancerogene come metalli pesanti e derivati de petrolio.
Il rischio è di un disastro ambientale a ridosso del porto commerciale più importante del Mediterraneo. Mentre la Procura di Palmi ha aperto un’inchiesta per individuare i responsabili, nel Comune di San Ferdinando è nato il comitato spontaneo “7 Agosto” che prende il nome dal giorno in cui la “macchia nera” è finita in mare. “Da quel canalone scende zinco, bario e mercurio. Abbiamo le analisi. – dicono gli attivisti del comitato che sta presidiando giorno e notte il tratto di spiaggia interessato dal disastro – Visto che non parliamo di depositi organici, parliamo di rifiuti che sono classificati come rifiuti speciali. Chiediamo l’intervento immediato delle istituzioni che fino ad ora sono stati latitanti. Non basta la somma di 170mila euro stanziati per i primi interventi”.
E ieri, sul posto, c’è stato il sopralluogo anche dell’assessore regionale all’Ambiente Antonietta Rizzo secondo cui “c’è da fare un intervento subito. Non c’è da aspettare nemmeno un’ora”. E sui responsabili saranno presi provvedimenti dalla Regione? “C’è la magistratura per questo – è la risposta dell’assessore -. A prescindere dalle responsabilità è più importante eliminare il pericolo imminenti”