Nel 2014 la ministra della Salute Beatrice Lorenzin si disse preoccupata per il calo demografico e intenzionata a mettere in atto un piano nazionale della fertilità che, in una intervista concessa ad Avvenire, veniva descritto come un mezzo per “educare alla maternità” perché “va riscoperta la bellezza di diventare madri in età più fertili”. Il piano nazionale della fertilità prevedeva già da allora un Fertility Day annunciato un anno più tardi perché – così si affermava – “la denatalità mette a rischio il welfare”. Il Piano era dunque pensato per fare aumentare il numero di figli.
Non si capisce come si possa parlare di “calo” quando in realtà si bloccano centinaia di donne, uomini, e bambini, alle frontiere, rinviandoli al mittente o, al peggio, assistendo impotenti alla loro morte per annegamento nel mar mediterraneo. Non si capisce neppure perché mai non si fa parola dell’assenza di casa e reddito che diventa motivo – uno dei tanti – per cui le coppie non fanno figli. Il punto è che in Italia si parla sì di figli ma di figli appartenenti a una certa etnia. Si parla di figli fatti in coppie etero, senza fecondazione eterologa o gestazione per altri (Gpa). La ministra si è sempre detta, infatti, contraria a tecniche di procreazione medicalmente assistita al di fuori dello schema etero.
In ogni caso eccoci ad analizzare quel che parrebbe un brutto sequel del family day. Il Fertility Day si svolgerà in molti comuni d’Italia, con iniziative istituzionali e dunque, immagino, pagate con le nostre tasse, nella giornata del 22 settembre. Nel sito internet è simpaticamente introdotto il concetto di “colpa”, per scarsa fertilità, diretto alle persone che assumono comportamenti scorretti, non già per la propria salute, ma a danno del proprio grado di “fertilità”. Il Fertility Game ti consente di scegliere l’icona che preferisci, e la scelta è obbligata, secondo stereotipi precisi: spermatozoo azzurrognolo e ovulo ovviamente di un bel rosa acceso con occhi contornati da ciglia lunghe.
Il giochino ti educa a vincere solo se becchi spermatozoi o ovuli ed eviti altro che possa farti diventare non “fertile”. Se per disgrazia nasci “sterile” ovviamente non puoi neppure giocare (vergogna). Questa faccenda della colpevolizzazione per il comportamento scorretto da non assumere per il bene della fertilità, è perfino peggio di quel che avviene negli Stati Uniti in cui si condannano donne che durante la gravidanza compirebbero atti sconsiderati che possono portare ad aborti spontanei. Se sei incinta sei controllata 24 ore su 24 e se bevi, fumi, o chi lo sa, ti criminalizzano non perché interessati alla tua salute, ma perché altrimenti sei colpevole di “omicidio”. Ancora di più, ovviamente, diventi colpevole, seguendo questo filo conduttore, se abortisci per libera scelta.
Sul sito del Fertility Day trovate poi una pagina dedicata alle “cartoline” con disegni e slogan precisi che determinano la comunicazione scelta per questo evento. Tutto ruota attorno al concetto di fertilità come “bene comune” (l’acqua a essere un bene comune, non la fertilità). Pensavi che il corpo fosse tuo e così la tua capacità riproduttiva? Ebbene no. Per il governo il corpo appartiene allo Stato, il tuo dovere è riprodurti, rispettando la norma etero, e farlo entro un’età precisa, in fretta, addirittura prima di avere un lavoro e una casa, giacché non importa nulla se quel figlio sarà allevato in povertà. Quel che conta è il fatto che più figli nascono e più schiavi sono forniti a vantaggio di chi ti usa secondo un nasci/produci/consuma/crepa che fa aumentare il Pil e favorisce società fondate all’insegna del biocapitalismo.
Dopo aver apprezzato la finezza semantica della cartolina in cui viene descritta la “scaduta” fertilità maschile con una scivolosa buccia di banana, non posso fare a meno di fermarmi a considerare il fatto che si sollecita la donna a diventare madre prima possibile. Insomma, si potrebbe considerare un eufemismo per la formula “fate figli per la patria” imposto nel tempo fascista giacché oggi, nel 2016, sappiamo invece che la fertilità non è affatto un bene comune: il fatto che il mio corpo sia fertile o meno riguarda solo me. Il mio corpo non è un bene comune e su di esso solo io posso compiere scelte autodeterminate. Il corpo è mio e lo gestisco io. La fertilità non può essere messa a servizio dello Stato perché il mio non è un Corpo di Stato.
Infine una domanda: perché, invece che un piano nazionale della fertilità patriottica, non viene redatto un piano che parli di educazione sessuale e prevenzione di gravidanze indesiderate e contagio di malattie sessualmente trasmissibili? Perché non si parla di figli partoriti, adottati, cresciuti da qualunque tipo di famiglia, inclusa quella omosessuale? Perché non si parla di salute delle donne mettendo in evidenza l’orrore e la violenza subita dalle donne in sala parto dove ancora sono fermi al “taglietto” ano/vagina e alla “spinta” sotto le costole, per farti sputare fuori un bambino?
Io non sono la mia fertilità. Io sono una persona, che non ha scadenza e non ha, come unica finalità, quella di riprodursi. E voi chi o cosa siete?