Punto terzo: il divario tra uomini e donne resta incolmabile. Il tasso di occupazione maschile è passato, negli ultimi 30 mesi, dal 64,4 al 66,9, mentre quello di disoccupazione calava dal 12,2 al 10,6. Le donne al lavoro, invece, sono solo il 47,8%, pur in lieve salita rispetto al 46,7% del febbraio 2014. E il tasso di disoccupazione femminile resta al 12,6%, contro il 13,7% del 2014. E si concentra tra le donne anche il recente aumento degli inattivi, cioè i disoccupati che hanno perso la speranza di trovare un lavoro per cui hanno smesso di cercarlo: a luglio il numero ha ricominciato a crescere dopo quattro mesi di calo proprio per effetto della crescita delle inattive, salite a 8,83 milioni dagli 8,78 di giugno.
Punto quarto, cruciale per valutare i risultati ottenuti dal governo: nonostante incentivi e Jobs Act, il divario tra l’Italia e il resto della Ue per quanto riguarda la disoccupazione si è addirittura allargato. Il tasso medio dei 28 Paesi è all’8,6% , quello dell’Eurozona al 10,1 per cento.
Infine la cassa integrazione: Renzi rivendica come risultato del governo il fatto che il numero di ore autorizzate sia passato dai 1.115 milioni del 2013 ai 677 milioni del 2015. Ma non spiega che il crollo della cassa ordinaria nell’ultima parte dell’anno è dipeso dal blocco delle autorizzazioni causato dall’entrata in vigore del decreto attuativo del Jobs Act che ha riformato gli ammortizzatori sociali prevedendo tra l’altro che i beneficiari non possano riceverli per più di 24 mesi in un quinquennio mobile. Quanto alla riduzione della cassa in deroga, che dall’anno prossimo scomparirà per essere sostituita dalla Naspi, il motivo del calo va cercato nel fatto che le risorse sono state sbloccate a singhiozzo. In più, il fatto che l’analisi si fermi al dicembre 2015 oscura il fatto che quest’anno si è registrato un nuovo aumento della cassa straordinaria, quella che viene concessa per le crisi aziendali più complesse: le ore concesse sono salite del 9,66% rispetto allo stesso periodo del 2015.