In questi giorni si sta parlando molto della figura del “webete”, il neologismo coniato da Enrico Mentana che definisce tutta quella categoria di persone che commentano notizie e avvenimenti sui social e sui blog esprimendo opinioni infondate, non circostanziate, cariche d’odio e qualunquismo.
Il problema esiste, in quanto tutti i media che si sono aperti al confronto con gli utenti hanno avuto nella loro storia uno scontro spesso impari con questo tipo di persone. In primis furono i blog, che oggi in molti casi hanno deciso di chiudere i propri post ai commenti, poi ci furono i social. Su Twitter soprattutto è molto sentita la questione, tanto da esserci state forte pressioni sulla società proprio per dotare gli utenti di strumenti per difendersi da questo tipo di situazioni.
Ma da dove vengono queste persone? Qual è il percorso “culturale” che ha portato a questo tipo di approccio?
Quello che è evidente è che nel nostro paese (ma non solo) c’è una generazione di persone che è stata anestetizzata dalla televisione commerciale, dalla mancanza di approfondimento per una leggerezza da cercare e proporre a tutti i costi, dall’incapacità della società civile di esprimere un modello fondato sul contraddittorio.
Il webete, se così vogliamo chiamarlo, è il frutto di anni di questo approccio, una persona che è stata cresciuta ed educata ad assorbire tutto ciò che le veniva proposto senza chiedersi nulla, a prendere tutto per buono. Ecco quindi che “l’ho sentito dire alla tv quindi è vero”, diventa automaticamente “l’ho letto su Facebook quindi è vero”, e via a migliaia di condivisioni relative a scie chimiche, migranti, Putin e via discorrendo.
Ecco quindi di cosa stiamo parlando, dei figli parlanti di una generazione di tv che ha reso queste persone “webeti” nell’era della rete.
Il futuro dipenderà dagli anticorpi che saranno in grado di formare le nuove generazioni, ma soprattutto dalla capacità delle piattaforme, che siano Facebook o Google o Twitter, di proporre sempre un equilibrio tra le diverse opinioni delle persone che le popolano. Se continuerò a vedere solo i contenuti simili a quelli su cui ho cliccato Mi Piace, appiattendo sempre di più il mio newsfeed, il problema non farà altro che aggravarsi.