Le immagini, come sempre, sono più eloquenti delle parole. L’incontro di Ventotene tra Merkel, Hollande e Renzi si è dimostrato per quello che è stato veramente e non per quello che avrebbe potuto essere. Tre disperati cercano consensi a qualunque costo: Merkel che rischia il posto il prossimo anno con le elezioni, cui si presenta per la quarta volta, superando così il suo maestro, Kohl; Hollande, il presidente francese più screditato della storia sotto la Tour Eiffel; Renzi, il voltagabbana, che si presenta da solo. Tutti e tre stanno lì, ciascuno per parlare al proprio Paese, ai propri elettori: Merkel per l’immigrazione, Hollande per la sicurezza e Renzi per il referendum.
Al tramonto di un lunedì agostano – simbolo del futuro prossimo? – sta il trio sulla portaerei Garibaldi, accudito da 400 militari, mentre in lontananza, sullo sfondo come di scenario di teatro, si staglia Ventotene e tutta la sua potenza simbolica. Tra Ventotene e la portaerei Garibaldi c’è il mare. Poi i tre pellegrini si vedono di testa davanti alla tomba di Spinelli con tre mazzetti variopinti di fiori: tre zombie che prendono atto della morte della loro Europa che nulla ha da spartire con la visione di Europa di Altiero Spinelli. Mai contrasto fu più profondo e sarcastico.
Proviamo a ragionare, oltre le apparenze. Renzi ha un bisogno disperato di uscire dall’angolo dove la sua megalomania e ottusità lo hanno rinchiuso. L’Anpi è l’ultimo problema in ordine di tempo, l’economia a crescita zero, che non ubbidisce alle sue promesse, lo fa disperare. Coglie l’occasione dell’anniversario della morte di Altiero Spinelli per darsi una patina di «padrino» di qualcosa e inventa l’incontro di Ventotene. A lui dell’Europa non importa nulla – se non fosse così lo avrebbe dimostrato e non avrebbe fatto impallinare Romano Prodi – si serve di tutto pur di restare a galla, magari su una portaerei. Merkel e Hollande non sono da meno: devono riuscire a vincere le elezioni del 2017 e non è detto che la spuntino. Per cercare consenso non scelgono, stanno fermi piegando le leggi della natura ai loro bisogni: i loro interessi prima di tutto.
L’incontro politico si svolge su una portaerei, simbolo massimo della guerra e non certamente della pace. I presenti sono più militari, i civili sono un simbolo minimo. I discorsi sono piatti, più attenti alle pose fotografiche che ai contenuti. Un abisso tra lo «spirito di Ventotene» e il venticello di queste tre marionette. L’obiettivo di Renzi è più modesto per la Storia, ma essenziale per lui: deve vincere il referendum di ottobre/novembre che aveva legato al suo destino, dando un’arma potente ai suoi avversari dentro e fuori il Pd, ormai partito per tutte le stagioni, tranne che per quella giusta. Continua, infatti, a rimangiarsi le promesse, come fa da quando è al governo: ora garantisce che il referendum non avrà effetti sulla legislatura. Che pena!
Altro sarebbe stato lo scenario di Ventotene, se invece di tre «gufi» raccatta-voti, che hanno dissacrato il santuario laico dell’Utopia degli Stati Uniti d’Europa, sull’isola e non su una portaerei, vi fossero stati tutti i Paesi membri e candidati a essere membri e se, davanti alla tomba di Altiero Spinelli, senza dire una parola, tutti avessero firmato il manifesto «Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto», scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni (e Ursula Hirschmann) tra il 1941 e il 1944, prigionieri dei nazifascisti. Lì, davanti alla tomba di chi 72 anni fa vide il futuro e lo seguì. Certo, ci sarebbe voluto un lavoro diplomatico capillare e sottile, ma non impossibile e poi politica non è forse l’arte della diplomazia e della tessitura paziente e argomentativa? Che scenario sarebbe stato, che potenza avrebbe rappresentato il silenzio di una firma.
Invece i tre, in angoscia per il loro posto, si sono limitati a tre discorsetti banali e umilianti, in cui nemmeno loro credevano e si vedeva dalle facce. Almeno, avessero pagato di tasca propria le spese di rappresentanza! Invece queste, come tutte quelle inutili – vedi costosissimo aereo personale «Renzi-One» sempre fermo – restano sul groppone degli italiani che, per buon peso, devono anche battere le mani. Ci resta la certezza di votare NO al prossimo referendum perché non accettiamo le strumentalizzazioni anche dell’Europa (che loro stessi hanno distrutto) per fare dire a due caporali di Stato che le riforme di Renzi sono il bene dell’Umanità. Come dire che gli italiani, brava gente, si bevono tutto e se lo scolano anche.
Paolo Farinella
Prete
Politica - 23 Agosto 2016
Renzi, Merkel e Hollande a Ventotene: tre disperati che cercano consensi a ogni costo
Le immagini, come sempre, sono più eloquenti delle parole. L’incontro di Ventotene tra Merkel, Hollande e Renzi si è dimostrato per quello che è stato veramente e non per quello che avrebbe potuto essere. Tre disperati cercano consensi a qualunque costo: Merkel che rischia il posto il prossimo anno con le elezioni, cui si presenta per la quarta volta, superando così il suo maestro, Kohl; Hollande, il presidente francese più screditato della storia sotto la Tour Eiffel; Renzi, il voltagabbana, che si presenta da solo. Tutti e tre stanno lì, ciascuno per parlare al proprio Paese, ai propri elettori: Merkel per l’immigrazione, Hollande per la sicurezza e Renzi per il referendum.
Al tramonto di un lunedì agostano – simbolo del futuro prossimo? – sta il trio sulla portaerei Garibaldi, accudito da 400 militari, mentre in lontananza, sullo sfondo come di scenario di teatro, si staglia Ventotene e tutta la sua potenza simbolica. Tra Ventotene e la portaerei Garibaldi c’è il mare. Poi i tre pellegrini si vedono di testa davanti alla tomba di Spinelli con tre mazzetti variopinti di fiori: tre zombie che prendono atto della morte della loro Europa che nulla ha da spartire con la visione di Europa di Altiero Spinelli. Mai contrasto fu più profondo e sarcastico.
Proviamo a ragionare, oltre le apparenze. Renzi ha un bisogno disperato di uscire dall’angolo dove la sua megalomania e ottusità lo hanno rinchiuso. L’Anpi è l’ultimo problema in ordine di tempo, l’economia a crescita zero, che non ubbidisce alle sue promesse, lo fa disperare. Coglie l’occasione dell’anniversario della morte di Altiero Spinelli per darsi una patina di «padrino» di qualcosa e inventa l’incontro di Ventotene. A lui dell’Europa non importa nulla – se non fosse così lo avrebbe dimostrato e non avrebbe fatto impallinare Romano Prodi – si serve di tutto pur di restare a galla, magari su una portaerei. Merkel e Hollande non sono da meno: devono riuscire a vincere le elezioni del 2017 e non è detto che la spuntino. Per cercare consenso non scelgono, stanno fermi piegando le leggi della natura ai loro bisogni: i loro interessi prima di tutto.
L’incontro politico si svolge su una portaerei, simbolo massimo della guerra e non certamente della pace. I presenti sono più militari, i civili sono un simbolo minimo. I discorsi sono piatti, più attenti alle pose fotografiche che ai contenuti. Un abisso tra lo «spirito di Ventotene» e il venticello di queste tre marionette. L’obiettivo di Renzi è più modesto per la Storia, ma essenziale per lui: deve vincere il referendum di ottobre/novembre che aveva legato al suo destino, dando un’arma potente ai suoi avversari dentro e fuori il Pd, ormai partito per tutte le stagioni, tranne che per quella giusta. Continua, infatti, a rimangiarsi le promesse, come fa da quando è al governo: ora garantisce che il referendum non avrà effetti sulla legislatura. Che pena!
Altro sarebbe stato lo scenario di Ventotene, se invece di tre «gufi» raccatta-voti, che hanno dissacrato il santuario laico dell’Utopia degli Stati Uniti d’Europa, sull’isola e non su una portaerei, vi fossero stati tutti i Paesi membri e candidati a essere membri e se, davanti alla tomba di Altiero Spinelli, senza dire una parola, tutti avessero firmato il manifesto «Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto», scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni (e Ursula Hirschmann) tra il 1941 e il 1944, prigionieri dei nazifascisti. Lì, davanti alla tomba di chi 72 anni fa vide il futuro e lo seguì. Certo, ci sarebbe voluto un lavoro diplomatico capillare e sottile, ma non impossibile e poi politica non è forse l’arte della diplomazia e della tessitura paziente e argomentativa? Che scenario sarebbe stato, che potenza avrebbe rappresentato il silenzio di una firma.
Invece i tre, in angoscia per il loro posto, si sono limitati a tre discorsetti banali e umilianti, in cui nemmeno loro credevano e si vedeva dalle facce. Almeno, avessero pagato di tasca propria le spese di rappresentanza! Invece queste, come tutte quelle inutili – vedi costosissimo aereo personale «Renzi-One» sempre fermo – restano sul groppone degli italiani che, per buon peso, devono anche battere le mani. Ci resta la certezza di votare NO al prossimo referendum perché non accettiamo le strumentalizzazioni anche dell’Europa (che loro stessi hanno distrutto) per fare dire a due caporali di Stato che le riforme di Renzi sono il bene dell’Umanità. Come dire che gli italiani, brava gente, si bevono tutto e se lo scolano anche.
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"Non sono più credibili nemmeno quando accampano motivazioni di comodo, si smentiscono con i loro stessi provvedimenti che in realtà rispondono a un disegno ormai chiaro: indebolire gli strumenti di indagine della magistratura che possono dar fastidio ai colletti bianchi e allo stesso tempo creare un brutale sistema di repressione del dissenso e controllo sui cittadini comuni".
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Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Mi pare che la telefonata Trump-Putin sia un segnale positivo così come quella tra Trump e Zelensky. Noi abbiamo chiesto che l'Ucraina fosse coinvolta e questo è accaduto. Noi incoraggiamo tutte le iniziative che portano alla pace. Non è facile ma qualche speranza c'è". Lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
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