Una ragazza di 18 anni, di Bagnoli nel padovano, è morta per una leucemia che i suoi genitori avevano deciso di curare con la medicina alternativa. La storia è raccontata dal Mattino di Padova. Eleonora Bottaro, studentessa di un istituto agrario, e i suoi genitori avevano rifiutato in tutti i modi l’uso della chemioterapia per curare la malattia della ragazza. Erano e sono ancora infatti dei sostenitori delle teorie di Ryke Geerd Hamer, l’ex medico tedesco radiato dalla professione nel 1986 che continua ad esercitare clandestinamente ancora oggi. Secondo le sue ipotesi, mai provate – anzi, platelamente smentite – su alcuna rivista specializzata, tutte le malattie, quindi anche i tumori, si manifestano nell’organismo in risposta a traumi psicologici irrisolti. Per curare questi traumi l’organismo dovrebbe essere aiutato a reagire con rimedi naturali, ad esempio l’inoculazione di batteri. Nel caso di Elena Bottaro, l’evento traumatico sarebbe stato la morte improvvisa del fratello Luca, avvenuta nel 2013, per un aneurisma.
Ad Eleonora la leucemia era stata diagnostica all’inizio del 2016, quando era ancora minorenne. A partire dal quel momento, Lino Bottaro, giornalista e fondatore del sito Stampa Libera (oggi chiuso), e la moglie Rita si sono opposti all’uso della medicina tradizionale sia nel reparto di Oncoematologia di Padova, dove la figlia era stata ricoverata in un primo momento, sia all’ospedale di Schiavonia in un momento successivo. Di fronte all’ostinazione dei medici a voler utilizzare la chemioterapia, i genitori avevano deciso per la dimissione volontaria della figlia. Il caso era stato segnalato dall’Asl padovana al Tribunale dei Minori, che nel giro di poche settimane aveva tolto la patria potestà alla coppia, nominando tutore della ragazza il professore di Medicina Legale Paolo Benciolini.
Dopo una mediazione, con il supporto di un avvocato, i genitori avevano ottenuto che la figlia venisse ricoverata in Svizzera, all’ospedale di Bellinzona, dove sono ammesse le cure alternative. Nel caso specifico sono stati utilizzati preparati a base di cortisone. “È stata un’esperienza molto dura e triste” ha dichiarato al Mattino l’avvocato della famiglia. “Continuavano a darci degli assassini – ha detto al Mattino – non abbiamo fatto altro che ricordare che ci deve essere una libertà di cura”. Il legale ha dovuto presenziare a tutti gli incontri tenuti da padre e madre con i medici che seguivano la figlia, fino al 14 agosto, quando la ragazza è divenuta maggiorenne. Secondo l’avvocato, in Svizzera la ragazza sembrava essersi ripresa. Poi il nuovo peggioramento e il ricovero urgente a Schiavonia, a cui è seguito un ricorso della famiglia che chiedeva l’utilizzo di dosi massicce di vitamina C per curare la ragazza. Ma non c’è stato il tempo.