L’opera lirica per decenni ha traghettato la cultura e la lingua italiana in giro per il mondo, con i suoi grandi autori e i suoi titoli più celebri. Oggi, raccontano i dati di Operabase, il quadro della cultura melodrammatica in Italia è quasi desolante. Pochi festival, poche rappresentazioni, scarsi finanziamenti, specie se tutto viene rapportato a ciò che avviene in Paesi come Germania, Austria e Francia. Nonostante i nomi di Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini e Gioachino Rossini girino nei teatri di tutto il mondo e nonostante Traviata, Bohéme e Barbiere di Siviglia siano tra le opere più rappresentate in assoluto, l’Italia non riesce in alcun modo a fronteggiare gli standard quantitativi dei suoi competitor europei, e questo a cominciare dal numero di festival d’opera e operetta che si tengono sul suolo peninsulare.
Nel 2016 l’Italia può vantare appena 14 festival di settore, tra cui spiccano come il Festival dei Due Mondi di Spoleto, il Maggio Musicale Fiorentino, il Rossini Opera Festival di Pesaro e il Festival Pucciniano di Torre del Lago. Eppure la Francia organizza 18 festival, l’Austria e il Regno Unito 20 e la Germania 43, quasi tre volte quelli italiani.
Significativo poi il fatto che, in media, a farla da padrone nei festival stranieri siano sempre nomi e titoli italiani, con un’insolita attenzione, ad esempio in Austria, per compositori e opere poco o per nulla battuti nel nostro Paese: si tratta dell’Innsbrucker Festwochen der Alten Musik che, in programma dal 19 al 27 luglio, propone Le nozze in sogno di Pietro Antonio Cesti e Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa.
I dati più impressionanti riguardano il numero totale delle rappresentazioni, tanto per paese quanto per milione di abitanti. A svettare su tutti, anche qui, è la Germania che, a fronte dei suoi quasi 82 milioni di abitanti, ha visto nella stagione 2014/2015 un numero di rappresentazioni al di sopra della media europea e mondiale: 7.386. Un numero che fa decisamente impallidire anche i secondi in classifica, gli Stati Uniti, da sempre molto ricettivi in quanto a tradizione melodrammatica e che, pur sempre a fronte degli oltre 300 milioni di abitanti, ha presentato nella stessa stagione 1.724 performance operistiche. Dopo le 1.675 rappresentazioni russe, l’Italia si attesta al quarto posto con 1.349 performance a fronte dei suoi 60 milioni di abitanti, subito seguita dall’Austria che con 8 milioni di abitanti ha registrato 1225 repliche.
E se finora la patria dell’opera non aveva fatto proprio una brutta figura, è andando a guardare il dato relativo al numero di performance per milione di abitanti che l’Italia sparisce completamente dalla classifica, non rientrando neanche tra i primi 20 Paesi. Al primo posto c’è l’Austria, con 146,6 performance per milione di persone, al secondo posto l’Estonia, con 97 rappresentazioni e, al terzo, la Svizzera, con 95,3 performance, seguita da Germania, Repubblica Ceca e Ungheria.
Il paradosso, come si diceva, sta nel fatto che tra i primi cinque compositori più eseguiti nel mondo tre siano italiani (Verdi, Puccini e Rossini) e che tra le prime dieci opere più rappresentate in assoluto ben sei siano italiane (tra queste Traviata, Bohéme, Barbiere di Siviglia e Rigoletto). Non solo: 8 di queste 10 sono scritte in italiano (contando dunque il Don Giovanni e Le Nozze di Figaro mozartiani). Una débâcle clamorosa laddove, in ultima istanza, nessuna città italiana si classifica tra le prime venti al mondo per numero di performance, scaletta che vede al primo posto Mosca subito seguita da Vienna, Berlino, San Pietroburgo e Londra. Le ragioni di questi numeri miseri? Sempre gli stessi: finanziamenti esigui e carente cultura e insegnamento musicale.