Economia

Terremoto, l’esperto: “Tante raccolte fondi, ma nessun coordinamento”. Sms solidale destinato solo a edifici pubblici

Dalla Croce Rossa alle banche, dall'associazione dei dentisti agli armatori: la macchina della solidarietà va a pieno ritmo. "Ma in Italia non esiste l'accountability, cioè l'abitudine di dar conto dei risultati che si ottengono con i soldi spesi", dice l'economista Stefano Zamagni, presidente della Fondazione italiana per il dono. "Serve una supervisione. Peccato che l'agenzia che poteva occuparsene sia stata abolita". La Protezione civile raccoglie 10 milioni con il 45500. Ma sul sito non specifica che non serviranno per ricostruire case e aziende

Il numero solidale della Protezione civile, che in quattro giorni ha già raccolto oltre 9,7 milioni di euro. Le collette lanciate da Croce Rossa, Caritas e decine di onlus e ong. E i conti correnti ad hoc attivati da banche, compagnie di assicurazionemezzi di informazione (anche Il Fatto Quotidiano) ma pure da alcuni partiti, dalla Coldiretti, dal Club alpino italiano, dall’Associazione dei dentisti, dall’ordine dei medici, dai giudici amministrativi, dall’Alitalia, dalla confederazione degli armatori, dalla Lega B e dalle coop. Aggiungiamoci l’amatriciana solidale e i fondi promessi alle popolazioni colpite da festival, concerti e musei. In più ovviamente si sono mosse le Regioni e l’Anci. Il terremoto che ha colpito il Centro Italia il 24 agosto ha fatto scattare la consueta – meritoria – “gara di solidarietà“. Ma il grande assente, ancora una volta, è il coordinamento tra le iniziative. Se per rispondere alle emergenze internazionali le maggiori ong hanno messo in piedi nel 2007 un’agenzia ad hoc, a livello nazionale ci si muove in ordine sparso. Con il rischio evidente che non tutti i mille rivoli in cui si dividono i soldi donati dai cittadini giungano a destinazione. O che non arrivino dove chi ha donato si aspettava.

Zamagni: “In Italia non si dà conto di come vengono spese le donazioni” – “Anche al netto delle truffe, resta il nodo della reale efficacia delle iniziative. In Italia molte organizzazioni badano più ad aumentare il proprio capitale reputazionale che al bene dei destinatari”, mette il dito nella piaga l’economista Stefano Zamagni, presidente della Fondazione italiana per il dono ed ex numero uno della defunta Agenzia per il terzo settore. “La trasparenza, cioè dire come si usano i soldi raccolti, è il minimo. Il vero problema riguarda la accountability: dare conto dei risultati che si ottengono con quel denaro. La cultura del dare conto in Italia non esiste, invece è cruciale: se spendi per comprare palloncini puoi allietare per un po’ i bambini nelle tende ma non hai risolto nessuno dei problemi di lungo periodo dei terremotati”.

Nel resto d’Europa e in Giappone enti super partes garantiscono efficienza e accountability – Come rimediare? “Serve un ente super partes che supervisioni la raccolta dei fondi e monitori i risultati concreti garantendo efficienza, trasparenza e rendicontabilità, come la Uk Charity Commission inglese e i suoi omologhi tedeschi e francesi”. O come la Japan Platform, che è stata cruciale nel gestire l’assistenza e la ricostruzione dopo il terremoto e lo tsunami che hanno colpito la costa orientale del Giappone nel 2011. “Non può trattarsi”, continua Zamagni, “della Protezione civile, che ha il compito di gestire le emergenze e non deve occuparsi di ricostruzione. La candidata naturale per svolgere questo ruolo sarebbe stata l’Agenzia per il terzo settore. Peccato che il governo Monti nel 2012 l’abbia abolita e che l’esecutivo Renzi, che ha appena varato la riforma del comparto, non l’abbia ripristinata“. La Fondazione per il dono da due anni a questa parte cerca di supplire facendo “intermediazione filantropica” tra donatori e beneficiari: in pratica crea un fondo ad hoc e lo gestisce per raggiungere gli obiettivi di chi mette a disposizione i soldi. A livello governativo, però, resta il vuoto.

Le ong da nove anni hanno un meccanismo di coordinamento – Che il coordinamento sia indispensabile lo conferma invece la scelta di nove tra le principali organizzazioni non governative che operano in Italia, ActionAid, Amref, Cesvi, Coopi, Gvc, Oxfam, Sos Villaggi dei bambini Italia, Terre des HommesVolontariato internazionale per lo sviluppo: nel 2007, a due anni di distanza dal devastante tsunami dell’Oceano Indiano, hanno creato l’Agenzia italiana risposta emergenze (Agire), un meccanismo congiunto di raccolta fondi che si attiva in caso di gravi emergenze umanitarie. “L’obiettivo è evitare la moltiplicazione delle richieste, che confonde i cittadini, e massimizzare sia le risorse raccolte sia i benefici per la popolazione colpita”, spiega a ilfattoquotidiano.it la coordinatrice Alessandra Fantuzi. “I soldi vengono divisi tra le ong aderenti in base alla loro presenza nel Paese e esperienza in quella tipologia di emergenza. Poi ne monitoriamo l’uso e ci occupiamo della rendicontazione, in modo che ogni donatore possa verificare come sono stati spesi i suoi soldi”.

Protezione civile: “Con i soldi del 45500 saranno ricostruiti edifici pubblici” – La Protezione civile, in questa fase, dribbla le polemiche sulla dispersività delle iniziative di solidarietà. Ma consiglia a chi ha già lanciato raccolte spontanee di confrontarsi con le istituzioni, “a partire dalle Regioni Lazio, Marche e Umbria che hanno aperto tre conti correnti ad hoc e attivato caselle di posta elettronica a cui segnalare la disponibilità di beni per i terremotati”. Dal Dipartimento, dopo aver ribadito la richiesta di non inviare di propria iniziativa cibo, vestiti o coperte, tengono a sottolineare che i fondi raccolti dagli operatori telefonici attraverso il numero solidale 45500 saranno utilizzati con una procedura trasparente: “Le somme saranno versate, senza alcun ricarico, su un conto infruttifero aperto presso la Tesoreria Centrale dello Stato. Alla fine della raccolta, che durerà 45 giorni, sarà nominato d’accordo con le regioni coinvolte un comitato di garanti con il compito di dare il nulla osta ai progetti di ricostruzione di edifici pubblici presentati dagli enti locali”. Quindi attenzione: i soldi non verranno usati per le case dei terremotati ma per “scuole, palestre, centri per i bambinimunicipi“. Un aspetto forse non chiarissimo ai cittadini, visto che la Protezione civile si era limitata a far sapere che avrebbe provveduto a “destinare i fondi alle regioni colpite dal sisma”.

Truffe e sciacallaggio a distanza – In queste ore sempre più persone, via Facebook e Twitter, chiedono controlli sulla gestione dei fondi raccolti nella fase di emergenza. Il timore che qualcuno se ne approfitti a scapito dei terremotati è del resto giustificato visto che anche stavolta non mancano le segnalazioni sugli sciacalli che cercano di lucrare sul dramma. In Sicilia è partita due giorni fa la prima denuncia alla polizia postale contro alcune false raccolte di fondi, cibo e vestiti a nome dell’Associazione nazionale pubbliche assistenze (Anpas). Da L’Aquila e Santa Maria Capua Vetere è arrivata poi notizia di richieste di denaro porta a porta da parte di sedicenti rappresentanti di una onlus. Se si tratti di vere e proprie truffe va ancora chiarito, ma i precedenti negativi certo non mancano: dopo il sisma del 2002 in Molise, per esempio, la Polposta trasmise un’informativa alla procura di Larino per segnalare che circa 30mila siti avevano attivato sottoscrizioni per contribuire alla ricostruzione del comune di San Giuliano di Puglia, quello dove il crollo della scuola elementare aveva ucciso 27 bambini e una maestra. Una solidarietà ”terribile, retorica, rumorosa ed eccessiva”, commentò il procuratore Nicola Magrone.

Fiorello: “Occhio a spettacoli e concerti. Se non devolvi tutto ma trattieni le spese il gioco non vale la candela” – Tornando a oggi, domenica Fiorello ha messo in guardia chi vuol donare partecipando a concerti e spettacoli che devolvono parte del ricavato alle popolazioni colpite. In un post su Facebook lo showman ha avvertito: “Occhio: sono stato invitato ad almeno quattro manifestazioni per raccogliere fondi. Attenti a questi eventi che facciamo noi dello spettacolo. Se alla fine non devolvi tutto, ma ”tutto” meno le spese, allora non lo fare”, perché “il gioco deve valere la candela. I soldi vanno dati tutti in beneficenza. Mi fiderei di più se venisse organizzato da una onlus o una associazione affidabile. La storia insegna che poi uno raccoglie i soldi, fa, dice, poi quando vai a vedere dove sono finiti i soldi, non li trovi. Vorrei vedere nomi e cognomi, per chiedere alle persone che ricevono questi soldi ”che stai facendo? Quanto hai speso? Quando partono i lavori?”. Accountability, appunto. Fino a quando non sarà garantita, “io preferisco fare la mia beneficenza privata (…) non c’è bisogno di cantare: dai i soldi direttamente e il gioco è fatto”.