Altri sei mesi di tempo per indagare su Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, accusata di corruzione, induzione e abuso d’ufficio.
La procura di Caltanissetta ha infatti chiesto e ottenuto una proroga nell’inchiesta sui presunti illeciti nella gestione dei beni sequestrati a Cosa nostra che coinvolge, oltre alla Saguto, alcuni suoi familiari, amministratori giudiziari e magistrati.
La proroga di sei mesi concessa decorrerà dal prossimo 10 settembre. In questo modo la pm Cristina Lucchini e la Guardia di Finanza potranno continuare ad indagare su una quarantina di amministrazioni giudiziarie.
L’inchiesta sulla gestione dei beni tolti ai clan è esplosa nel settembre del 2015: negli ultimi dodici mesi gli inquirenti hanno ricostruito quello che definiscono come un gigantesco cerchio magico fatto di favori, regali e prebende nell’amministrazione delle ricchezze sottratte ai boss. L’indagine, infatti, squarcia il velo soprattutto sui rapporti della famiglia Saguto. Nel registro degli indagati sono finiti anche l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, uno dei principali amministratori giudiziari della città, e l’ingegnere Lorenzo Caramma, marito della Saguto e collaboratore dello studio di Cappellano Seminara. Tra il 2005 e il 2014 Caramma avrebbe ricevuto dall’avvocato 750 mila euro di compensi per varie consulenze.
Gli investigatori hanno analizzato anche la carriera di un figlio della Saguto, che si è addirittura laureato con una tesi sui beni confiscati a Cosa nostra. Un titolo che, secondo gli inquirenti, viene suggerito dal vero autore di tutto l’elaborato, e cioè Carmelo Provenzano, professore universitario alla Kore di Enna, amministratore giudiziario di fiducia della Saguto, uno dei componenti del cerchio magico della zarina dei beni confiscati. È Provenzano che scrive – secondo gli inquirenti – la tesi di laurea del figlio della Saguto, ed è sempre Provenzano che cerca di farsi raccomandare dal magistrato per un incarico al Cara di Mineo, il centro per richiedenti asilo finito al centro di Mafia Capitale e commissariato dallo scorso giugno.
L’indagine sul sistema Saguto ha colpito anche l’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, sospettata di corruzione e concussione in concorso con la stessa ex presidente della sezione misure di prevenzione. Cannizzo ha occupato la poltrona più alta della prefettura di Palermo fino al novembre del 2015, quando il ministero dell’Interno aveva provveduto a trasferirla, sostituendola poi con Antonella De Miro.