Venezia 2016 avrà un Leone d’Oro che batterà bandiera angloamericana, luogo dove il mutamento “star davanti all’autore”, quest’ultimo esposto nella sua originalità ma controllato a vista delle major, è diventata consuetudine
Michael Fassbender, Mel Gibson, Denzel Washington, Amy Adams, Emma Stone, Alicia Vikander, Jude Law, Naomi Watts, Jake Gyllenhall, Jeremy Renner, Andrew Garfield, Natalie Portman… possono bastare? Sono giusto alcuni nomi sparsi che calcheranno il red carpet della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica – la Biennale di Venezia 2016. Sembrano così lontane le nubi polemiche dove il “festival” sapeva portare sui motoscafi direzione Lido soltanto figure di illustri sconosciuti che però arricchivano il “concorso” con grandi film d’essai da Leone d’Oro. Esageriamo, per paradosso sia nel ricordo che nell’ipotesi azzardata: Venezia sta mutando pelle. L’edizione 2016 sembra confermarlo. Solo nei primi giorni di Mostra, tra mercoledì 31 agosto e lunedì 5 settembre 2016, sbarcheranno in laguna talmente tante star hollywoodiane, grandi attori italiani, francesi, inglesi, sudamericani e asiatici da far invidia davvero ai corrispettivi festival di Toronto e Telluride. Venezia cambia pelle, proprio come ha cambiato pelle Hollywood e dietro l’industria cinematografica di mezzo mondo: i grandi registi sempre più perfomer tecnico/estetici fanno sbilanciare appeal e attenzione mediatica praticamente tutta addosso alle celebrità hollywoodiane. Stiamo ragionando per paradosso, ma con una punta di provocante verità.
Quindi, attenzione, se diciamo che apre il festival il musical La La Land e tutti a tirare su il collo come giraffe per vedere Ryan Gosling (probabile che al Lido sbarchi anche lui), Emma Stone, il cantante John Legend e un caratterista di lusso come J.K.Simmons, mentre il regista Damien Chazelle, di cui non si ricorda nemmeno se ha i capelli blu o viola, arriva dopo, molto dopo. Mica per demerito artistico/creativo, ma perché l’aria che tira è questa. La teorizzazione New Hollywood dell’autore che tutto crea, controlla, e distrugge, non c’è più. Conviene farsene una ragione. Inutile che sul sito web del Festival siano inseriti prima il nome del regista in maiuscolo, poi il titolo del film sempre in maiuscolo e infine più in piccolo gli attori. Altro esempio? La coppia Fassbender/Vikander, insieme sul set come nella vita, protagonista di The Light Between Oceans (film in Concorso), sarà a Venezia e si mostrerà in pubblico (per la prima volta?) proprio al Lido. Ebbene: ora, su due piedi, vi ricordate chi è Derek Cianfrance, il regista del film? Dai, a bruciapelo. Ragiono per paradosso, anche qui, e provoco. Perché Cianfrance è per chi scrive un “autore” nel senso pieno del termine, qualcuno che lascia firma poetica e riconoscibilità espressiva in fondo ad ogni sua inquadratura. Eppure, a livello di massa, il cognome di costui è come arabo. Quando si dice Lo Squalo si accoppia subito Spielberg; quando si dice Il Padrino ecco immediato il click Coppola; Taxi Driver è Scorsese; La dolce vita è Fellini. Dopo, solo dopo, le star (Brando, Mastroianni, De Niro) blasonate, eterne, immortali, ma dopo. Inutile che Wim Wenders, al Lido con Les beaux jours d’Aranjuez (in 3D sant’iddio, in 3D!!), o Emir Kusturica, in Concorso con On the milky road dove c’è Monica Bellucci, vengano insufflati a forza come bandierine di un’idea di cinema che non esiste più.
Venezia 2016 avrà un Leone d’Oro che batterà bandiera angloamericana, luogo dove il mutamento “star davanti all’autore”, quest’ultimo esposto nella sua originalità ma controllato a vista delle major, è diventata consuetudine. Sam Mendes, lussuoso presidente di giuria, vigilerà. E allora spazio a Dakota Fanning, Guy Pearce, e l’emergente Kit Harington da Il Trono di Spade (c’è pure lui sul red carpet) per l’epica western Brimstone (in Concorso). Pazienza se l’impronunciabile regista Martin Koolhoven, avrà, come intuiamo girato un film esageratamente interessante e ambizioso. Del suo cognome ci si dimenticherà in fretta. Ancora, e poi giuro passiamo oltre. Volete vedere Keanu Reeves, Jim Carrey o Giovanni Ribisi in passerella al Lido? Ebbene il film c’è, The Bad Batch, è in Concorso, e chissà, probabile che due su tre del cast sbarchino in Laguna. Ma la regista Ana Lily Amirpour qualcuno la conosce, o magari la ricorderà con uno spelling inappuntabile nel futuro? Noi ce l’abbiamo in testa da quando ha girato in Iran un capolavoro horror visto in Italia da sì e no 50 persone intitolato A Girl Walks Home Alone at Night e aspettavamo il lieto evento. Ma gli altri, il mondo, le masse?
Il cappello al cambiamento festivaliero in atto ce l’ha messo Alberto Barbera, a cui va il merito di un’edizione sulla carta, davvero stellare. Un mesetto fa chiacchierando con Gabriele Niola su BadTaste.it ha fatto capire il terremoto in atto, sentenziando che il cinema d’autore è in terribile difficoltà e a domanda “Dovesse fare un festival da zero oggi, metterebbe un concorso?”, la risposta è stata “No”. Ulteriore aggiunta: “Hai mai visto negli ultimi 10-15 anni un verdetto di una giuria che soddisfi tutti o quantomeno sia oggettivamente soddisfacente? (…) Perché purtroppo il concorso è una cosa folle, che senso ha dire che il film di Godard è più bello di quello di Lav Diaz? Stiamo parlando in un ambito che, per quanto sia una commistione di arte e commercio, per il cinema d’autore non ha senso”. Boom. Ecco allora che in Concorso ci vanno il filippino Lav Diaz con il suo classico film da tre ore e mezza come Tom Ford, il fashion designer please, che con Nocturn Animals scarrozza Gyllenhall e Adams in Laguna; il film cileno El Cristo Ciego, che è stato accostato dai selezionatori a Pasolini, e Denis Villeneuve, regista del sequel di Blade Runner, che con Arrival porta con sé Amy Adams, Jeremy Renner e Forest Whitaker, Chiudiamola qui. Dettagli da segnare. Gli italiani in Concorso sono tre e rispecchiano il cambiamento di pelle del festival: Giuseppe Piccioni, vero grande autore anni ottanta/novanta con il gineceo di Questi giorni; un commediante brillante, intelligente e dal tocco autoriale come il giovanissimo Roan Johnson e il suo Piuma; il documentario Spira Mirabilis di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti sull’impalpabile ricerca dell’immortalità. Decine i film Fuori Concorso, nella sezione Orizzonti, e nelle sezioni parallele della Settimana della Critica e delle Giornate degli autori. Segnaliamo il ritorno alla regia di Mel Gibson con Hachsaw Ridge, storia del soldato Desmond Doss che a Okinawa salvò 75 commilitoni senza sparare un colpo; The Journey, tormentata trattativa di pace nordirlandese con due attori immensi come Timothy Spall e Colm Meaney; le prime immagini della serie tv di Paolo Sorrentino, Young Pope; Safari, il documentario di Ulrich Seidl sui turisti austro-tedeschi in braghette e cappellino da pensionati intenti a spappolare teste di antilopi e leoni; il nuovo film di Kim Rossi Stuart, Tommaso; il remake de I Magnifici sette in chiusura. Infine la grande novità del Cinema in Giardino, sala ultrapop dove verranno mostrati L’estate addosso di Gabriele Muccino, il nuovo Kim Ki Duk e lo Zombie di Romero presentato da Dario Argento e Nicola Winding Refn. Tutti i film qui