«In Turchia la polizia è fuori controllo. I curdi del Pkk sono le principali vittime e per stanarli non esitano a bombardarli con barili incendiari». A dirlo è Claudio Tamagnini, attivista politico di 63 anni, originario di Alcamo (Sicilia) arrestato in Turchia il 25 luglio e liberato dopo dieci giorni di detenzione a Nusaybin. «Sono arrivato poco dopo il tentato golpe ed erano appena entrate in vigore le leggi speciali introdotte da Erdogan. Voli annullati e diffidenza politica facevano da scenario ad un paese fuori controllo». Assieme all’italiano Pietro Pasculli e a un’attivista tedesca, viene arrestato con l’accusa di terrorismo e spionaggio. «Per tre giorni ci hanno tenuto con un faro ed una telecamera puntate addosso». I tre vengono assolti da un giudice nominato da appena quattro giorni, ma poco dopo finiscono in un Cie (centro d’espulsione). «In Turchia la democrazia è realmente sospesa – conclude – la polizia non si distingue dai criminali e quando i curdi provano a ricostruire i loro spazi, riparte la controffensiva di questa guerra al massacro»