Chi non abbia ascoltato l’Eroica di Beethoven incisa da Pierre Monteux con l’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam nel luglio 1962 ignora un pezzo fondamentale della storia dell’interpretazione di questa colossale sinfonia. Finalmente la Universal Italia ha provveduto a colmare a questa lacuna, il disco era fuori catalogo da parecchi anni, pubblicando un cospicuo box dei dischi incisi dal grandissimo direttore francese nella ultima fase della sua lunga carriera per Philips, Decca e Westminster.
Ma torniamo a quell’Eroica grandiosa. Il Maestro era oramai abbondantemente sopra l’ottantina, essendo nato nel 1875, e distillò dall’orchestra olandese il più classico dei suoni, senza pesantezze (presunte) teutoniche, di una chiarezza e una nitidezza di timbri, si sarebbe tentati di dire freschezza, che raramente si erano uditi prima e che non si udranno per un bel pezzo dopo.
I tempi erano ideali per l’Allegro con brio iniziale, vivi ma senza eccessi, come invece ideologicamente in Toscanini; nella Marcia Funebre forse un po’ troppo leggeri, ma in linea con la visione del direttore: nessuna metafisica tragedia, rimane il lutto composto ma del tutto umano. Preziosissimi sono i pochi minuti di prove, acclusi come bonus al cd, proprio della Marcia Funebre, dove il maestro caparbiamente ritorna sulle cruciali note d’apertura finché non riesce a sentirle tornite come desidera.
Il box Universal è particolarmente prezioso perché contiene l’unica integrale beethoveniana incisa dal direttore francese, sebbene con due orchestre. La Rca (che qualche anno fa pubblicò l’integrale dei dischi incisi da Monteux in una sontuosa edizione), per tutti gli anni che lo aveva tenuto sotto contratto, aveva privilegiato per lui il repertorio francese e russo, facendogli spesso incidere le stesse opere ad ogni miglioramento della tecnologia, per cui abbiamo due incisioni della Sagra della Primavera, due della Seconda sinfonia di Brahms e così via.
Grandissimo peccato visto che Monteux aveva conosciuto Brahms e aveva suonato per lui, sarebbe stata una integrale preziosissima. In parte anche Decca e Philips commisero lo stesso errore: c’era bisogno di una terza incisione della Sagra della Primavera (peggiore delle prime due, per altro)? Ma tant’è, gli arcani delle compagnie discografiche sono spesso ignote ai comuni mortali. Certo, avere in catalogo un’incisione dell’opera più rivoluzionaria di Stravinskij, con il direttore che ne aveva tenuto, nel 1913, la prima tempestosissima esecuzione doveva far gola.
Per quell’occasione Monteux pretese un’orchestra francese, quasi volesse ricreare un’idea di suono di quella prima storica esecuzione parigina, ma l’incisione è decisamente inferiore a quella di Boston, che resta ideale. Nell’esecuzione con l’Orchestre du Conservatoire ciò che sembra difettare è proprio ciò che Diaghilev aveva visto nel giovane direttore: un senso quasi elastico e sempre marcato della componente ritmica, ma mai stupidamente meccanico che ne faceva un interprete ideale per il balletto.
L’incisione Decca è piuttosto noiosa, senza quella esaltazione ritmica che costituisce uno dei “marchi di fabbrica” del gesto di Monteux. Altre chicche non presenti nel catalogo Rca sono la Settima di Dvorak, la Seconda sinfonia di Sibelius, splendidamente eseguita, e soprattutto le Variazioni Enigma di Elgar, di cui Monteux dà una lettura particolarmente vitale e assai idiomatica, lontana mille miglia dagli abbandoni estatici di un Bernstein, ad esempio. Invece appartiene al capitolo delle re-incisioni tutto lo splendido repertorio francese di cui era ritenuto specialista: Ravel (di cui era coetaneo e amico), Debussy e di Franck (anche se belga).
Intendiamoci, sono esecuzioni di assoluto riferimento, specie Debussy e Franck, ma la reputazione di direttore “francese” nocque non poco al nostro, che invece aveva una spiccata predilezione per il repertorio tedesco. Appartiene all’aneddotica il fatto che pare non ne potesse più di dirigere la grande Sinfonia in re minore di Franck, opera che incise ben 3 volte in studio e di cui era ritenuto massimo esecutore. E’ sempre per questo motivo commerciale che non abbiamo nessun disco in studio all Wagner ma solo diversi memorabili live. Anche l’opera, che pure era una delle sue passioni, è ben poco documentata in studio, con una sola celeberrima Traviata registrata all’Opera di Roma. Purtroppo Monteux rimane uno dei casi emblematici di come l’industria discografica possa restituirci un’immagine falsata di un grande interprete.