Gran parte del territorio italiano è ad alto rischio sismico e purtroppo ogni terremoto causa vittime. Poiché la previsione dei terremoti è possibile solo su base statistica, è in genere molto difficile prevenire le morti per terremoto evacuando anticipatamente l’area interessata. L’unica difesa risulta quindi la prevenzione primaria (rendere le costruzioni resistenti al sisma) e secondaria (aumentare l’efficacia delle misure di sicurezza durante e dopo il sisma quali le procedure di evacuazione e soccorso).

La prevenzione primaria è costosa: il costo dell’adeguamento alle norme antisismiche per gli edifici attuali è stato quantificato in circa 140 miliardi di euro da Mauro Dolce, esperto della Protezione Civile (90 Mld per gli edifici privati e 50 Mld per quelli pubblici). Nella stessa intervista, Dolce ha precisato che il costo per singolo edificio varia entro un intervallo abbastanza ampio, tra 300 e 800 euro per metro quadrato. Queste cifre sono difficili da valutare in assenza di una contestualizzazione. Poiché ho provato a cercare alcuni dati per il mio interesse, proverò a condividerli coi lettori. Secondo i dati del Fmi, come raccolti da Wikipedia, il Pil italiano di un anno ammonta a circa 1.900 miliardi di dollari internazionali. La spesa pubblica italiana è pari a poco più della metà del Pil, all’incirca 800 miliardi di euro all’anno. Nessuno di questi numeri è preciso, ma l’ordine di grandezza è corretto, e aggiornato al 2015, quindi attuale. Le voci principali della spesa pubblica, che avevo già discusso in un post precedente, sono: 30% previdenza e assistenza (pensioni), 13% sanità, 10% istruzione,9% interesse sul debito pubblico.

In pratica l’adeguamento antisismico del paese costerebbe il 18% della spesa pubblica annuale: più o meno il doppio della spesa per istruzione di tutto il paese per un anno o una volta e mezza la spesa annuale per la sanità. Stante che non è possibile rinunciare a un anno e mezzo di sanità o a due anni di istruzione pubblica, si potrebbe pensare ad un progetto decennale di investimenti per l’adeguamento antisismico, con un costo dell’1,8% della spesa pubblica annuale. Poiché terremoti gravi si verificano con cadenza più ravvicinata di un decennio, un piano del genere comporta rischi prevedibili nel breve e medio termine. Inoltre è dubbio che sia possibile accantonare l’1,8% per dieci anni anche per una causa così importante: le altre voci della spesa pubblica sono infatti non tutte comprimibili, e comunque spesso sottodimensionate rispetto alle necessità del Paese. Si deve considerare che una voce incomprimibile della spesa pubblica (ad es. l’interesse sul debito) riversa il suo carico su tutte le altre (ad es. l’1,8% ricalcolato sulla quota di spesa pubblica al netto dell’interesse diventa il 2% della somma delle altre voci).

Il problema come si vede è grave, ma soprattutto è oggettivo: non lo si risolve incriminando i sindaci o i costruttori. Il malcostume politico, gli adeguamenti antisismici non fatti o fatti male esistono e si sommano al problema oggettivo reale, ma non ne costituiscono la causa. Purtroppo il pubblico, soprattutto in Italia, tende a leggere con maggiore interesse la notizia dello scandalo (l’adeguamento antisismico mal fatto), che l’analisi del problema oggettivo. I mezzi di comunicazione si adeguano al gusto del pubblico e privilegiano la notizia degli scandali e la politica lucra consenso a buon mercato (votate noi, perché siamo onesti e non facciamo scandali). Cercare colpevoli è il compito della magistratura, analizzare problemi e possibili soluzioni (individuate dagli esperti di settore) quello della politica, cioè di tutti noi.

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