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Decathlon, la campagna pubblicitaria scatena polemiche su Twitter: “Gioco a calcio perché in campo non servono libri”

Nella foto pubblicata da Davide Borgo, si vede un bambino intento a giocare a calcio e la frase “#LoFaccioPerché in campo non servono libri”. Secondo i creativi che hanno partorito questo colpo di genio, dunque, attività sportiva e cultura o anche soltanto scuola, sono in contrapposizione, l'una la negazione dell'altra

di Domenico Naso

Nemmeno il tempo di godere dell’onda lunga dei Giochi Olimpici, durante i quali, una volta tanto, lo sport diventa davvero veicolo di messaggi importanti, simbolo di inclusione sociale e progresso culturale, che Decatlhon si premura di farci tornare con i piedi per terra e di affrontare la triste realtà italiana e il suo approccio superficiale all’attività sportiva. Tutta colpa della campagna pubblicitaria della catena di negozi sportivi segnalata da un utente su Twitter. Nella foto pubblicata da Davide Borgo, si vede un bambino intento a giocare a calcio e la frase “#LoFaccioPerché in campo non servono libri”. Secondo i creativi che hanno partorito questo colpo di genio, dunque, attività sportiva e cultura o anche soltanto scuola, sono in contrapposizione, l’una la negazione dell’altra.

Alle proteste di Davide Borgo, che per primo ha segnalato la cosa all’account ufficiale di Decathlon su Twitter, l’azienda ha risposto così: “Ciao Davide! Lo sport, soprattutto da bambini, è spensieratezza. Non è nostra intenzione sollevare alcuna polemica! :)”. Prevedibile quello che è seguito, cioè una lunga serie di tweet indignati, di discussioni su Twitter, di critiche nei confronti dell’azienda francese e del messaggio sbagliato che la campagna pubblicitaria trasmette ai più giovani.

Evidentemente l’intenzione era quella di sottolineare anche l’aspetto ludico e di evasione dello sport, che permette ai più giovani di trascorrere qualche ora lontani dalla routine quotidiana e dunque anche dalla scuola. Ma il messaggio che arriva da una campagna pubblicitaria del genere rischia davvero di avallare l’assunto secondo cui istruzione e attività sportiva non possono andare d’accordo, alimentando anche il cliché dello sportivo (soprattutto se calciatore) ignorante e senza titoli di studio. Visto che nella foto pubblicitaria era ritratto un ragazzino di 10-12 anni, la cosa diventa ancora più sbagliata. Ai più giovani, soprattutto a scuola, si deve far capire che sport e arricchimento culturale ed educativo devono andare di pari passo, che lo sport è anche evasione ma che non può rappresentare “l’anti-scuola”, un modo per scappare dai libri.

Da Decathlon, che è un’azienda di successo e che, grazie ai prezzi decisamente contenuti, si rivolge a un pubblico socialmente ed economicamente trasversale, ci si aspetterebbe un messaggio decisamente diverso. O quantomeno una campagna pubblicitaria che non ammetta fraintendimenti. Perché scuola e sport, soprattutto negli anni della scuola, possono tranquillamente andare d’accordo. E soprattutto perché lo sport e la formazione culturale possono e devono rappresentare due aspetti per nulla antitetici della crescita delle nuove generazioni.

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