La cittadina Virginia sta toccando con mano la follia di arroccare la sostanza politica di un movimento che aspira a governare, nel mantra ripetuto all’infinito dell’onestà. Prerequisito indispensabile ma non esaustivo rispetto alle difficoltà che qualsiasi atto politico comporta.
Immagino che Grillo e Casaleggio jr. soffrano dello smottamento continuo e costante delle antiche certezze stellari: lo streaming è stato sostituito da riunioni precedute da bonifiche per evitare cimici o altro. La defunta televisione è stata riesumata a favore degli stellati in grado, per fisico del ruolo, bell’aspetto e rassicurante retorica, di reggere il confronto con loro stessi posto che ancora non sono pronti a reggerlo davanti a un interlocutore. Ed infine, gli uni che valgono gli altri si sono sciolti in un unicum che vale tutto, e che ha sede legale a Milano.
Passi significativi, insomma, in direzione di una struttura che del movimento riecheggia solo il continuo ondeggiare tra temi sensibili o divisivi su cui non si può decidere alcunchè: il rischio sarebbe quello di turbare segmenti o pezzi di elettorato, avvicinatosi al movimento, più per disperazione che per convinzione.
Curiosamente il responsabile degli enti locali, Luigi Di Maio, colui che più di altri, a livello nazionale rappresenta i comuni amministrati ogni qualvolta accade un evento non piacevole si eclissa. Forse colpito da improvvisa raucedine, accumula grane su grane senza mai affrontarne una. Affiancato da altri colleghi, pesi massimi anch’essi, assiste impotente alla modesta levatura dirigente che amministra città importanti tra buoni intuizioni e grandi pasticci. In verità se si gira alla sua sinistra trova il biker che conciona, Alessandro Di Battista, di città in città, predicando sovranità estese a tutto lo scibile umano. A destra ci sono altri figuri di cui non si rammentano attività altrettanto incisive.
E quindi rimane, ottimamente rappresentato, il tema del fare opposizione. Una opposizione che sempre più si tinge di petulanza che nella bella e feconda parlantina di Di Maio assurge a note fantastiche.
Come quella contro Errani, che con buona pace dei detrattori è persona competente e, fin quando il marchio di farabutto lo daranno i tribunali, anche persona onesta.
A controbilanciare l’imperizia, dall’altra parte, accorre in soccorso l’idiozia. Ancora più grave perché applicata a un tema, la demografia, che è tema non astratto ma concreto e reale, in mano alla ministressa Lorenzin, come troppo spesso accade all’attuale compagine di governo, il tema si “suerralizza”, assumendo le sembianze di un’epoca soave in cui fertilità e maternità rivestivano il ruolo di angelo del focolare.
Sarebbe interessante sapere dalla Lorenzin cosa conosce delle difficoltà incontrate da una giovane coppia, in età fertile, in merito alle difficoltà economiche, logistiche, lavorative. Forse si è fatta forte della riforma che aboliva le dimissioni in bianco confrontandosi con l’altra testa pensante del governo: tal Poletti. O forse, ignora del tutto lo stato dei servizi per l’infanzia ed ancor prima la rivendicazione, giusta e matura, di uomini e donne che pensano di potere affrontare l’esistenza anche fuori dalla logica riproduttiva.
In questo fiabesco teatrino anni 50, a chi non si ritrova più nell’opposizione e nel governo, non rimane che sperare che dal basso della partecipazione informale alla cittadinanza inattiva, nasca una nuova iniziativa: il Fatality Day. Nel Fatality Day si ritrovino le radici più profonde di un popolo che, malgrado tutto, riassuma nell’ironia il vero mistero della vita.