“Speriamo non ce ne siano più” implora il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi. L’ultimo corpo che le macerie restituiscono, verso l’ora di cena, è di un ragazzino di 11 anni. Ha chiesto aiuto, da lì sotto, per ore. Sentiva i soccorritori che si dannavano per cercarlo, avrebbero dato tutto per trovarlo, hanno continuato per ore, in silenzio e chiedendo silenzio ai giornalisti intorno. Ma sono rimasti sempre lontani. Neanche suo papà ha potuto niente, questa volta. Li hanno trovati vicini, senza vita. Il terremoto è anche la tragedia dei bambini. Ad Arquata del Tronto Massimiliano e Martina, papà e mamma, li ha cercati e trovati il padre di lui. “Mi dicevano che non potevo passare perché era tutto pericolante, ma non me ne importava niente, dovevo andare a cercarli”. Martina era già scampata al sisma dell’Aquila e anche questa volta si è salvata. Ma non sarà mai salva del tutto: la sua bambina è stata tirata fuori dai calcinacci e portata all’ospedale di Ascoli, ma lì ha smesso di respirare. Dormiva, quando il terremoto ha buttato giù la casa delle vacanze in cui si trovava con i genitori. Si chiamava Marisol, aveva 18 mesi.

Il terremoto non è solo affare da grandi, ma i grandi ci provano a trattenere i bimbi. Due fratellini sono salvi grazie alla nonna, che li ha trascinati con sé sotto al letto. Lei, Vitaliana, risponde da sotto le macerie, il marito Vito non ce l’ha fatta, i bambini invece sono stati estratti vivi – prima Leone di 7 anni, poi Samuele di 4 – dalle macerie di Pescara del Tronto. Invece, sulle barelle che attraversano corso Umberto Primo, via principale del centro di Amatrice che non c’è più, ci sono un bambino di pochi anni e poi un altro di 8 mesi. Non ce l’hanno fatta, come Simone e Andrea, gemelli di 7 anni. Un altro Andrea, 14 anni, aveva fratture multiple, lo hanno operato all’ospedale di Ancona.

Vita e morte si rincorrono, fanno a gara. Decine di persone vengono estratte vive dalla Forestale a Pescara del Tronto. Yuri è uscito dall’apocalisse, tre palazzine moderne accartocciate su se stesse e l’una sull’altra, ad Amatrice. Hanno dovuto scavare 7 ore, invece, perché Irina rivedesse la luce. I vigili del fuoco sono oltre 500, scavano senza limite, di turni, di ore consecutive, senza cercare riposo, senza stipendi degni. Sanno cosa fare, cuore e competenza, fino all’ultimo, finché crolla la speranza, cioè mai. Quelle di stanotte sono le scene che i pompieri hanno visto tante volte in pochi anni – il Molise, l’Abruzzo, l’Emilia – sempre pronti a rimbalzare da una parte all’altra d’Italia per aiutare i colleghi, sempre pochi. “Qui è molto peggio dell’Aquila – racconta un soccorritore della Protezione civile – Non ho mai visto una distruzione come questa”. Luciano Peri, 65 anni, di Frascati, si è salvato perché il materasso gli si è chiuso sopra e poi è stato salvato dal Soccorso alpino e speleologico. Ha invitato i suoi salvatori a bere vino nella sua tenuta, quando tutto finirà.

I paesi che da stanotte non ci sono più sono posti di vacanze, di alberghi, di turisti, feste e borghi antichi, i gioielli d’Italia, di gente che vive e lavora altrove e torna qui in vacanza. Ad Arquata del Tronto vivono normalmente circa 1.200 persone in tredici frazioni, ma “in questo periodo – ha spiegato il sindaco – salgono a 5-6mila, molti dei quali provenienti da Roma e dalla costa adriatica”. Erano in vacanza Leone e Samuele, i due bambini che ce l’hanno fatta, che abitano a Fregene. Era in vacanza una coppia di Orvieto che era all’hotel Roma e non si trova più. Insieme a loro, lì sotto, sono a decine e non rispondono più: al Roma, chi passa da qui, va a mangiare l’amatriciana. Da domani sarà il simbolo di una tragedia.

Era in vacanza l’assistente capo della polizia stradale di Aprilia Ezio Tulli, 42 anni, morto con i due figli di 14 e 12 anni. Un ragazzo di 28 anni, Marco, figlio del questore di Frosinone, era in vacanza dai nonni, ad Amatrice: è morto lì. Il carabiniere Giampaolo Pace, 43 anni, originario di una frazione dell’Aquila, “aveva la battuta facile, tutti gli volevamo bene”, si era preso qualche giorno di riposo da passare ad Accumoli – epicentro del disastro – nella casa di famiglia, che le è crollata addosso e l’ha ucciso. Era in vacanza un uomo di 77 anni, di Roma, che ora lotta per salvarsi, all’ospedale di Perugia. A Claudio resta solo l’affetto del suo cane: “Salvate almeno lui” ha gridato da dentro l’ambulanza che lo portava in ospedale. Aveva appena saputo che nel crollo della sua casa ha perso i genitori e la fidanzata.

Ad Arquata la gente si sposta con sguardo ancora terrorizzato, alcuni in lacrime. Molti indossano ancora il pigiama, si coprono con le coperte. Ad Amatrice un autista del trasporto regionale, Giuseppe Dall’Omo, ha aperto il bus per ospitare i cittadini scesi in strada. Quasi tutti gli sfollati hanno in mano sacchetti di plastica con quel poco che sono riusciti a portare via dalle loro case. E poi ancora bambini, cani al guinzaglio. Nazareno De Felice, 67 anni, ne aveva otto, da caccia. Il terremoto ad Amatrice gliene ha portati via due, Rubia e Asso, sepolti sotto le macerie della sua casa di corso Roma. Gli altri sei ce l’hanno fatta, doloranti e impolverati. “Mi sono salvato per miracolo, per fortuna una parte della casa ha retto”. Antonio Ciccone non smette di fissare, in silenzio, il cumulo di macerie di 4 palazzi della piazza centrale di Amatrice, il paese fantasma: lì sotto, da qualche parte, c’era il forno in cui stava lavorando suo fratello. Una giovane racconta alle agenzie di stampa: “Ero a Pagliare e dopo la scossa mi sono precipitata a Pescara del Tronto dove vivono i miei. Alcuni amici ci hanno aiutato ad estrarli”.

A Illica, invece, si incazzano: “Vogliamo i militari, stiamo aspettando , noi paghiamo” grida Alessandra Cappellanti. “C’è una caserma ad Ascoli, una Rieti, una all’Aquila e non si è visto un militare, fate schifo!”. Domenico Bordo, un altro abitante di questa piccola frazione, è disperato: “Sono sotto le macerie, non ci è ancora andato nessuno, ci vogliono i mezzi”.

Il campanile della chiesa di Accumoli era stato ristrutturato di recente, ma non è bastato con una scossa così forte. E’ venuto giù come con un soffio e ha cancellato una famiglia: Andrea Tuccio, la moglie Graziella, i figli Riccardo e Stefano e il suocero. L’assessore alla Sanità di Amatrice Bruno Porro gira per i campi di accoglienza, ascoltando chi ha bisogno, cercando soluzioni ai problemi che si moltiplicano: nessuno degli sfollati può immaginare che stanotte anche lui  ha perso i genitori.

Il terrore si rinnova. Per non vederlo più, Martina, la mamma di Marisol, se n’era andata dall’Abruzzo, invano. Una donna di Pizzoli, a pochi chilometri dall’Aquila, si è ricordata la paura di 7 anni fa e mentre la scossa sconvolgeva il centro Italia, si è lanciata dalla finestra perché non si apriva più la porta d’ingresso: ha rischiato di ammazzarsi, invece si è fratturata una gamba.

Intanto non c’è morte che tenga, non bastano mai le lacrime e la disperazione di chi ha perso i propri amori, la propria città: anche questa volta c’è bisogno di altra polizia e di altri carabinieri, perché come in Abruzzo, dove c’era chi si piegava dalle risate mentre crollava tutto, tornano gli sciacalli. Più piccoli, per ora: invadono i social network, ma soprattutto le case senza padrone, per rubare quel tanto che è rimasto della vita.

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