Ognuno nasce con il proprio destino, quello di Guido Lembo, l’ugola più famosa di Capri e del golfo, è quello di intrattenere cantando, inventando tormentoni in note, irradiando sempre allegria e buon umore. Due fratelli, entrambi chansonnier ( la madre in gravidanza ascoltava “Reginella” e “Caruso”). Sarà stata una questione di geni buoni. Gli esordi insieme da ragazzi, battendo il tempo, nella taverna caprese de “Il Guarracino”.
Poi sono diventati adulti. E quando Bruno ha “spento” la sua musica, Guido gli ha dato “voce” in un ultimo adieu convocando amici e fans nel chiostro cinquecentesco del La Certosa. Un concerto per orchestra, sotto le stelle, rispolverando tutto quel repertorio musicale napoletano che va da Viviani a Murolo. “E tutto cominciò così” come ha titolato la sua autobiografia. Per passione, per caso. Da vent’anni ( e rotti) da giugno a settembre da ogni dove vengono a intonare tammuriate e ritornelli nell’agorà di Anema e Core: cinesi, russi, arabi e (mamma li) turchi, un fritto misto di note e inni. Guido dal suo palco, chitarra al collo, sembra il gran cerimoniere delle nazioni unite canterine in trasferta caprese. “Sono bianco come un cero”, mi dice Lembo con il fiato corto, visto che tutte le sere suona fino alle 6 del mattino. E se non fosse per quella santadonna della moglie che ogni mattina con un infuso di limone, zenzero e miele gli coccola le corde vocali non sarebbe in grado neanche di dire oohhhh.
È una questione di geni anche per Grazia Bottiglieri, cavaliere del lavoro, alla sesta generazione d’armatori ( la prima tutta al femminile, lei e la sorella sono a capo della Rizzo Bottiglieri dei Carlini), i loro figli sono la settima. Gli aneddoti corrono fra le generazioni. La sede è ancora in quella Torre del Greco, adagiata ai piedi del Vesuvio, dove nel 1851 partì il primo carico di materie prime. “Mio padre ci portava da piccolissime sulle navi, anzichè con le bambole giocavamo con le barchette”. Si cambia registro (di bordo). Poi è venuto l’acquisto dell’albergo caprese “La Palma”. Si chiamava “La Locanda Pagano”, poche stanze per ospitare i letterati del Gran Tour. Con lo stesso spirito Grazia ( “Ho lo stesso animo sognatore del marinaio”) del “La Palma” vuole rifare il salotto d’intelletto/chic di un tempo.E Reverie si chiama l’ultima mostra dell’eclettica Sofia Cacciapaglia, curata da Federico Guiscardo-Ramondini. “Reverie è una parola francese, intraducibile – filosofeggia il Guiscardo- E’ quella condizione d’animo sospesa davanti a un panorama mozzafiato, di contemplazione davanti a un’opera d’arte”. O dinnanzi al capolavoro dell’amore. Formano una coppia di cuore e di cervello, il professore Antonio Tizzano, illustre giurista e vicepresidente della corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la moglie Marcella, un’elegante olandese, dalla grigiosa Lussemburgo a godersi gli ultimi scampoli capresi. Una sinergia rara ma quando s’incontra si assapora la pienezza della vita. E ci si trova sulla lunga scia di una reverie.