LA GIORNATA AL CAMPIDOGLIO - A due mesi dalla vittoria la prima crisi della sindaca M5s. Lasciano in cinque. Prima il "superassessore", dirigente Consob voluto da Di Maio, e la magistrata nominata capo di gabinetto. La prima cittadina racconta che la decisione è stata sua dopo un parere dell'Anac, ma il giudice dice che se n'è andata lei. "Lo stipendio non c'entra, credevo di garantire la legalità, ma la verità è un'altra". Poi abbandonano anche i manager delle aziende dei rifiuti e dei trasporti. Taverna: "Un duro colpo"
E’ il giorno più lungo, il più difficile per il sindaco di Roma Virginia Raggi a due mesi dalla vittoria alle elezioni per il Campidoglio. Prima la revoca del mandato al capo di gabinetto, il magistrato Carla Romana Raineri: “Lo stipendio non c’entra, pensavo di dover garantire la legalità, ma la verità è un’altra”. Poi le dimissioni del super-assessore al Bilancio, Marcello Minenna, dirigente della Consob voluto in giunta in particolare da Luigi Di Maio. E ancora le dimissioni del direttore generale e dell’amministratore unico dell’Atac, l’azienda dei trasporti, dopo le accuse incrociate di presunte ingerenze e di proteste strumentali. Infine, l’addio di Alessandro Solidoro da amministratore unico di Ama, l’azienda dei rifiuti. Un domino che porta la Raggi ad affrontare – così presto – una vera e propria crisi politica, prima che amministrativa: sullo sfondo, infatti, restano gli scontri interni al Movimento Cinque Stelle. “Stiamo lavorando per individuare delle personalità di rilievo che possano contribuire al rilancio della città. Non ci fermiamo” assicura ai consiglieri M5s. Ma non si presentata in consiglio comunale, provocando la protesta dei consiglieri del Pd e di Sinistra Italiana, che abbandonano l’Aula. Al suo posto parla il suo vice Daniele Frongia: “Cinque dimissioni in un giorno? Sicuramente non è una crisi, personalmente non ho ancora avuto modo di parlare con il dottor Minenna, quindi non sono a conoscenza delle motivazioni delle dimissioni. Quel che è certo è che noi abbiamo agito dopo la ricezione di un parere dell’Anac nell’ambito di un intervento straordinario di analisi e verifica di tutte le deliberazioni prodotte dall’amministrazione Raggi. Questa è un’operazione straordinaria voluta dalla sindaca per massimizzare la trasparenza e la bontà degli atti”.
Le dimissioni di Minenna e Raineri
Comunque sia, per capire da dov’è partita la frana che ha travolto la giunta M5s prima ancora di cominciare a governare, bisogna cominciare dalla revoca della nomina di Raineri da capo di gabinetto e le dimissioni – subito dopo – dell’assessore al Bilancio Minenna. Il primo nodo da sciogliere è se sia stata la Raggi a revocare l’incarico alla Raineri o viceversa sia stata la magistrata a rassegnare le dimissioni, come dice quest’ultima. “Al momento non voglio rilasciare dichiarazioni – dice il giudice – Quel che dico è che diffiderò chiunque avanzi l’ipotesi che le mie dimissioni siano legate all’accettazione dell’articolo 90 ovvero a riduzioni dei miei compensi, perché non è così. Credevo di essere stata chiamata per garantire la legalità. La verità è tutt’altra e spiegherò presto le mie ragioni”.
La miccia è stata un parere che l’Anac ha fornito al Comune di Roma sul contratto alla Raineri. La nomina è del 22 luglio. Ma la Raggi non è convinta di quanto le era stato risposto dall’avvocatura civica del Campidoglio, una presa di posizione “contradditoria” come la definisce l’Autorità anticorruzione. Così il 30 agosto scrive all’Autorità di Cantone. Tutto si muove intorno a due articoli del Testo unico degli enti locali, il 110 e il 90. Per l’avvocatura capitolina era corretto inquadrare la Raineri come capo di gabinetto ai sensi del 90, ma era giusto determinare il compenso ai sensi del 110. Un modo per garantire lo stipendio da 193mila euro all’anno accordato alla magistrata, è stata la prima ricostruzione, respinta però dall’interessata (“Il problema non è stato lo stipendio”). In ogni caso, spiega Raffaele Cantone nel documento spedito al Comune, l’applicazione del 110 è “impropria”, perché regola i ruoli da dirigente e non – come il 90 – quello degli uffici e del personale, in questo caso con un incarico “politico”, di fiducia del sindaco. Per giunta gli incarichi a contratto regolati dal 110 sono “conferiti previa selezione pubblica”. Un nodo intrecciato che l’Anac ha sciolto dicendo di seguire l’articolo 90.
Il parere dell’Anac è protocollato il 31 agosto. Tra la sera e la mattina seguente, quella di oggi, avviene la rottura che porta la Raineri e poi l’assessore Minenna. Cosa sia avvenuto in quelle ore, per il momento, non si conosce: nessuno dei protagonisti ha voluto ancora raccontarlo. Tutti si affidano a frasi-slogan. La Raggi conferma la “massima trasparenza“. La Raineri annuncia che dirà “presto” i “veri motivi2 del suo addio. Minenna si limita a 8 parole: “Ho servito lo Stato anche stavolta, come sempre”.
Minenna, l’uomo chiave della giunta
Fin qui l’aspetto tecnico. Ma poi c’è quello politico, forse più importante per le conseguenze sulla giunta Raggi. L’uscita dell’assessore Marcello Minenna è un colpo per la giunta Raggi. Minenna, dirigente della Consob, era l’uomo chiave della squadra di governo, aveva molte deleghe e tutte pesanti. Oltre al bilancio infatti si doveva occupare di patrimonio e partecipate. Un super assessore – voluto in particolare da Luigi Di Maio – che doveva mettere mano al riordino delle aziende capitoline, alla spending review con i tagli agli sprechi e doveva riorganizzare il patrimonio capitolino già al centro di scandali come quello di Affittopoli. Aveva in mano la questione del bilancio con l’ipoteca pesante del debito e la sua gestione commissariale.
L’addio di Minenna e di Raineri arriva dopo un braccio di ferro che – raccontano fonti del Campidoglio citate dall’AdnKronos – da settimane andava avanti con altri due pezzi da novanta dello staff del sindaco, Salvatore Romeo (capo della segreteria politica della Raggi) e Raffaele Marra, vicecapo di gabinetto (cioè vice della Raineri). I primi due erano “puntelli” voluti dai vertici nazionali del M5s per dare solidità alla giunta, gli altri due sono ritenuti molto vicini alla prima cittadina e al suo vice, Daniele Frongia. Tra Minenna e Marra (ex collaboratore di Gianni Alemanno) si è verificato più di uno scontro. L’ultimo è stato proprio sulla Raineri. Fonti interne al Movimento, spiega l’AdnKronos, sostengono che “sarebbe stato proprio Marra a istituire la pratica per la richiesta di parere all’Anac” sul contratto del capo di gabinetto. Il sospetto è che sia “stata istituita in modo da far saltare la magistrata”. E sullo sfondo questa ricostruzione, delle stesse fonti: “Di fatto a Raineri non è stata fatta toccare palla. Ai posti di comando c’è sempre stata la coppia Romeo-Marra, i fedelissimi della Raggi”. A luglio la prima avvisaglia furono le dimissioni di Roberta Lombardi, deputata vicinissima a Beppe Grillo, che lasciò il mini-direttorio di Roma per i dissapori con l’entourage del sindaco.