Chi sono gli “sciacalli”? Dopo le tragedie c’è sempre qualche ladruncolo che si infila nelle case, costruttori che pregustano gli appalti, politici che colgono l’occasione di un passaggio tv. Ma sono sciacalli, e peggiori, quelli che cercano di spostare l’onda di emozione collettiva dalla compassione all’odio. Di usare i 290 morti tra Lazio e Marche per validare i propri argomenti, come se anteporre la tragedia alle bestialità rendesse illegittime le obiezioni.

Lo sciacallaggio è partito presto, sui social network: “Perché i terremotati devono stare nelle tende e i profughi negli hotel?” Come osa lo Stato sprecare ancora risorse per quegli invasori esigenti e ingrati mentre tanti italiani hanno le proprie case distrutte? Il quotidiano Libero si è fatto interprete di questi umori che qualcuno attribuisce ancora alla “pancia” degli italiani, invece che trattarli come semplice razzismo in cerca di basi economiche per i propri pregiudizi.

Dopo aver attaccato lo “Stato criminale”, oggi  Libero scrive: “Il premier Matteo Renzi non ha tardato a stanziare i primi soldi per aiutare i terremotati: 50 milioni di euro sono già stati destinati ad Amatrice e le altre località colpite dal sisma di martedì notte. Però per i 5.845 immigrati ospitati negli alberghi e negli appartamenti del progetto Sprar tra le Marche, il Lazio, l’ Umbria e l’ Abruzzo, intorno cioè ai luoghi sbriciolati dalla scossa, sono stati spesi quasi 75 milioni solo nel 2015. A voler fare i conti in difetto, si tratta di 204.575 euro al giorno, senza cioè considerare che gestire i minori costa di più. E l’anno scorso, per le 21.613 persone ospitate in tutta Italia nel progetto Sprar il conto è stato salato: 276 milioni e 106mila euro. Troppo in confronto a quei 50 milioni”.

Non ci vuole un dottorato in economia per capire la malafede di questo confronto che, ne sono sicuro, rimbalzerà sui social network e animerà parecchi dibattiti da bar. Per quanto trovi imbarazzante dover commentare, non si può lasciare il monopolio dei numeri a questa follia.

Primo: 50 milioni non sono l’unica stima dell’impegno dello Stato per i terremotati. Anche soltanto per l’emergenza, bisognerebbe considerare tutto il budget della Protezione Civile, l’impiego straordinario del personale delle forze dell’ordine, il costo dei servizi sanitari ecc. Tutto lo Stato si è mobilitato. Vi sembra assurda questa contabilità disaggregata, che considera i costi complessivi e li spalma sui singoli beneficiari? Ma è esattamente quello che fanno i propagandisti dell’odio sostenendo che i rifugiati beneficiano di 35 euro al giorno. Secondo i calcoli della Fondazione Leone Moressa, quei 35 euro sono fatti soprattutto di spese del personale (13,16 euro) per l’assistenza (8,24) e così via. Non sono soldi che vanno ai migranti ai quali, spesso, viene negato perfino il cosiddetto pocket money da 2,50 euro al giorno.

Secondo: 50 milioni non è di sicuro la cifra definitiva che sarà – giustamente – a carico dello Stato nella ricostruzione di Amatrice e degli altri paesi crollati. La ricostruzione costerà miliardi. Confrontare un primo stanziamento 48 ore dopo un terremoto devastante contro l’intera spesa per l’accoglienza nella zona non è informazione. E’ un goffo tentativo di manipolare i numeri trattando i lettori come semi-analfabeti.

Terzo: La tesi secondo cui bisognerebbe dare gli alberghi che ospitano migranti ai terremotati implica una deportazione di massa della popolazione laziale e marchigiana che, invece, non ha alcun desiderio di spostarsi. Se ci sono richiedenti asilo in Lombardia o Valle d’Aosta, devono andare a dormire in strada per lasciare le camere ai cittadini di Amatrice? Chi può mai pensare una assurdità di questo tipo? Di certo non le vittime del terremoto. Come ha scritto su Facebook l’astrofisica Francesca Spada, che si è salvata dalla notte del sisma ad Amatrice, “posso assicurare che a nessun amatriciano sentirete dire che bisogna cacciare gli immigrati dagli alberghi per metterci i terremotati. Primo perché per chi ha vissuto un dramma così la solidarietà è un sentimento molto forte – specie se sei vivo solo grazie a chi ti ha aiutato. E uno che scappa dalla guerra lo senti un po’ un tuo simile”.

Questo sentimento di solidarietà umana, naturale ma non scontata, sembra essere estraneo a una parte del Paese che, evidentemente, riesce a intuire la sofferenza di chi ha visto crollare la propria casa ma non di chi ha dovuto lasciare figli e genitori nel deserto o sotto una casa di Aleppo o a rischiare la vita in Nigeria.

E poi, cari amici che vi preoccupate dei poveri albergatori più che dei loro ospiti, che vi indignate perché lo Stato in questo frangente si dimostra più umano e civile di voi, spiegateci un po’ quale sarebbe la vostra soluzione. Cacciamo tutti i rifugiati dagli alberghi e li lasciamo dormire in strada? Li “rimandiamo a casa loro” con voli di rimpatrio che costano come mesi di ospitalità? Almeno Vittorio Feltri una volta ha avuto l’onestà di dire quello che molti pensano: bisogna lasciarne morire in mare un po’ di più, così si scoraggiano e non partono.

Le morti esemplari, però, non basteranno. Qualcuno riuscirà comunque a raggiungere le nostre coste, su un canotto, a nuoto, o portati da un trafficante, in aereo con un visto turistico. A loro che destino riserviamo? Secondo questa logica bisogna respingerli, evitare che tocchino terra o che superino la frontiera, usando i cannoni che evocava la Lega o accertandosi che affoghino in acqua o soffrano dietro un filo spinato. La logica degli “italiani nelle tende e i profughi in albergo” porta lontano, in direzioni oscure e violente.

Non conosco gli abitanti di Amatrice. Non pretendo di sapere cosa c’è nelle loro teste in questi giorni difficili. Ma ho i miei dubbi che possano apprezzare la solidarietà degli sciacalli.

Ps: A Gioiosa Ionica i rifugiati hanno donato il loro pocket money da 2,50 euro per i terremotati, hanno racimolato 1000 euro da dare all’Arci per farli arrivare ad Amatrice e dintorni. Questa notizia su Libero non l’ho letta, magari mi è solo sfuggita, ma dimostra come guardare i numeri non sempre sia sufficiente. Bisogna considerare anche le storie che ci sono dietro. Questi mille euro sono pochi, ma valgono tantissimo.

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