Per i giudici della Corte d'assise d'appello di Lecce fu un omicidio d'impeto, maturato per gelosie e rancori famigliari. La sentenza è stata confermata. Il 15 ottobre prossimo scadrà per la cugina della 15enne di Avetrana uccisa nel 2010 il periodo massimo di sei anni di custodia cautelare preventiva indicato dal codice di procedura penale. Il legale: "Termini prorogati a fine 2017"
Sono state depositate le motivazioni della sentenza che ha confermato l’ergastolo per la 28enne Sabrina Misseri e sua madre Cosima Serrano, 61enne, cugina e zia accusate dell’omicidio volontario e del sequestro di Sarah Scazzi, la ragazzina di 15 anni di Avetrana (Taranto) uccisa e gettata in un pozzo il 26 agosto 2010. La storia di quell’omicidio è raccontata in quelle 1277 pagine che la Corte d’assise d’appello di Lecce (sezione distaccata di Taranto) ha reso note a 13 mesi dalla lettura del dispositivo, come ricorda l’Ansa.
Le due donne entrambe sono in carcere e si sono sempre dichiarate innocenti. Secondo i giudici si sarebbe trattato di un omicidio d’impeto, maturato per gelosie e rancori famigliari. Il 15 ottobre prossimo scadrà per Sabrina Misseri il periodo massimo di sei anni di custodia cautelare preventiva indicato dal codice di procedura penale, ma “la scarcerazione – ha spiegato l’avvocato Nicola Marseglia, che difende l’imputata insieme al collega Franco Coppi – non sarà automatica perché durante i processi di primo e secondo grado sono intervenute ordinanze di sospensione che prorogano i termini a fine 2017″. “L’idea che siano comunque maturati prima della chiusura definitiva del procedimento i termini di 6 anni, come previsto dall’articolo 303 del codice di procedura penale – aggiunge – apre uno scenario controverso“. Da un lato, ha fatto rilevare il penalista, “si tende a ritenere, in mancanza di una sentenza definitiva, il termine di sei anni assoluto e non suscettibile di proroghe. Dall’altro la stessa legge abilita il giudice a sospendere i termini di custodia per la complessità del dibattimento. Questo potrebbe aprire la strada a futuri contrasti sull’interpretazione della norma”.
Per l’avvocato Nicodemo Gentile, uno dei legali della famiglia Scazzi, “in tutta la vicenda giudiziaria il ritardo del deposito delle motivazioni è l’unico punto che condividiamo con la difesa. Siamo avvocati di parte civile adesso ma siamo comunque uomini di legge. Questo ritardo non era più fisiologico ma patologico”. Oltre a Sabrina e Cosima, la Corte d’assise d’appello – nella sentenza del 27 luglio 2015 – ha condannato per la soppressione del cadavere a 8 anni di reclusione Michele Misseri, padre di Sabrina e marito di Cosima, e a 5 anni e 11 mesi suo fratello Carmine. ‘Zio Michele’ consentì il ritrovamento del corpo la notte del 6 ottobre 2010 e confessò l’omicidio ma poi ritrattò, chiamando dapprima in correità Sabrina per poi addossare tutte le responsabilità sulla figlia.
Stando alla ricostruzione dei giudici, Sarah Scazzi il pomeriggio del 26 agosto di sei anni fa, si recò nella villetta dei Misseri, in via Deledda, ebbe una prima lite con Sabrina e Cosima, poi cercò di fuggire ma fu raggiunta in strada e riportata in casa, dove fu strangolata e uccisa dalle due donne. Tra i moventi indicati dall’accusa c’è la gelosia che Sabrina nutriva verso Sarah in quanto entrambe si erano invaghite dell’amico comune Ivano Russo. I giudici attribuiscono invece a Cosima Serrano (che fu arrestata il 26 maggio del 2011) un ‘autonomo risentimento’ nei confronti della nipote.
A redigere materialmente le motivazioni, che ricalcano i punti fermi del verdetto di primo grado è stato il giudice a latere Susanna De Felice. Dopo un’analisi dello svolgimento del processo la Corte si sofferma sull’antefatto dell’omicidio, su quanto avvenne nelle settimane precedenti la scomparsa di Sarah, e successivamente si dedica alla ricostruzione dell’accaduto, riportando i passi salienti dei verbali di interrogatorio di testimoni e imputati, sull’ipotesi di dinamica, sui tentativi di depistaggio, sulle versioni di Michele Misseri, che è tornato ad accusarsi di tutto ma nessuno gli crede più. Il collegio difensivo ha ora 45 giorni di tempo per presentare ricorso in Cassazione.
Nel processo d’appello i giudici hanno assolto, perché il fatto non sussiste, Antonio Colazzo e Cosima Prudenzano (un anno di reclusione per favoreggiamento personale in primo grado), confermando la condanna ad un anno e quattro mesi per Giuseppe Nigro, imputato per lo stesso reato, e rideterminando in un anno e quattro mesi, la pena per Vito Russo, ex legale di Sabrina Misseri (due anni in primo grado per favoreggiamento personale).