“Vanno piantate tendopoli nella zona colpita sperando che non le abbiano usate tutte per gli extracomunitari“. Dalla Sierra Leone, dove si sta occupando di “centinaia di bambini che muoiono nel silenzio assoluto”, Guido Bertolaso ha sentito la necessità di intervenire e dare i propri consigli a chi sta coordinando gli aiuti agli sfollati, nelle zone del centro Italia colpite dal terremoto del 24 agosto. L’ex capo della Protezione Civile tra il 2001 e il 2011 è intervenuto con una lettera dal titolo “Incubo di una notte di mezza estate” inviata al Il Tempo.
“Conosco bene quella gente, nessuno vorrà andarsene lontano dai loro paesi, vanno trattati come cittadini di serie A con priorità assoluta. Il resto sarà la solita demagogia”, ha scritto Bertolaso. Stando ai dati ufficiali, gli sfollati totali sono 2.500, in 1.200 hanno usufruito delle tende nella prima notte dopo il terremoto e il totale delle tende montate ammonta a 3.400 unità. Il posto non manca, proprio grazie al lavoro a quella Protezione Civile guidata da Bertolaso per dieci anni. Ma l’ex candidato sindaco di Roma per il centrodestra ci tiene comunque a sottolineare che per affrontare il problema serve “una grande capacità di leadership e autorevolezza per coordinare la complessa macchina dei soccorsi. Uno solo deve coordinare e dare direttive ferme ed immediate”.
Bertolaso parla in nome dell’esperienza dei soccorsi dopo il terremoto del 2009 a L’Aquila, di cui è stato grande protagonista. Proprio per il suo ruolo in quella circostanza, quando la Commissione Grandi Rischi rassicurò gli abruzzesi soli sei giorni prima del sisma, è ancora imputato in uno stralcio del processo “Grandi rischi“, al tribunale dell’Aquila, dove è accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni. I sette componenti della commissione, tra cui diversi scienziati, sono già stati assolti in Cassazione, ma la posizione di Bertolaso era stata stralciata. Le indagini a suo carico partono dall’espressione “operazione mediatica”, riferita al lavoro della stessa Commissione, usata da in una telefonata intercettata con l’ex assessore regionale Daniela Stati. Gli eventuali reati contestati verranno prescritti il 6 ottobre 2016, a 7 anni e 6 mesi esatti dal sisma, ma Bertolaso, durante la campagna elettorale per il sindaco di Roma, da cui si è poi ritirato, ha annunciato che, quando gli sarà comunicata, rinuncerà alla prescrizione.
In disaccordo con la preoccupazione di Bertolaso c’è però il parroco di Boissano (Savona), don Cesare Donati, secondo cui per trattare gli sfollati da cittadini di serie A non bastano le tendopoli. “Adesso è il momento, vista la tragedia del terremoto di mettere gli sfollati nelle strutture e i migranti sotto le tende”. L’idea è stata subito rilanciata su Twitter dal segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: “Questo parroco non ha per niente torto”.
Mentre sui media rimbalzano queste polemiche, diverse decine di richiedenti asilo, da varie parti d’Italia, hanno deciso di aiutare concretamente le persone che hanno perso tutto a causa del terremoto, andando a dare una mano nei centri distrutti dal sisma. Già mercoledì venti profughi ospiti di una struttura di Monteprandone (Ascoli Piceno), quasi tutti nordafricani, sono partiti come volontari alla volta di Amandola, uno dei centri marchigiani più colpiti, per prestare soccorso in supporto alla Protezione civile comunale. Altri dieci migranti ospiti dei centri di accoglienza “Damasco” di Benevento hanno raggiunto i luoghi colpiti, mentre il Consorzio Maleventum ha comunicato alla Protezione Civile e alla Prefettura di Rieti la possibilità di ospitare gratuitamente 100 persone sfollate e senza tetto nelle proprie strutture in provincia di Benevento. Offerte di contributo sono arrivate anche da migranti e richiedenti asilo assistiti a Taranto, Modugno e Bitonto dalla cooperativa Costruiamo Insieme. Inoltre gli ospiti delle strutture Sprar di Gioiosa Ionica, in Calabria, hanno deciso di devolvere il loro pocket money – i 2,5 euro giornalieri che ricevono per le piccole spese personali – ai migranti ospitati fino a oggi ad Amatrice, dove sono crollate tutte le cinque strutture di accoglienza.